Ambiente e Natura

Il Consiglio Comunale del 13 marzo 2017. (2). A proposito del porto di Cala dell’Acqua

a cura della Redazione

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Nel consiglio comunale di lunedì, come ricordavamo nell’articolo di ieri (leggi qui), all’ordine del giorno c’era anche la pianificazione urbanistica del porto di Cala dell’Acqua ai fini dell’approvazione del progetto definitivo che sarà portato in Conferenza dei Servizi il prossimo luglio.
Anche su questo punto c’è stato un articolato intervento del consigliere di minoranza Francesco Ferraiuolo. Ve lo proponiamo nelle more della pubblicazione della delibera consiliare impegnandoci a ritornare sull’argomento laddove dovessero emergere interessanti spunti di discussione dal relativo confronto.


Intervento del Consigliere Comunale Francesco Ferraiuolo nel corso della seduta del Consiglio Comunale del 13 marzo 2017 in riferimento al 4^ punto all’o.d.g.: “Approvazione ai fini della Conferenza dei servizi ex art. 6 DPR 509/1997 del progetto definitivo per la realizzazione e gestione del Porto turistico in Ponza, località “Cala dell’Acqua” (Le Forna) – ex area Samip

Sig. Sindaco, esprimo senza indugio il mio disappunto per il fatto che nella bozza della delibera che questo Consiglio si accinge ad approvare, sia stato inserito un commento secondo il quale le diverse Amministrazioni che si sono succedute negli ultimi quarant’anni hanno solo promesso un impegno per la realizzazione del porto turistico a cala dell’Acqua ma in concreto nulla facendo al riguardo.

Tale commento potrà essere producente per la sua campagna elettorale; certamente, non rende onore alla verità.

Noi tutti sappiamo che la chiusura dell’attività estrattiva della miniera di bentonite avvenne verso la fine degli anni settanta e che la proprietà del compendio minerario passò alla gestione della curatela fallimentare che si protrasse fino al 1993/94.

Va da sé che si è potuto parlare concretamente di fare un porto turistico a Cala dell’Acqua a partire dai suddetti anni dopo che tutto il territorio ex Samip passò nella disponibilità del comune di Ponza, alla qual cosa ho dato, da Sindaco, un contributo determinante e risolutivo.

Ed infatti, va ricordato che la prima progettazione di un porto a cala dell’Acqua, sebbene di massima, risulta inserita nello Studio di fattibilità per lo sviluppo socio economico dell’isola di Ponza, finanziato con fondi FESR e nazionali, approvato dal consiglio comunale verso la fine del 1992, proprio in vista del passaggio della proprietà mineraria al comune di Ponza, che si sarebbe concretizzata di lì a poco; il porto in questione avrebbe dovuto essere finanziato con fondi comunitari, nazionali e regionali ma, come si sa, la mia esperienza amministrativa cessò nel 1993 e con essa anche le iniziative messe in campo sul punto in parola.

Come si vede, nel corso del mio mandato lavorai, contemporaneamente, sia all’acquisizione del compendio ex Samip, propedeutico ad ogni iniziativa di sviluppo, che alla realizzazione del porto di Le Forna.

Tuttavia, un altro progetto portuale su Cala dell’Acqua fu messo in campo dalla successiva Amministrazione Balzano, che rimase bloccato in Regione.

Il punto di svolta per poter costruire i porti turistici con fondi privati si ebbe nel 1997 con la cosiddetta legge Burlando, il DPR 509/97 (diciamolo con forza, per far comprendere che da questo momento possiamo ritenere concreta l’aspettativa del porto, tenuto conto dell’assoluta mancanza di finanziamenti pubblici al riguardo) e, tuttavia, rispetto a tale possibilità offerta dal dettato normativo solo nel 2008 si è manifestato l’interesse da parte di una società, la Marina di Ponza s.r.l., ad ottenere la concessione marittima cinquantennale per la costruzione del porto turistico di cala dell’Acqua (era in carica l’Amministrazione Porzio).

Dalla cronistoria si evince che da quella richiesta di concessione siamo arrivati oggi a discutere in questo consiglio il progetto in parola.

Ciò per dire che la storia dei quarant’anni di inerzia è solo una bufala metropolitana che serve per accalappiare la creduloneria dei gonzi.
E se vogliamo parlare di inerzia perché non considerare anche i due anni e mezzo dall’inizio della sua amministrazione prima che lei decidesse di portare avanti la richiesta di concessione prima menzionata?

Questo voler interpretare il passato con il metro delle proprie convenienze è deplorevole.
Noi abbiamo bisogno della memoria del passato per comprendere la realtà dell’oggi ma i suoi accadimenti li dobbiamo interpretare con il metro di ieri e non con quello dell’oggi, dato che si tratta di contesti diversi, specie se lontani.

Nel mio programma amministrativo, relativo alle elezioni di cinque anni fa, dicevo che il continuo spopolamento in atto si sarebbe potuto frenare attraverso incentivazioni premianti la residenzialità e che l’inversione della tendenza, nel medio – lungo termine, si sarebbe potuta avere anche con la messa in campo di un progetto di sviluppo socio-economico che, tra l’altro, prevedesse l’ampliamento del porto di Ponza e la realizzazione del porto turistico di Le Forna con la conseguente loro gestione.
Dicevo, altresì, che ognuno che avesse chiesto di utilizzare, a norma di legge, un bene di tutti, avrebbe dovuto dare alla comunità un corrispettivo tale che essa ne avesse un ritorno congruo e non simbolico.

Non possiamo disconoscere che la concessione per la costruzione del porto in questione sottrae all’uso ed al godimento dei cittadini locali, e non solo, una zona di alto valore ambientale e paesaggistico, ai quali è sacrosanto dare come compensazione un ritorno in termini di concreta ed esaustiva pubblica utilità.

