Ambiente e Natura

Organizzazione dello spazio insulare: processi di territorializzazione, sedimentazione e persistenza dei saperi idrici nell’isola di Ponza dall’età romana a oggi

di Arturo Gallia

 

Presentiamo con piacere il lavoro di Arturo Gallia pubblicato su: Bollettino della Società Geografica Italiana; Roma – Serie XIII, vol. IX (2016), pp. 269-280.
Il testo completo – in
file .pdf – è annesso alla fine del presente scritto (a cura della Redazione) che sintetizza le conoscenze di base, il quadro storico di riferimento, le finalità e le conclusioni del lavoro (tra virgolette le parti estratte integralmente dal testo).

Tunnel-di-Chiaia-di-Luna. Pareti ad opus reticulatum

Tunnel di Chiaia di Luna. Pareti ad opus reticulatum

Sommario – Il rifornimento di acqua nelle piccole isole è stato sempre un problema di primo piano per le popolazioni che vi si sono stabilite in via temporanea o permanente.
Nel corso degli anni, grazie alla circolazione delle genti e delle conoscenze nel Mediterraneo e al cambiamento della domanda, ci sono state la diffusione e la sedimentazione dei saperi riguardo all’acqua, che hanno permesso lo stabilizzarsi delle popolazioni anche nelle piccole isole.
Attraverso una analisi a lungo termine, in questo lavoro si vuole mettere in evidenza la più ampia evoluzione del concetto di territorializzazione che ha interessato l’isola di Ponza in tutta la sua storia, sottolineando come le conoscenze ‘idriche’ di per sé si sono strutturate e sedimentate, a partire dall’età romana fino all’ultima colonizzazione del XVIII sec, e sono persistite fino ad oggi.
Parimenti è evidente come nei territori delle piccole isole, come appunto Ponza, il successo o, al contrario l’insuccesso dei processi di territorializzazione è dipesa dall’abilità delle popolazioni in questione di sfruttare le opportunità dalla persistenza degli antichi saperi sull’acqua coniugate con le nuove conoscenze in evoluzione

[Traduzione dell’abstract inglese]

 

Termini cui si fa riferimento nel testo (sistema TDR):
indicano le fasi del processo di territorializzazione – de-territorializzazione – ri-territorializzazione, si innescano all’interno di una territorialità (intesa come stato compiuto che corrisponde ad un insieme codificato di relazioni, il cui equilibrio è tuttavia continuamente instabile poiché soggetto a variazioni nelle informazioni che possono imporre nuove strutturazioni) generando una crisi. “…La deterritorializzazione è, in senso primo, l’abbandono del territorio, ma può essere anche interpretata come la soppressione dei limiti, delle frontiere… La deterritorializzazione corrisponde a una crisi, vale a dire alla scomparsa dei limiti. Ogni crisi si traduce in una cancellazione dei limiti o dei ritmi, dei cicli, delle fratture, degli intervalli”. La terza fase del processo indica la riterritoralizzazione, ossia lo stato che interviene a “valere per” il territorio perduto.

[Da: C. Raffestin – Territorializzazione, deterritorializzazione, riterritorializzazione e informazione, in A. Turco (ed.), Regione e regionalizzazione, Milano, Angeli, 1984.]

 

“La storia dell’isola di Ponza si fonda sull’alternarsi dei processi di popolamento e di spopolamento che si sono susseguiti nel tempo e che si inseriscono nel più ampio quadro dell’evoluzione demografica che ha caratterizzato tutta la costa tirrenica della penisola italiana e, in particolare, la porzione meridionale del litorale laziale e quella settentrionale del litorale campano”.

Le isole dell’arcipelago ponziano furono abitate già in tempi remoti da popolazioni preistoriche e preromane. Tuttavia, si ritiene che, fino ai Fenici, si trattasse di presenze temporanee e che le isole fossero utilizzate come scali di sosta, per riposare, riparare le imbarcazioni o fare rifornimento di acqua.

