- Ponza Racconta - https://www.ponzaracconta.it -

Frittelle

di Silveria Aroma

 

Sin dalla più tenera età, ricordo di aver ascoltato con grande trasporto i vecchi (sì, vecchi! anziano è un termine che mi dà la sgradevole sensazione di un educato distacco).

Ora è tempo di cominciare un racconto; una storia che non appartiene ai libri e non profuma di carta, ma vive – mimica e voci – nei ricordi.

panorama-di-frontone [1]

“Silvia, corri!”.
La donna lasciò le faccende in cui era immersa e si diresse verso la spiaggia.
Trovò i due uomini intenti ad esaminare una latta.

“Olio”, proclamò uno di loro. “Aiutaci. Bisogna portalo su, a casa”, aggiunse.

Spostò i capelli che il vento le spingeva sul viso, quasi volesse vederci più chiaro in tutta quella faccenda. La fortuna di aver trovato in spiaggia – e proprio sotto casa – un intero fusto d’olio per cucinare, proprio non la convinceva. Attiva e pragmatica, era ben poco confidente con la Dea ornata di benda.

Raggiunto il focolare, gli uomini violarono il metallo con grande eccitazione. Era colmo d’oro, si! Insomma, di un vischioso liquido idoneo all’alimentazione, secondo loro. Trasparente e inodoro; un tesoro visti i tempi e la fame.

Lei seguiva l’agitazione liquida sempre meno convinta.

Intervenne la futura suocera, mettendo fine al gioire e al dubitare; con autorità propose di mettere l’olio sul fuoco e cuocere gustose frittelle di fiori di zucchina.

Silvia versò il contenuto della latta e lo mise sul fuoco. Si chinò verso il tegame e sentenziò piano: “Blu”. La bizzarra iridescenza la colpiva negativamente.

La pastella si tuffò nell’olio bollente e l’odore di buono conquistò la casa.
Le frittelle fecero la giravolta e il profumo raggiunse la spiaggia.
Il fuoco trovò pace e l’aria intorno si era fatta gola.
Il fidanzato e i futuri suoceri godettero appieno di quella deliziosa ricchezza.

gemma-di-fico [2]

La donna più vecchia, spesso desiderosa di dolce, trovava consolazione in un fico secco o in pochi acini di uvetta, riposti in un cassetto che apriva nelle sere d’inverno.
La più giovane non si fece tentare dal piacere del palato e non assaggiò affatto la prelibata frittura.

Venne la notte. Le fiammelle furono spente e, sazi o no, andarono tutti a dormire.

D’improvviso il silenzio fu rotto da un primo grido sofferente: “San Silverio mio!”.

I tre buongustai erano in preda a tremende fitte e avevano iniziato una dolorosa litania seguendo il ritmo degli spasmi.
Che fare? Occorreva l’intervento del dottore.

Silvia accese un lume a petrolio e si lanciò di gran carriera verso la barca. Scendeva rapida verso la spiaggia quando perse di mano la lampada che si frantumò, lasciandola sola e al buio.

Non si perse d’animo e continuò. Giovane e spaventata prese a vogare con forza, avviandosi verso la casa del sanitario.

“Dottò, dottò…”. Raccontò al medico l’intero accaduto. Questi si rammaricò di non potersi recare a Frontone quella stessa notte. Si raccomandò che montasse a neve ben ferma tutte le chiare d’uovo di cui disponeva; avrebbe dovuto imboccare con cura, cucchiaio dopo cucchiaio, il composto ai tre sventurati. Lui li avrebbe visitati a giorno fatto.

La donna riprese a vogare verso casa, convinta più che mai che quello fosse sì olio ma per motori. Ormeggiò la barca e si avviò verso la casa. Tutto era tenebra e silenzio. Il suo passo diveniva sempre più lento, paralizzato all’idea di non trovarli in vita.

Un lamento spazzò via l’orrido presagio. Affrettò l’andatura e, giunta fra le pareti domestiche, mise in atto con scrupolosa dedizione le istruzioni ricevute.

 

Come andò a finire?

La nottata passò e tutti riacquistarono salute e buon umore… fosse andata diversamente non sarei giunta, molti anni dopo, a raccontare questa ed altre storie.