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Amore raccontami

di Silveria Aroma
nonni [1]

Lei aveva un’aria serena dentro al suo abito da sposa,
e un’andatura leggera; sembrava quasi una maestra di ballo
…”
[Da: Rondine, di Teresa De Sio]

 

Era il gennaio del 1944.
Silvia uscì dalla chiesa del Porto finalmente unita in matrimonio col suo maestro, come spesso lo chiamava.
Traversava la piazza poggiata al marito quando un’improvvisa battuta di musica rallegrò l’aria, omaggiando gli sposi.
Forse fu proprio allora che mia nonna si innamorò perdutamente della banda musicale; un amore – anche quello – che l’avrebbe accompagnata per una vita intera.

Il giorno seguente le nozze si svegliò nella casa di Frontone. Si levò un po’ impacciata da quel letto che l’aveva conosciuta sposa novella, e non senza aver lungamente combattuto con se stessa per togliersi il lenzuolo dal volto.
Partì tentennante ma divenne via via, giorno dopo giorno, una vera roccia.

La determinazione non le aveva fatto difetto neanche prima del matrimonio.
Sua madre voleva darla in sposa ad un cugino; cosa che lei rifiutò categoricamente.
Voleva sposare chi diceva lei; un uomo sistimato e che avesse studiato.
Noi desideriamo, e chiediamo se capaci, e l’Universo – o chi per Esso – tesse a nostro favore.
La mia bisnonna, invece, aveva segretamente tramato affinché la sua primogenita sposasse quel benedetto parente, arrivando ad accettare da lui – come pegno d’amore – un bracciale d’oro che custodiva gelosamente nella cassa della biancheria.
Quando Silvia se lo ritrovò per le mani lo tenne sollevato in faccia alla madre dicendole:
Te si’ vulùt’ tene’ ‘u bracciale..? E mo’ spusatìlle tu! ” (*).

Mia nonna incontrò il suo innamorato a Frontone, in un giorno d’estate, mentre faceva il bagno semi-vestita insieme alle compagne.
Le loro vite si incrociarono in via definitiva; soltanto la guerra riuscì a tenerli separati per qualche tempo.
Quella giornata al mare, una delle rare uscite di Silvia, segnò la scomparsa di tutti i pretendenti; il suo paladino era arrivato.
Donna Raffaela restituì bracciali e pendenti ed aiutò la figlia a preparare il coniglio per il pranzo nuziale tenutosi nella casa de I Conti.

Dopo la morte della suocera mia nonna decise che Frontone non era più un posto adatto a loro.
Cercò di convincere il suocero a spostarsi con lei.
I’ nun ce vengh! I’ reste cca!”, le ripeteva caparbiamente.

Un bel giorno Silvia caricò sulla barca le poche cose indispensabili, unitamente alla capra e alla figlioletta di due anni (mia madre).
Non fece in tempo a mettere il primo piede sulla lancia che nonno Antonio Mazzella (suo suocero dagli occhi azzurri, quello che teneva l’uocchie ‘i iatte) era già a bordo, seduto accanto alla bimba.

tempochefu [2]

Si trasferì a Santa Maria, nella casa in cui trascorse tutto il resto della sua intensa vita… fatta eccezione di qualche mese invernale speso con noi sul lago di Garda, ma questa è un’altra storia.

 

(*) – Un grazie speciale va tributato a colui che – invisibile – mi supporta nell’uso del dialetto (NdA).