La prima colonia permanente nelle isole fu quella fondata dai Volsci nel V sec. a.C., mentre i Romani si insediarono a Ponza e Ventotene solo a partire dal IV sec. a.C. Il grosso delle opere stabili, architettoniche viarie ed idrauliche di cui esistono tuttora tracce evidenti a Ponza, risale al pieno dispiegamento dell’impero romano (dal II sec. in avanti).
Con il declino di Roma, diminuì il controllo delle periferie dell’Impero e, sebbene le isole dell’arcipelago fossero al centro delle principali rotte del Tirreno, gradualmente il presidio di Ponza fu abbandonato e nel V secolo passò sotto l’egida di Bisanzio, che «stimò opportuno presidiarle, per ricovero delle flotte alle frontiere d’Italia».
Nei secoli successivi, le isole furono oggetto delle scorrerie navali dei Saraceni e per questo disabitate quasi completamente fino al XVIII secolo se non per la presenza stagionale di pochi pescatori provenienti dalla terraferma.
Una carta manoscritta del XVI secolo indica la presenza di alcune «cisterne grandissime» di «acqua perfettissima» e di «due pozzi fatti dai turchi dove si fa assai acqua dolce», mentre una relazione di inizio Settecento attesta che l’isola disponeva di acqua dolce così abbondante che si andava «a’ fare da tutti li vascelli, che vi passavano».
Di «Leggiere acque e diuretiche» che sgorgavano dalle sorgenti di Le Forna, scrive il Tricoli nel 1855… fin quando, negli anni Settanta, queste si esaurirono per lo sfruttamento intensivo (e il sovvertimento della faglia acquifera) operato dalla vicina miniera.

Quando a partire del 1734 i sovrani di Napoli promossero il popolamento di Ponza, i nuovi abitanti si insediarono laddove trovarono il miglior riparo, poiché inizialmente mancavano il tempo e la possibilità di costruire strutture abitative adeguate. Alcuni trovarono alloggio in grotte o pagliai di fortuna, altri sfruttarono i locali, seppure diroccati, delle cisterne romane.

“In questo modo, i nuovi abitanti andarono a rioccupare e a riorganizzare lo spazio degli insediamenti d’epoca romana e in particolar modo nelle località oggi denominate Scotti, Dragonara, Guarini e Santa Maria, proprio laddove un
tempo insistevano i sistemi a cascata delle cisterne romane. Da testimonianze coeve, si può comprendere quanto e come i nuovi abitanti avessero percepito e assorbito la persistenza dei saperi idraulici di epoca romana”.

Oltre ai cenni storici il lavoro prende in considerazione soprattutto le opere idrauliche e le conoscenze correlate, insieme ai loro cambiamenti nel tempo.

Cisterna Dragonara.1 copia

La cisterna della Dragonara, di recente restaurata

Conclusione
“Indubbiamente, si può evidenziare quanto siano state importanti le forme di insediamento d’età romana e quanto abbiano influito nell’organizzazione dello spazio insulare allora e in epoche più recenti. La sovrapposizione delle forme
più recenti sulle più remote non è avvenuta solo per la limitatezza dello spazio insulare, ma anche e soprattutto per l’efficacia delle funzioni svolte dalle persistenze idrauliche parzialmente ancora funzionanti nella metà del XVIII secolo. Attraverso il perdurare dei saperi idraulici più antichi e la loro commistione con saperi più recenti e di natura esogena, è possibile affermare che vi è stata, dal Settecento fino ai nostri giorni, la formazione di un complesso sistema di saperi e valori legati all’acqua – ma non solo – che oggi potremmo definire originale e tipico e che alimenta il processo di riterritorializzazione, attualmente in corso”.

Copertina. Ponza. Impianti idraulici romani

File.pdf del lavoro originale: Organizzazione_dello_spazio_insulare…_saperi-idrici…

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