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Nella storia delle isole ponziane il 1200: saeculum mirabile

di Francesco De Luca

 

Prive di una popolazione stabilmente residente per secoli, le isole ponziane ritornarono a brillare per cultura e per vita sociale nel secolo 1200.

Chiarisco. Le isole erano state abbandonate dalla popolazione residente nell’813. Data ferale. Uccisi e dispersi i monaci che dimoravano nell’abbazia Santa Maria in Ponza. Distrutte le costruzioni significative presenti sull’isola.
Quali? Il Convento (a Santa Maria), la Torre del Porto (presumibilmente una ubicata nei pressi della chiesa).
La popolazione gravitante intorno al convento benedettino, e in qualche modo dipendente da esso, fu deportata in schiavitù. Gli stessi monaci subirono l’ingiuria della deportazione. Gli altri si ritrovarono in terraferma ed implorarono dal Papa un luogo ove poter ricostruire la comunità monastica. Lo trovarono presso Subiaco, nello Stato pontificio.
Edificarono qui un monastero abbadiale, poi di seguito si costituì un Municipio col nome di Ponza (oggi chiamato Piani di Arcinazzo )

Il nome del monastero di Ponza si propagò per l’intera penisola. Testimonianze si hanno nel culto di san Silverio nel Torinese, nella Romagna, nel Napoletano. Altre affiorano nei centri abitati con nomi di Ponzo, Ponzio, Ponziano.

Una perdita, oggi irrimediabile, si ebbe con la diaspora dei monaci di Ponza. Si perse l’identificazione della tomba di papa Silverio. Venerato in modo esemplare (come attestano fonti storiche) dalla comunità monastica benedettina, dopo la ferale data, l’ubicazione delle sue spoglie divenne un rompicapo anche per la Santa Sede in Roma che ne rimase priva. Contrariamente alla prassi che vuole il corpo dei Papi in Vaticano.

Per quattro secoli le nostre isole diventarono residenze di cani affricani che rattristavano i vicini (Tricoli – pag. 189).

Col secolo 1200 le isole rinacquero. L’inizio venne con la bolla del 27 aprile 1202 (la data è contestata), emanata da papa Innocenzo III, con la quale autorizzava il sacerdote gaetano Pietro Spinelli a riaprire l’abbazia di Ponza. Dove si insediò una comunità monastica di marca cistercense.

Innocenzo III ovvero Lotario dei Conti di Segni. Egli aveva avuto contezza della esistenza dell’isola avendo conosciuto fin da studente un monaco, Raynerius de Pontio (1130-1182) – Raniero da Ponza –, al quale lo legavano stima e affetto. Gli diede l’incarico di legato pontificio e con tale carica inviato in Europa a dirimere questioni politiche e dottrinali.

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Raniero prendeva nome dall’isola di provenienza, e lì chiese di ritornare quando sentì venirgli meno le forze fisiche.

La comunità monastica insediata seguiva la regola cistercense. Non più benedettina. Cosa era accaduto?
Era accaduto che, all’interno dell’Ordine benedettino s’era creata una spaccatura. Da Citeaux in Francia s’era diffusa la determinazione che l’Ordine benedettino fosse più aderente agli uffici materiali che a quelli religiosi. Occorreva ritornare allo spirito originario della Regola di san Benedetto. Il movimento cistercense (così si chiamò) deviò dalla strada benedettina e teorizzò un modo di vivere monastico meno preoccupato dei beni terreni. Beni che le abbazie possedevano in quantità cospicua.

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Sigillo di Raniero

Il movimento cistercense si diffuse in Europa con rapidità anche perché trovò accoglienza calorosa presso i Papi giacché si dichiarava più legato ai dettami di Roma che a quelli nazionali.

Il monastero di Santa Maria in Ponza, in quanto asservito alla disciplina cistercense godette di favori considerevoli. Ne cito uno davvero singolare: “Una curiosa concessione fece il medesimo Innocenzo IV a questa comunità di Santa Maria con lettera in data 24 aprile 1252. Concede cioè all’abbate la facoltà di assolvere, per sé e per gli altri, quelli che, scomunicati o interdetti, volessero entrare nel suo monastero per servire Dio, purché prima abbiano soddisfatto ai creditori o a coloro ai quali avessero recato ingiuria o danno. Si eccettuano ancora quelli che, per i loro gravi ed enormi eccessi dovessero essere rimessi alla Santa Sede (pag. 116 – Apollonj Ghetti).

Inoltre ottenne l’enfiteusi sulle isole (Gavi e Palmarola), ossia il godimento di quanto poteva trarsi da quelle terre (caccia, pesca, frutti della terra, legname e altro).

Nel prosieguo degli anni tale abbazia estese la propria autorità sui monasteri di S. Angelo in Gaeta, e di S. Anastasia fuori le porte di Roma.

Non a caso avvenne anche che due monaci ed abbati del Cenobio di Santa Maria di Ponza, dell’ordine cistercense (pag. 194 – Tricoli) vennero eletti a vescovi. E cioè: Antonio ebbe la responsabilità della Diocesi di Sessa e Giacobbe Sciacquera fu prescelto per la Diocesi di Potenza.

Vita a sé stante nel contempo conduceva il monastero di Zannone.

Già dal 976 l’isola di Zannone era stata ceduta da Giovanni, abate di S. Angelo e S. Magno di Sperlonga, al monaco Giorgio.

L’isola probabilmente divenne residenza di monaci solitari. Non si ha notizia di vita organizzata secondo regole comuni fino a quando nel 1218 Gregorio, abate del monastero di san Michele Arcangelo, concedette in uso l’isola di Zannone e il monastero ivi esistente a Fra’ Pietro de Sennona e a un certo numero di frati residenti nell’isola (donde probabilmente la qualificazione attribuita a Fra’ Pietro) (pag. 102 – Apollonj Ghetti).

La permanenza dei monaci nel monastero di Zannone terminò nel 1295. A causa delle scorrerie dei corsari musulmani i monaci abbandonarono l’isola e, una volta in continente, si fermarono nella valle di Arzano, in quel di Gaeta, e vi fondarono un convento.

La storia degli insediamenti monastici e della popolazione si interruppe nelle isole ponziane nel 1495 con l’abbandono da parte dei monaci di Santa Maria mentre era abbate fra’ Giovanni Corriger.
Anch’essi fondarono un altro monastero fuori il ponte di Mola di Gaeta dedicato alla Santa Vergine. Nella chiesa depositarono il quadro della Madonna portato da Ponza. Resti di tale insediamento sono presenti a Formia in via Madonna di Ponza.