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Viaggi. (8). Aiuto… Mi sono perso in Cina! (parte terza)di Sandro Russo . Come andò a finire l’avventura del treno? Decidemmo – pur senza la minima idea di dove fossimo – di scendere dal treno alla prima fermata contro il parere dei nostri ‘ospiti’ che incongruamente cercavano di trattenerci. Scena. Esterno stazione ferroviaria ignota della Cina profonda alle prime ore del mattino. Addetti alla pulizia che ripuliscono la sala d’aspetto con gli idranti. Nessuna scritta comprensibile a portata d’occhio; tutto solo in caratteri cinesi. Dopo qualche ora il posto comincia ad animarsi e puntiamo alla ricerca di un taxi, nell’idea di coprire in macchina il tratto che improvvidamente avevamo percorso in treno dalla nostra destinazione originaria di Guilin. Non che ci fosse molto da scegliere: un paio macchine scalcagnate quasi tenute insieme con pezzi di fil di ferro. Uno dei due – chiamiamoli “tassisti” – almeno ci ascolta; sembra comprendere il nome di Guilin e ci fa salire. Ma da indubitabili segni di incertezza dell’autista ad ogni bivio da prendere, dopo una mezz’ora cominciamo a sospettare che egli non abbia idea di dove stia andando. Ricordiamo da precedenti esperienze in Oriente che davanti a una richiesta che viene da un “bianco”, il locale spesso cerchi di assecondarlo, pur senza sapere esattamente cosa fare… Cominciamo a pensare che questo sia il caso nostro… Al primo centro abitato alziamo la voce; poi cerchiamo di scuotere l’autista per le spalle. Lui continua un suo soliloquio incomprensibile… Gira e rigira per i vicoli della cittadina. Lo lasciamo fare perché sembra cerchi qualcosa. Si ferma infine nel cortile di una palazzetto, ci lascia in macchina e scende. L’angelo salvatore, sulla nostra carta dispiegata sul cofano del taxi ci spiega la situazione: ci conviene ritornare alla stazione da cui ci siamo mossi – scopriamo che si chiama Leng Sui-tan (nome mai più dimenticato!); che con quella macchina e quel guidatore non saremmo arrivati da nessuna parte (…avremo fatto un ventina di chilometri dei cento e più che ci separano da Guilin!). Ricevuto! Ma sorge un problema col tassista che con l’interprete a disposizione spara una cifra esorbitante per riportarci indietro. Qui si sperimenta un altro luogo comune che fa parte del bagaglio di ogni viaggiatore. Quando al colmo dell’esasperazione lo prendo per la camicia e lo spingo contro la portiera urlando (in italiano, ovviamente) che il minimo che può fare è tirarci fuori da una situazione in cui lui stesso ci ha cacciati.
Dopo una lunga attesa, finalmente arriva il nostro treno dopo ore di attesa, ma… Detto così forse non rende la realtà dell’esperienza… Dunque, eravamo in posizione privilegiata, sul marciapiede del binario con treno in arrivo, quando aprono la grata metallica che teneva a bada gli altri viaggiatori… Una volta a bordo, il caos… Persone valige tutti ammassati in un groviglio inestricabile; i bambini tenuti in alto per impedire che fossero schiacciati… Arriviamo a Guilin che è notte. Ma è una grande città: la stazione è dotata di taxi e conoscevamo il nome del nostro albergo. Alla reception siamo attesi: un addetto (dei tanti presenti) chiama immediatamente la nostra guida per la città, che si precipita per darci il benvenuto, ma si capisce che tutti hanno avuto una bella strigliata “dall’alto..! Il resto del viaggio – al confronto – non ha suscitato altre grandi emozioni… Si sono visitati altri insediamenti di “minoranze etniche”; con più o meno ampie deviazioni lungo la linea ferroviaria per Shangai, l’unica grande città della Cina visitata. Immagine di copertina. Pesca notturna col cormorano a Guilin, sul fiume Li (Li-jiang) . Aiuto… Mi sono perso in Cina! (parte terza) – Continua –
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Dopo avere letto con curiosità ed apprensione l’avventurosa e rocambolesca terza parte del viaggio di Sandro in Cina (meno male che so per certo che è ritornato), mi è tornato alla mente quanto raccontato da Tiziano Terzani in un suo libro dal titolo “Un indovino mi disse”.
Tiziano Terzani (1938-2004) è stato per oltre trenta anni corrispondente del settimanale tedesco “Der Spiegel” dall’Asia e collaboratore di “Repubblica” e del “Corriere della sera”, sempre dall’estremo oriente. Ha vissuto molti anni, con la famiglia, in Cina “vivendo da cinese” in tutti i sensi (i figli, ad esempio, andavano alla scuola del popolo cinese e non a quelle degli stranieri).
Nel 1976 un vecchio indovino cinese gli disse : “attento!! Nel 1993 corri un grande rischio di morire. In quell’anno non volare, non volare mai!!). Dopo tanti anni Tiziano non dimentica la profezia, ma anzi la trasforma in un’occasione per guardare al mondo con occhi nuovi: decide infatti di non prendere aerei per un anno, senza tuttavia rinunciare al suo mestiere di corrispondente. Il 1993 diviene così un anno molto particolare di una vita già straordinaria, spostandosi in treno, nave, auto e talvolta anche a piedi. Terzani si trova così ad osservare paesi e persone della sua amata Asia da una prospettiva nuova e inaspettata. Il risultato di quell’esperienza è un libro fuori dall’ordinario, che è insieme romanzo di avventura, autobiografia, narrazione di viaggio e grande reportage.
(dalla quarta di copertina; ed.TEA 2007)