A mio avviso, il progetto in esame con solo 80 posti da riservare ai piccoli diportisti residenti, non si comprende se a titolo gratuito o meno, nonché con una banchina da riservare all’attracco di un mezzo di linea veloce, non produce un’offerta congrua sia rispetto al sacrificio di una zona così suggestiva, che non ha prezzo, sia rispetto al fatto che non copre tutte le esigenze dei nostri concittadini.

D’altra parte, visto che c’è in ballo la costruzione di un porto sarebbe ora l’occasione di venire incontro alle predette esigenze; sennò quando se ne ripresenterebbe l’occasione?

E allora, credo, che si sarebbe dovuto lavorare su un’ipotesi di ulteriori posti da destinare anche alle barche da noleggio nonché a quelle della piccola pesca locale, lasciando la loro gestione, compreso il cantiere e la stazione carburanti, in capo al Comune di Ponza che, con certezza, è l’unico soggetto che tutelerebbe i propri cittadini ed assicurerebbe loro il lavoro; le promesse fatte potrebbero restare aleatorie, noi dobbiamo assicurarci le certezze e, pertanto, invito l’Amministrazione a tener conto delle considerazioni sopra esposte.

Ed ora passiamo a qualche considerazione di ordine amministrativo.

La deliberazione della Giunta Regionale del Lazio n. 2251 del 3 maggio 1983 relativa all’approvazione del P.R.G. di Ponza, per quanto riguarda il comprensorio n. 13 destinato a zona C4, relativo al sedime ex SAMIP, stabilisce che lo stesso venga escluso e stralciato dall’approvazione del P.R.G. e stabilisce, altresì, testualmente “che l’approvazione delle norme concernenti il comprensorio medesimo viene demandata al successivo atto di questa Giunta regionale che dovrà essere emanato sulla base di un progetto di sistemazione plano-volumetrico di iniziativa comunale o privata, riferito all’intero comprensorio e completato di specifiche norme di attuazione che prevedano le opere di ripristino ambientale e la loro temporalità, nonché ovviamente le singole destinazioni di zona e tutte le prescrizioni necessarie per l’attuazione”.

Quella della pianificazione urbanistica del porto di Cala dell’Acqua e del territorio ex Samip in una visione d’insieme è stato il mio costante leit-motiv non soltanto per l’adempimento del dettato normativo regionale ma anche per logiche ragioni di opportunità e di coordinamento delle destinazioni di zona in funzione l’una delle altre.

Assistiamo, quindi, ad una progettazione portuale, ma della sistemazione dell’ex comprensorio minerario assolutamente niente.

Orbene, alcune volumetrie previste nel progetto in discussione ricadono proprio all’interno del limite del citato comprensorio, che come abbiamo visto è stato “congelato”.

E’ evidente, perciò, che per realizzare quelle volumetrie si deve procedere ad una previsione urbanistica secondo quanto stabilito dalla Giunta regionale con la delibera n. 2251 del 1983.

Si dirà che il predetto ostacolo si potrà superare attraverso l’accordo di programma previsto dall’art. 6 del D.P.R. n. 509/97, che è possibile nel caso che trattasi di progetto difforme rispetto ai vigenti strumenti di pianificazione ed urbanistici.
Ma nel caso di specie, ci troviamo di fronte ad una zona priva di strumento urbanistico e di pianificazione: mi domando, quindi, come sarà possibile fare un accordo di programma per un progetto “difforme” rispetto ad una previsione urbanistica che non c’è perché è tutta da concepire?

Altra perplessità mi sovviene considerando che l’area interessata non è prevista come zona portuale nel nostro P.R.G. né si può dire inclusa nel piano dei porti della Regione Lazio, dato che lo stesso non risulta ancora adottato.

Esistono le linee guida per la redazione del piano dei porti regionale approvate dalla Giunta Polverini nel novembre del 2011 e revisionate nel 2012 ma, come si sa, esse sono solo di indirizzo e propedeutiche per la redazione del suddetto documento, che è l’unico strumento valido e cogente di pianificazione e di programmazione nel settore portuale della Regione Lazio.

Dal momento che tale piano non è operante in quanto non ufficialmente esistente, mi domando come farà la Regione Lazio a rilasciare le autorizzazioni di sua competenza per la costruzione del porto turistico di Cala dell’Acqua (è un po’ come rilasciare un permesso a costruire in una zona dove non è prevista l’edificazione).
Credo che la questione non sia da poco e mi auguro di sbagliarmi; tuttavia, se così fosse i tempi si allungherebbero notevolmente, considerando anche quelli necessari per la Valutazione Ambientale Strategica, sempre che i rilievi amministrativi evidenziati non siano addirittura pregiudizievoli.

Ma nonostante le riserve sopra evidenziate voglio comunque credere che alla fine si troveranno i legittimi accorgimenti amministrativi affinché il progetto portuale venga realizzato, spero anche con l’accoglimento delle proposte da me avanzate.

Con l’ottimismo della volontà darò, quindi, un voto politico favorevole quantomeno all’idea porto anche per avere rispetto di ciò che in termini migliorativi la compagine competitrice dell’attuale maggioranza, a cui io sono legato, esprimerà in riferimento al presente progetto portuale nel corso della imminente campagna elettorale per il rinnovo di questo consiglio comunale.

Da qui ricavo l’opportunità che questo progetto fosse discusso dal prossimo consiglio comunale rinnovato, ma ciò che sarebbe ragionevole e corretto dobbiamo, purtroppo, sacrificarlo alle convenienze elettorali

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