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2 Ottobre, festa dei nonni

di Silverio Lamonica

 

Da qualche anno, dopo la festa della mamma e quella del papà… è stata istituita anche la festa dei nonni.

Ritengo opportuno celebrare tale ricorrenza con una poesia che mio fratello Tommaso dedicò al nostro nonno materno Camillo Conte (1858 – 1944).
La propongo perché essa rispecchia pienamente la famiglia ponzese di un secolo fa. Allora erano “di moda” le famiglie numerose, con molti bambini e a vocazione patriarcale: l’unione tra i vari gruppi familiari era “cementata” dalla presenza dei nonni, saldo punto di riferimento dei figli e dei numerosissimi nipoti (i frate-cugine) . Nella poesia che segue, Tommaso descrive appunto l’atmosfera festosa e idilliaca che si respirava nelle famiglie ponzesi di un tempo, attorno alla “tavola avita / su cui antico lume a petrolio diffondeva / fioca luce e tante ombre …” (la luce elettrica era stata introdotta da poco a Ponza e solo alcune famiglie del porto ne usufruivano) mentre il nonno pescatore raccontava “avventure rischiose sul mare col suo gozzo” e infine distribuiva “le belle cose” ai nipotini i cui “occhi si facevano lustri e cupidi”.
Silverio Lamonica

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Nonno Camillo

 

Aveva odore di pesce addosso nonno Camillo

quando a sera tornava a casa dalla pesca.

Si sedeva all’angolo solito della tavola avita,

su cui antico lume a petrolio diffondeva

fioca luce e tante ombre nell’ampia cucina.

Volgeva le robuste spalle al caldo focolare

e i nipotini tutti attorno a lui, allegri e fieri

a carezzargli la barba e i capelli ispidi,

ad abbracciarlo, a sedersi sulle sue ginocchia.

Lo guardavamo con amore negli occhi neri,

ridenti tra palpebre rosse per i venti e il salso,

sotto sopraccigli folti come cespugli di alghe.

Quante avventure rischiose sul mare col suo gozzo

sapeva raccontare incantando nonno Camillo!

Ma essi attendevano trepidi e festanti

che le sue mani dure di calli a remare

e a tirare nasse e reti, mani che un bicchiere

riuscivano a frantumare, se troppo lo stringevano,

prima cacciassero da tutte le tasche

le “belle cose” che li riempivano di gioia.

E la tavola si copriva di conchiglie, di noci,

di castagne arrosto, di fichi secchi, di mele,

di caramelle, di soldini tintinnanti …

Ce n’era per tutti i nipotini (ed erano tanti!)

e i loro occhi si facevano lustri e cupidi:

“Nonno Camillo è un mago” si dicevano.

(1° Finalista al Concorso Nazionale di Poesia –
Gallipoli 1983 sul tema “L’Uomo e il Mare”
)
Tommaso Lamonica (1918- 1987) da “L’Isola di Palma che s’inciela”; Tipolito Epomeo, Forio 1989

 

Di Silverio Lamonica, in condivisione con www.buongiornolatina.it [1]