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Fra narrativa e cronaca. Blocco stradale a Campo Inglese

di Francesco De Luca

la miniera [1]

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L’autunno era evidente nelle attività umane. Gli uomini tendevano a riporre, sistemare, conservare. Tutto intorno diceva che l’estate era finita, e, nonostante il caldo, il sereno, la dolcezza della natura, i Fornesi come formichine raccoglievano uva per farne vino e spumante. Dalle aie si spandeva l’odore del vino in bollimento, e i fichi d’india venivano strizzati per trarne succo per le mostarde.

Ribollivano anche le speranze. La miniera operava con grosse difficoltà sia finanziarie sia estrattive. Nonostante l’appoggio del sindaco Sandolo essa era vista dai Fornesi come l’ostacolo più grosso affinché i turisti si fermassero anche in quella parte dell’ isola. Come avveniva in modo redditizio e compiaciuto al Porto.
Angelino, ristoratore di Calacaparra fremeva, Arcangelo sulla Chiesa pure, la signora Ortenzia, mordeva il freno perché il suo sogno di divenire imprenditrice turistica segnava il passo.
Il ritorno delle cianciole al termine della stagione di pesca immise linfa nuova nella speranza. I giovani marinai scalpitavano contro l’immobilismo che ingabbiava Ponza e ancor più Le Forna.

peschereccio [2]

Furono riposti i barili, sistemati gli attrezzi da pesca nei magazzini, e si cominciarono a condire gli incontri nei bar con le opinioni pro e contro l’Amministrazione Sandolo.
Guido, il vicesindaco, fornese, cercava di parare i colpi ma troppo grande era il fronte dell’opposizione.
Lo andavano irrobustendo di argomenti e di vivacità i giovani studenti che davano corpo al giornalino ciclostilato Punto Rosso, l’organo ufficiale della contestazione.
L’inverno prossimo sarebbe stato caldo di indignazione e iniziative.

Un assaggio si ebbe con la chiusura forzata della strada per Le Forna.
No… non è possibile! Si arrivò anche a questo? Sì.

Verso le dieci-undici del mattino circolò per Le Forna la voce che si era formato un blocco di macchine sul Campo Inglese. A chi avrebbe dato fastidio? A pochi in verità perché la contrada di Le Forna era priva di presenze istituzionali. Eccetto le Scuole e la Miniera.

Gli operai della miniera non l’avrebbero nemmeno avvertita. A fine turno, col blocco, presso i compagni fornesi avrebbero trovato modo per sedare la fame e ristorarsi. Anzi, quale occasione migliore per chiacchierare e scambiarsi opinioni sul futuro del loro lavoro che, stando alle dicerie, era prossimo a fermarsi.
Gli insegnanti? Loro non sbiancarono alla notizia. Con uno sguardo allusivo convennero sul modo di trascorrere il pomeriggio. Bastò uno sguardo e una mezza parola.
E’ la fortuna di operare in una piccola realtà. L’atmosfera che tende a predominare è quella familiare. Coi lati positivi e quelli negativi. Tutti e due bilanciati alla stessa maniera. Accordo immediato o dissapore eterno.
Il professore delle Medie, Aprea, a Calacaparra si impose come padrone di casa, e ogni disagio sarebbe stato superato.
I maestri delle Elementari si contavano sulla dita di una mano. Il maestro Franco e il maestro Silverio telefonarono alle rispettive consorti che si sarebbero ritirati nel pomeriggio, per cui avrebbero saltato il pranzo. Quello di casa… perché gli alunni e i loro genitori sarebbero stati onorati di ospitarli.
I Fornesi manifestano una accoglienza autentica e generosa. I ragazzi sentono il bisogno di esternare il loro mondo affettivo in modo non selettivo. Si affezionano ai loro insegnanti. Quasi a ringraziarli che aprono loro la mente sul vasto mondo della conoscenza e delle relazioni umane.

A mezzogiorno la campana della chiesa dell’ Assunta suonò.

Ponza, Le Forna contrada la Chiesa [3]

