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Paesaggio nella città

di Francesco De Luca
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“Quest’isola bellissima, che è insieme paesaggio nella città e città nel paesaggio”. Questa frase è nel libro di Lemme e Morlacchi – Ponza, l’immagine di un’isola – Gangemi editore – Roma 2005, mi ha colpito e voglio esplicitare la mia meraviglia insieme a voi.

Paesaggio nella città, perché? Perché i centri urbani dell’isola: il Porto, Sant’Antonio, Giancos, Santa Maria, Le Forna presentano agglomerati di case, di solito a fianco delle stradine che si inerpicano sulle piccole alture.
Lo fanno con discrezione, con una sorta di timore, lasciando infatti spazi vuoti al verde che prima troneggiava e poi, nel tempo, ha subìto l’erosione dell’antropizzazione. Ossia la presenza degli uomini che hanno assoggettato il territorio all’esigenze delle case, della strada asfaltata, dei sentieri.
Quegli spazi vuoti, lasciati al verde, sono diventati orti urbani, macchie di colore dove le piante hanno continuato la loro vita, ma diventando in più fattore estetico.

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Nell’insieme dei caseggiati, delle case sparse, delle strade e dei muri di contenimento e di spartizione, gli orti, i giardini, gli spicchi di verde fanno sì che il paesaggio si definisca in una varietà di colori, di strutture, di colpi d’occhio, e il tutto si mostra come paesaggio nella città.

Le foto a corredo rendono evidente ciò che le parole alludono e presentano come immagine mentale.

Epperò… ci si proietti con uno sguardo alato sul Porto, non si può non convenire che il Foro Borbonico, oggi Corso Pisacane, moltiplica il suo volume nello specchio delle acque, si ingravida di colori, di finestre, di porte, e nel cavo d’ u summariello si riflettono i caseggiati della Via Nuova, e l’intero rione di Santantuono assume peso edilizio. Il tutto apparendo come una piccola “città”. Una città all’interno di un paesaggio, tremulo in basso per le onde sulla marina e ingigantito alle spalle dal Monte Guardia che raschia il cielo.

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Ecco… le foto colmano la descrizione e raffigurano quella città nel paesaggio.

Questo è il mio pensiero. Perché l’ho partorito? Perché la nostra isola ci offre materia per rendere evidente la sua bellezza. La nostra isola, nonostante i dissesti di cui è stata vittima, lascia che gli occhi traggano meraviglia dal suo dispiegarsi ai raggi del sole, nella luce del suo mare.

E’ un bene, la nostra isola. Che dobbiamo salvaguardare noi, che ne siamo i figli.

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