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Un nuovo Liberalismo per una Sinistra della Terza Repubblica

di Giuseppe Mazzella di Rurillo

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Casamicciola, 26 marzo 2017
Mi sforzo di capire il Mondo che mi circonda e del quale faccio parte. Ricorro alle mie letture e cito quelli che Galante Garrone chiamava “i miei Maggiori” cioè i Maestri ai quali si deve ispirare un uomo che studia e agisce perché il suo compito è “seminare dubbi non esprimere certezze” (Bobbio).

Ma quello che a me pare chiaro sento il dovere di scriverlo. E per parlare del presente bisogna fare riferimento al passato che è storicizzato cioè si è verificato. Non so se è successo anche ad altri ma a me è accaduto che alcuni libri, alcune letture, sono rimasti fondamentali come i pilastri di una casa in cemento armato in un’area sismica.

Come quel libro decisivo letto e studiato per i miei due esami di economia politica alla Facoltà di Economia e Commercio di Napoli nel 1969 e nel 1973. Un libro di 835 pagine stampato dal meritorio editore napoletano Giannini nel 1968 e scritto dal mio indimenticabile Maestro prof. Giuseppe Palomba. Aveva un titolo che mi affascinò al primo istante: “L’Espansione capitalistica”.

Mi affascinavano le lezioni del prof. Palomba nell’aula n.1 della Facoltà in Via Partenope proprio al tempo dell’esplosione della contestazione giovanile con continue “occupazioni” della Facoltà e con continue “assemblee studentesche” e le “Commissioni” per la stesura dei “documenti”.

Il libro – dedicato dal prof. Palomba “ai nipotini Maria ed Antonio perché si ricordino di me” –  e che oggi è praticamente introvabile – contiene una prima ed una seconda prefazione. Poiché è un ampliamento di un precedente libro di Palomba del 1952 sui “cicli storici e cicli economici” contiene anche la prefazione di questo testo che è a sua volta – a mio parere – un testo importante di Storia Economica dove l’autore parte dalle Obras completas di Donoso Cortes e dalle Opere scelte di Lenin per arrivare a sette punti fondamentali sull’espansione del capitalismo che fa partire dalla rivolta dei Ciompi,  i lavoratori della lana di Firenze, del XIV secolo chiamandolo “paleo” per poi arrivare al “capitalismo” del XIX secolo ed infine al “neo” del XX secolo.

Alcuni di questi punti mi rimasero impressi e mi portarono al “Riformismo” fondato sul Liberalismo che non poteva compiutamente realizzarsi senza il “Socialismo”.

In merito al “partito cattolico italiano”, cioè la DC, Palomba affermava che “le applicazioni sociali del Cristianesimo non sono espressamente puntualizzate dal Vangelo”. Da qui la considerazione che può certo esistere un partito politico d’“ispirazione” cattolica ma le responsabilità che esso assume sono enormi perché fra le due eventualità quella di innalzare la politica al livello della religione e quello d’abbassare la religione al livello della politica soltanto la seconda è quella che effettivamente viene a realizzarsi. Palomba esprime la sua contrarietà verso “il comunismo ateo o materialista” e dubbi su una “Terza Forza” mentre è netto contro il fascismo e la destra. Dice che “la Storia indiscutibilmente si muove da destra verso sinistra e che quindi qualsiasi movimento di reazione è di natura antistorica”.

Tutto il libro poi è una poderosa analisi dello sviluppo economico partendo da David Ricardo fino a J.M.Keynes passando per Carlo Marx, l’ultimo degli economisti “classici”, dice, ma anche il più “studiato” per la sua analisi dell’“espansione” e sulla concezione del “profitto”.

Questo libro è ancora nella mia modesta biblioteca ed in prima fila poiché l’ho consultato decine di volte. Così come ho consultato decine di volte il saggio su La Libertà di John Stuart Mill con la bella prefazione di Ernesto Galli della Loggia.

Poi ancora un libro stampato nel 1966 da un giovane economista inglese che allora aveva 30 anni, David Caute, su Le Sinistre in Europa, dal 1789 ai nostri giorni. Dal libro di Caute che non ha avuto una seconda edizione sono passati 50 anni. E’ un libro di 252 pagine con 98 illustrazioni ed è stato – per me – un vero e proprio manuale per capire come in Europa si può sviluppare una Democrazia imprescindibile dalla Libertà ma nello stesso tempo di rendere piena la Libertà con il diritto al lavoro.

Caute dice, parlando del caso italiano, che una Sinistra autenticamente “riformista” comincia ad “un certo punto del partito socialista” perché se non pratichi una politica per l’uguaglianza economica perdi la dimensione “dinamica” della Sinistra.

