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Questi giorni… (1)

di Sandro Russo

 

Campagna intorno a Roma. Sulla strada verso casa le foglie ballano impazzite in un vortice, come in una giornata ventosa di novembre.
Come se fosse un bell’inizio di autunno – di quelli di una volta – e non inverno avanzato.

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Come se si potesse danzare leggeri con le foglie alla maniera di Snoopy e stare senza pensieri; senza preoccuparsi del freddo che non arriva o che arriverà in ritardo e farà solo danni; dello scongelamento dei poli e dei mari che si innalzeranno; dell’ennesima petroliera che sta inquinando le coste o dell’avanzamento del “doomsday clock”, l’orologio che segna il tempo che manca alla fine del mondo per una esplosione nucleare.
Il quotidiano terrore propinato dai media.

Ormai a tutti i livelli, il pensiero della natura comincia ad essere doloroso. Gli stessi saggi non sanno più dove sta il giusto: se passare sotto silenzio queste notizie o farsene travolgere. Non che la deriva del mondo ne sia minimamente influenzata!
Tra l’altro… Dove sono più i saggi?

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Una volta stavano in campagna. Si ritiravano lì a coltivare l’orto, veder crescere le piante e passare le stagioni; d’inverno stavano davanti al camino, a pensare al tempo e alla vita.

Altri saggi si ritiravano in una casetta vicino al mare; avevano – quasi inclusa nel kit da ‘saggio marinaro’, insieme al copricapo di lana – una barchetta per andare a pescare. Fiutavano il vento e davano consigli ai giovani sul tempo del giorno dopo.

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I vecchi delle montagne erano una varietà ancora diversa; avevano quasi sempre la barba bianca e la pipa: gran raccontatori di storie e infaticabili camminatori, in spregio dell’età.

Era del saggio la decisione di tirarsi fuori dai giochi dopo aver fatto la propria parte, e buttare un occhio sul mondo non troppo spesso, da lontano.

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Poi, in un tempo relativamente breve, la distanza è stata sempre più difficile da mantenere.
‘L’altro mondo’ ha cominciato a invadere le campagne e le spiagge, finché non è stato più possibile far finta di niente. Pochi pesci in un mare inquinato intorno alle coste – peraltro interdette da miriadi di divieti – e buste di plastica in superficie, le montagne senza la neve; in campagna l’invasione è stata lenta e capillare. Gli spari dei cacciatori ci sono sempre stati, ma ora arrivano con i fuoristrada fin dentro i campi; attraversano le siepi per provare la potenza del loro mezzo…
Gli uccelli si zittiscono al primo sparo, e senza di loro non è più la stessa cosa.

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Quando è stato che le stagioni hanno cominciato a slittare l’una sull’altra?
Non troppo lontano da non poterlo ricordare. Quando eravamo ragazzini l’estate era ancora estate e l’inverno c’era la neve. C’erano ancora l’autunno e la primavera…

Questi giorni… (1) – Continua]