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A proposito di ‘brand’

di Silveria Aroma

 

 

Piove, novembre riesce ad essere noioso a tratti.
La bestiolina che mi anima è costretta in casa, così mi tocca far vivere l’altra me, quella più… insomma, l’altra!
E allora ho deciso di riprendere il discorso su: mia nonna e Mussolini.

Per quanto se ne sia parlato e riparlato, mi piacerebbe riportare qui, di seguito – non mediato – il suo racconto come l’ho ascoltato molte volte sin da bambina, esattamente come resta a me e alla mia memoria; un’istantanea in un album di ricordi purtroppo la didascalia porta le mie parole non le sue proprie e manca della di lei mimica.

spiaggia-di-frontone-con-le-alghe

Se in questi giorni vi recaste a passeggiare sulla spiaggia di Frontone, come è capitato a me, vi ritrovereste a calpestare uno spesso tappeto di alghe.
Ed è da questo elemento che voglio partire. Perché lei, mia nonna, si trovava sulla spiaggia intenta a raccogliere le alghe per i maiali.

Tutto quello che il mare portava a riva suppliva ad una qualche necessità. Ivi compresa una latta di olio per motore in cui vennero cotte delle splendide frittelle… ma questa è un’altra storia.

Era giovanissima, energica; viveva con i suoceri e non conosceva (né riconosceva lecita, mai fatto!) la pigrizia. Faceva di tutto, compreso il caricarsi sulle spalle una bilancia pensante insieme al pescato (da lei) e andare a vendere i pesci a piedi, camminando fino a Le Forna… ma anche questa è un’altra storia, di un altro tempo.

Era magra, con i capelli scuri ondulati e la pelle diafana. Pestifera e vivace. Non temeva, a differenza dei più, neanche il fattucchiaro della zona che aveva provato a farle paura paventando oscure minacce di fattura senza IVA.

A detta dei padri e dei nonni dei miei compagni e amici d’infanzia era, in quegli anni, la più bella di Frontone e, per qualcuno, addirittura, la più bella di Ponza. Sicuramente godeva del fascino di una energica, severa inaccessibilità.

Sulla spiaggia incontrò quell’uomo che ricordava in pantaloncini bianchi – tipo boxer – diceva francesizzando il suono.

In quel momento Silvia sapeva chi fosse? – mi chiedo.

La loro casa frontonese era isolata rispetto alle altre, e la sera per ricamare usava un lume a petrolio…

rada-di-frontone-e-porto-dallentroterra [1]

L’uomo le chiese cosa stesse facendo e lei spiegò a cosa servissero le alghe. Probabilmente indicando dove fossero gli animali e, di concerto, la casa. Di là forse partì lo spunto per la domanda successiva, quella legata all’acqua… Gli animali hanno bisogno di un giaciglio ma anche di cibo e acqua, del resto.

Arrivò appena ad accennare qualcosa sull’acqua piovana… e mi piacerebbe avere la capacità di rivedere questo breve dialogo -non con i dettami della fiction o del gossip – ma con le effettive inflessioni dialettali e la prossemica reale di entrambi. Così, solo per poter visualizzare un contrasto d’immagine a mio avviso molto forte.

Un militare, chiamandola “signorina”, le intimò di allontanarsi.

Fine della storia. Il resto, e son fanfare!

 

Tornando a quella donna della quale porto il nome e che stimo – senza ma e senza se -, stamani ho riletto l’articolo a lei dedicato da Ponzaracconta… lo avevo già letto a marzo, ma senza riuscire a soffermarmi. Il pezzo mi piace molto, in particolare ho apprezzato il ritmo della narrazione.

C’è solo una cosa che non funziona; la mia bisnonna non si chiamava Giuseppina bensì Raffaela.

yacht-al-largo [2]

Sperando di non aver occupato troppo spazio e che la pioggia si plachi un po’ così da permettermi di riprendere a fare la vagabonda…

 

Nota della redazione
Il riferimento dello scritto è alla traduzione di Silverio Lamonica: Mussolini a Ponza [3].
Di Silvia Feola e della Pensione Silvia ha scritto Martina Carannante nel marzo 2016: La signora Silvia non c’è più [4]