In un articolo di giornale non si possono sintetizzare in maniera corretta tre libri del genere. Ma mi dà la possibilità di rimarcare che non c’è alternativa al Liberalismo a 50 anni dal libro di Caute per ricostruire una Sinistra Moderna dopo il crollo del comunismo e la crisi della “socialdemocrazia”. Ambedue hanno fallito alla prova della Storia. Ma ambedue hanno punti di estrema evidenza sul tentativo di coniugare la Libertà con l’Uguaglianza.

Il mondo di oggi in Italia impone una “nuova Sinistra” che parte dal Liberalismo e si proietta verso il Socialismo senza Marx e senza Lenin ma tenendo conto della “Teoria” di Marx e della “Pratica” di Lenin (la Storia a che serve?) e si riconosca nei valori fondanti della Costituzione del 1948 che fu il vero “Compromesso Storico” tra il Liberalismo ed il Socialismo Scientifico racchiuso in 139 articoli.
Oggi la destra è rappresentata dal cosiddetto “populismo” o dall’“antipolitica” mentre tutto il mondo globalizzato è minacciato dal fondamentalismo islamico che al tempo della Terza Rivoluzione industriale dell’informatica e della telematica vive – di fatto – una terza guerra mondiale. Molto più pericolosa perché non “dichiarata”.

Da qui la mia convinzione che in Italia occorre consolidare la Repubblica, attuare la “Costituzione Programmatica”, correggere i guasti del sistema civile, andare avanti nella costruzione dell’Unione Europea con due velocità, perché 27 Paesi così diversi non possono immediatamente sentirsi uno solo e condivido la proposta dell’ex-presidente francese Valéry Giscard d’Estaing contenuta nell’ ultimo numero de “L’Espresso” per “ricominciare“ da 9 Paesi proprio in occasione dei 60 anni del trattato di Roma. E’ anche in questa lunga intervista il racconto di una Amicizia tra un Liberale ed un Socialdemocratico, francese l’uno e tedesco l’altro, durata vent’anni tra due Nazioni divise per due secoli. Basta questo per riflettere al tempo della società “veloce” di internet dove il tempo dura secondi.

La “nuova Sinistra” si può quindi chiamare semplicemente “progressista” ma deve esserlo nei fatti, soprattutto nel costume di partecipare alla vita politica che oggi ha toccato il fondo della totale sfiducia da parte dei cittadini. La politica non può non ripartire che con i partiti e le alleanze tra partiti diversi poiché i Governi di “Coalizione” sono caratteristiche ineliminabili del “modello italiano” di Democrazia Parlamentare. I Partiti devono essere presenti e radicati sui territori o meglio i comuni. Da “liquidi” nella società virtuale debbono ridiventare “solidi” perché debbono ridiventare luoghi di formazione della nuova classe dirigente. A Roma come nel più piccolo Comune italiano.

Bisogna partire con una nuova legge elettorale proporzionale unica per tutti i livelli di Governo poiché la cosiddetta stabilità deve essere affidata alla responsabilità di ogni singolo politico impegnato nelle Istituzioni; un piano straordinario del Governo per l’ occupazione giovanile di natura pubblica cioè con un massiccio rinnovamento della Pubblica Amministrazione soprattutto nei comuni che ne hanno bisogno per la loro “efficienza”; una nuova legge di aiuto al Mezzogiorno; una ridefinizione dei poteri e delle competenze delle Regioni, delle Province e dei Comuni anche con un processo di accorpamento in “comprensori” degli 8mila Comuni italiani; una Imposta Straordinaria sui Redditi per permettere politiche pubbliche per il lavoro al Governo e se necessario reintrodurre l’imposta sulla prima casa in tempo di sacrifici collettivi per l’occupazione giovanile ma con rigorosi criteri di equità fiscale. Scelte immediate e coraggiose e logicamente discutibili ed aperte al confronto.

Ma bisogna riscoprire – è un “pre-requisito” ma acquista l’altezza dell’Everest o del K2! – l’ eterno valore dell’Onestà nella gestione della Cosa Pubblica.

Sulle “radici forti” della Prima Repubblica bisogna, dopo questo sciagurato ventennio di cosiddetta “seconda Repubblica”, passare alla Terza e recuperare il tempo perduto.

A mio parere questo movimento dei democratici e progressisti Art.1 è per la mia generazione, una generazione di “sognatori”, l’ultimo treno per salvare la Speranza per un Mondo ed una Italia più giusti e più umani.

Ma anche se bisogna guardare lontano non si deve perdere di vista il presente e bisogna guarire dalla “malattia infantile” dell’estremismo che oggi assume la veste del qualunquismo o del populismo.

Dietro la siepe ci deve essere la Luce e non il buio.