Ma intanto… cosa succedeva sul Campo Inglese? Una decina di giovani presidiavano con alcune automobili messe lì a bloccare il traffico.
E infatti i pullman, provenienti da Santantuono, erano fermi, e dietro altri veicoli. Menechino, il fruttivendolo, era l’unico che alluccava.
Alcuni furgoncini vi erano stati convogliati apposta per creare confusione. Non tanta ma bastante per far intervenire i Carabinieri. I quali chiedevano ai presenti chi fossero i proprietari delle automobili. Tutti facevano spallucce ma la richiesta, come era prevedibile, era insistente. Non minacciosa anche perché erano venute sul posto un gruppo di donne che lamentavano come Le Forna fosse tanto poco considerata dalle Autorità che la Società Mineraria faceva il suo comodo nell’estrarre caolino, dissestando il territorio e mettendo in pericolo le case della zona.
Contro quello scempio era diretta la protesta. Agitata e rumoreggiante.
A niente servirono gli appelli dei Carabinieri che sotto tono indicarono nell’ Amministrazione comunale il vero colpevole dello stato.
Ma dell’ Amministrazione nemmeno un rappresentante. Le donne gridavano, i giovani fornesi complottavano fra di loro, dagli usci delle case le persone assistevano alla scena.
Altri spettatori alla rinfusa vennero dal Porto. I soliti perditempo, smaniosi di trascorrere una giornata fuori dal consueto, ma pure Ernesto c’era e il codazzo di accoliti che ascoltavano le proteste dei Fornesi e ne amplificavano le connessioni.
Da Sopra il Campo fino a Calacaparra i motorini coi giovani facevano rumore e agitazione. Sulla Chiesa nel bar di muscone si discuteva animatamente, lo stesso avveniva al tabacchi di Iodice sulla Piana, da Angelino a Punta Incenso. Giù al Porto la cosa era dibattuta, specie in prossimità del capolinea autobus. Altrove no.

La discrepanza fra il Porto e Le Forna era viva, e le comunità dei due rioni si sopportavano malvolentieri pur se col sorriso sulle labbra. La rivalità mista a indifferenza nelle due comunità aveva fatto da supporto al potere amministrativo, che nella divisione aveva prosperato, lasciando alla deriva gli interessi dei due gruppi. Solo che, quello del Porto godeva di una solidità economica desiderosa di provarsi a inventarsi imprenditorìa, mentre i Fornesi, privi di strutture civili, cercavano di migliorare nell’attività loro più confacente: la pesca. E mordevano il freno perché il turismo prosperoso al Porto lo vedevano da lontano.

Gli Amministratori tardi capirono che la protesta prendeva una piega seria.
L’avevano giudicata come una manifestazione di giovani, di ‘ragazzi’, senza radici nel corpo dei fornesi e destinata a disperdersi con i morsi della fame. Ma le campane delle chiese avevano suonato da tempo il mezzogiorno e sul Campo il gruppo delle donne s’era infoltito perché le mamme avevano portato da mangiare ai figli in presidio.
Le minacce dei Carabinieri di individuare per altre vie i proprietari delle auto cadevano nel vuoto, nonostante l’avallo anche delle Guardie di Finanza. Gli aviatori della vicina stazione aerea guardavano da lontano, come se le cose di terra fossero loro distanti.

Dal Municipio arrivò Guido, Moisé, Gioacchino, Angelino. Erano portatori di quella che sarebbe stata la posizione del Comune: l’attività estrattiva della miniera sarebbe stata concordata con l’ Amministrazione. Meno scavi, più lavorazione del materiale grezzo e inizio di un progetto che eliminasse l’insopportabile conflitto fra miniera e turismo.

Un accordo blando e poco convincente, che però dette alle due parti l’impressione di aver vinto. L’ Amministrazione Sandolo lo avrebbe potuto sconfessare presto senza nessuna conseguenza negativa. In Consiglio la maggioranza era prona ai comandi del capo.

Sindaco-Sandolo_-Vert [4]
I rivoltosi erano riusciti a compattarsi contro l’avversario. I Fornesi di Calacaparra con quelli della Chiesa, con quelli di Forna Grande. Un successo. Non solo. I pescatori di alici s’erano affiancati a quelli del pesce spada, con gli operai della miniera. Una solida prova per la battaglia elettorale della prossima primavera del 1975.
Alle quattro del pomeriggio i due insegnanti delle elementari, Franco e Silverio, ripresero la via di casa.

Nei bar a Le Forna non si parlava d’altro, ma anche le strade dicevano del fatto, e finanche le parracine riportavano bestemmie e minacce ascoltate.
La sera calò come di solito fa a ottobre in quest’isola. Senza fretta. E, in contrasto con l’animazione del mattino, fu anche serena.

Pà …pà” – si udì uno sparo dalle parti dello Schiavone.
Che d’ è … zì Anié..?”
“Niente … aggio sentute rummore strane vecino i gabbie d’ i cuniglie. Si è nu cane sciuvete …” – rispose l’uomo.
Il rumore ci fu sicuramente. Peppe, Nino ‘u fiammifero, Sciabacchino e Giuvanne avevano sottratto tre conigli all’allevamento di zì Aniello. Dopo il trambusto del mattino avevano deciso di rallegrarsi come si deve. Coniglio al sugo.

“Pà … – un botto.
“Ancora? Che sta succedenno?”
Stavolta era Veruccio che aveva aperto lo spumante. Voleva festeggiare con la famiglia l’accordo siglato.
Ci sarebbero stati giorni sereni fra gli operai della miniera – e lui era uno di loro – e i compaesani.
‘U sfumante
‘i Veruccio non teneva uguali. Beneaugurale per un futuro: gradevole, sorprendente, ricco.

Vigne [5]