Guarino Luisa

Sant’Aristide, 31 agosto: io mi ricordo…

di Luisa Guarino

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A volte, parlando con gli amici della redazione, ci siamo confrontati sul fatto se sia meglio parlare di argomenti di interesse generale oppure personale.
Fermo restando che c’è spazio per entrambi e ognuno scrive ciò che sente più congeniale, personalmente preferisco le esperienze vissute in prima persona, e che comunque coinvolgono almeno altri quattro-cinque soggetti. E questo non perché mi piaccia parlare dei fatti miei ma perché ritengo che quegli stessi episodi possano richiamare alla mente di chi legge ricordi, atmosfere, luoghi legati a Ponza, magari addolciti e resi ancora più suggestivi da un “come eravamo” condiviso.

Ecco perché ancora una volta racconterò di me e dei miei amici fraterni. Direte: perché proprio oggi? Non solo perché è il 31 agosto, giorno che sigla la fine dell’estate (e la giornata odierna ha voluto dimostrarlo alla grande, semmai potessimo nutrire qualche dubbio); ma perché è Sant’Aristide. Va bene. Che significa? Per noi di Piazza Pisacane anni Sessanta, ragazzi che orbitavano intorno al ristorante Zi’ Capozzi, era un giorno importante. Infatti il padre di Luciano, uno degli amici più cari della nostra cricca ponzese quasi autoctona, si chiamava Dino (all’anagrafe Aristide) e gli piaceva festeggiare con noi il suo onomastico, partendo dal presupposto che “il santo paga”.

Sant'Aristide

Tanto stavamo tutti lì in piazza: mio fratello, Franco Zecca, Sandro Russo, Fausto Capozzi, naturalmente Luciano, romano e di origini nobili, qualche altro amico adottato per una o più estati, e naturalmente io, unica “ragazza del clan” (?!).

I genitori di Luciano erano dei compagnoni, simpatici e alla mano forse più di lui: una coppia deliziosamente ben assortita, innamoratissima e inseparabile. Lui poi, Dino, che in quelle circostanze era un po’ il padre-amico di noi tutti, era anche un tipo affascinante: credo che il figlio, che era solo bello, ne fosse un po’ geloso.

Ricordo con gioia quelle lunghe serate che si trasformavano in notti: dopo che i clienti del ristorante avevano finito di cenare e la piazza si svuotava, fra tavolini e muretto cominciavano i nostri festeggiamenti accompagnati dal profumo lieve delle “belledinotte”.
A partire dal centro-sud gli onomastici si celebrano quasi più dei compleanni, e noi con quella serata di fine estate rendevamo onore a questa bella consuetudine, anno dopo anno.

 

2 Comments

2 Comments

  1. Silverio Guarino

    1 Settembre 2016 at 22:05

    Non so se Luisa lo abbia fatto per indurmi a scrivere, ma quel “certo” Aristide, era il famoso Dino Fabiani che con i suoi aliscafi dei gloriosi cantieri Rodriguez di Messina, portò per la prima volta questi mezzi straordinari sul nostro amato scoglio all’inizio degli anni ’60.

    Io partecipai, con pochi altri invitati, al giro dell’isola inaugurale in aliscafo portandogli in dono una bottiglia di “spumante” ponzese. Di ritorno da Formia a Latina sulla Flacca, mi fece provare l’ebbrezza dei “100 all’ora” con la sua spider. Si divertiva a stringerci all’improvviso i muscoli delle cosce con le sue mani possenti: il famoso “morso del ciuccio” che tanto ci preoccupava e che allentava soltanto dopo aver ascoltato i nostri lamenti e implorazioni.

    Il figlio di Dino, Luciano Fabiani Spada (anello con pietra preziosa blu alla mano destra, nobile e affusolata come lui) veniva appellato con il titolo di “contino”; era un abile pescatore con la canna e con lui, alla punta del molo, sfide senza fine.

    La moglie di Dino, una minuta, simpatica e gioviale signora (nobile), fumava in continuazione sigarette di cui non ricordo la marca.

  2. isidorofeola

    2 Settembre 2016 at 12:00

    Per completare il commento di Silverio, vorrei aggiungere i nomi dei primi due aliscafi che il sig. Fabiani fece giungere a Ponza : “DANIELA” e “ELIDE”.

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