Ambiente e Natura

A proposito della comunità ponzese (2). Considerazioni intermedie

di Francesco De Luca

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In attesa che Gennaro Di Fazio esponga le sue considerazioni, poiché la lista di coloro che stanno contribuendo al dibattito si allunga, apportando nuovi argomenti, riprendo la parola. Anzitutto per ringraziare chi si è cimentato nel confronto. Non risponderò in modo dettagliato perché non è il battibecco che si cerca.

Riprendo il filo: la comunità si sostanzia di territorio, cultura, storia. Intendo una comunità etnico-civile. Ce ne sono altre, di diversa natura… Ad esempio a scuola c’è la comunità scolastica che vive, nei suoi componenti, della realtà scolastica; oppure, in chiesa c’è la comunità religiosa che si muove intorno alla fede.
Cosa voglio dire ? Voglio dire che presso gli uomini si costituiscono varie comunità.
Ma quella alla quale mi riferisco è una comunità etnico-civile, che ha vissuto le esperienze dalla sua costituzione ad oggi, che ha prodotto economie, che si alimenta e rinnova abitudini, modi di fare, modi di aggregarsi. Si esprime cioè in un presente, che la ingloba e che essa stessa crea nel suo esistere.

Cosa voglio sottolineare? Che la comunità cui alludo opera nel presente come organismo unitario (all’interno di un territorio e con modalità mutuate dalla sua storia).

Ecco perché i Ponzesi a Formia non mi appaiono una comunità, per ora, e nemmeno i Ponzesi in America. Il sentirsi parte della comunità ponzese non è sufficiente per esserlo. Manca loro il fatto di operare insieme, con un progetto condiviso.

Diversamente: per far parte di una comunità bisogna anche sentirsi tale. Come non avviene per i tanti romani che sono residenti a Ponza, fanno le vacanze, ma non si sentono tali, e nemmeno sono avvertiti come tali.
Perché?
Perché non hanno la sensibilità culturale del Ponzese.

E dunque, per arrivare ad una affermazione certa, voglio ribadire come l’operare insieme sia una condizione necessaria per sentirsi ed essere percepiti come membri di una comunità.
Oggi, questo operare insieme a Ponza è al lumicino. Perché la comunità è abbacinata da prospettive che non nascono dal suo interno (causa questo del suo abbandono).

L’accumulazione economica è un obiettivo importante per ognuno e per tutti, ma se non è inserito all’interno di un progetto comune diventa un: uno contro tutti.
L’estrazione del guadagno dalla propria posizione sociale è un obiettivo che tutti si persegue, ma non a danno del territorio perché altrimenti si fa terra bruciata.
Il poter vivere nella propria isola con soddisfazione è un obiettivo meritorio ma non aumentando le acquisite conquiste. Occorre una distribuzione delle risorse in modo che il frutto possa allargarsi ad una maggiore quantità di soggetti (i giovani).

Il fatto di accentuare il peso della cultura nell’analisi può far storcere il naso ad analisti di estrazione economica, ma la storia del nostro vivere su Ponza porta, a mio vedere, a questa conclusione. Anzi, a ben vedere, porta a questa prospettiva. Il futuro dell’offerta turistica di Ponza deve impregnarsi delle note peculiari della nostra cultura per differenziarsi e qualificarsi nell’universo delle proposte turistiche.
Su cosa dobbiamo confidare per aspettarci il meglio?
È già scritto: territorio, cultura, storia. Questo deve rappresentare l’impegno presente e condiviso. Della comunità ponzese.

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