Attualità

La cultura? Che brutta bestia!

di Francesco De Luca
Cultura.

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È difficile far capire a chi crede d’essere un uomo di cultura che quella dote, di cui si crede possessore, è bagaglio di ogni uomo.
Perché la cultura non è soltanto erudizione o conoscenza letteraria o istruzione o competenza bensì è la conoscenza messa al servizio della comprensione umana.
La dimestichezza della poesia classica vale quanto l’essere esperto nel dialetto, la facilità nella cucina paesana equivale alla finezza della critica poetica, giacché è chiaro che appartengono alla cultura le massime in dialetto come i versi di Orazio, le ricette della nonna e i versi d’amore di Catullo.

La cultura comprende tutto: le conoscenze, le credenze, le superstizioni, le abitudini e le tradizioni. Nulla può essere escluso dalla cultura.
Che è la costruzione umana della vita.
La natura si esplica nel biologico, la cultura nell’intellettuale.

In questo grande contenitore giacciono le costruzioni dell’uomo e insieme il loro rimaneggiamento, il loro sostentamento.
Cultura infatti richiama la coltura ovvero la coltivazione delle idee, delle ipotesi, delle affermazioni.

Ed è qui che si evidenziano i livelli (di cultura).

La cultura classica raggiunge alti livelli (estetici e critici) perché tanti sono gli estimatori che la supportano, la rinverdiscono, la attualizzano. La cultura popolare giace in basso perché vive dell’immediatezza, della casualità.

Ma attenzione: i livelli nella cultura li sottolinea il saccente, il borioso, non chi si impatta con la cultura, cosciente della propria ignoranza.

A cosa serve la cultura? Serve a vivere in maniera più consona al nostro essere uomini.
Se non riesce a muovere gli animi verso stili di vita improntati ai valori umani non serve a nulla. È una masturbazione mentale. Sembra di muoversi nelle atmosfere del poeta e si è un mentecatto incapace di portare umanità nella vita giornaliera.

Ma allora pure l’ignorante è colto? Certamente. Si nutre della cultura trasfusa dalla famiglia, dal gruppo sociale. Ha una cultura limitata perché non la alimenta con le letture e con l’esercizio. Talora però le esperienze varie, decantate da una riflessione onesta, hanno fatto di pescatori privi di lettere uomini degni del massimo rispetto. Perché? Perché avevano coltivato l’umanità e non la tracotanza. Al contrario di quanto avviene se l’uomo di lettere si chiude nella sua torre di parole e non dà il giusto valore all’opinione di chi, privo di studi, gli sta accanto.

Allora la laurea non è garanzia di cultura? Ma no. La laurea attesta un percorso di studi ma non che i principi acquisiti siano diventati valori. Questo viene fuori dalla vita vissuta non da quella millantata.

Nemmeno l’ignoranza esclude la cultura! L’ignorante peggiore non è colui che ignora le affermazioni logiche di una scienza bensì chi è chiuso ai suggerimenti degli altri, alle loro osservazioni. L’ignorante peggiore è chi si ritiene detentore della verità.

Si dice che chi viaggia migliori la propria cultura. Sì, a patto che di quanto si prende coscienza se ne faccia norma di vita. Se non si riesce a trovare un modus vivendi pacifico col proprio vicino a che vale vantarsi d’essere un viaggiatore?

Capite adesso perché la cultura è una brutta bestia?

Voi dite che questa volta sono uscito fuori tema? E va bene… abbiate pazienza.
Anzi, per la cronaca: ho fatto leggere questo scritto ad un mio amico che si vanta d’essere colto. Non mi parla più.

Cultura o denaro

4 Comments

4 Comments

  1. vincenzo

    24 Luglio 2016 at 17:47

    Quindi vi sono molti modi per definire la cultura da cui si deduce che tutti hanno una loro cultura.
    La domanda più interessante invece è: a che serve e a chi serve la mia cultura?

  2. Silverio Guarino

    24 Luglio 2016 at 20:03

    Invito chi ancora non l’ha fatto, a leggere quel saggio di Nuccio Ordine (Bompiani 2013) dal titolo:”L’utilità dell’inutile” (un “ossimoro”, tanto per gradire). Una affermazione sulle altre: “La conoscenza è una ricchezza che si può trasmettere senza impoverirsi”.
    Il latino erudito e lezioso noi lo abbiamo imparato dai preti e andando a Messa quando la Messa era in latino. Provate a spiegare che il “modus vivendi” è costituito da un sostantivo maschile singolare al nominativo (modus-modi della II declinazione) che funge da soggetto e da un complemento di specificazione al caso genitivo singolare (in quanto il verbo vivere è declinabile come un sostantivo neutro) e che il tutto si traduce con: “il modo di vivere”.

    Cultura è condividere le conoscenze senza far pesare diversità alcuna. La cultura diventa contagiosa e tutti si migliorano confrontandosi gli uni con gli altri. Tutti possono e devono dare ciò che di meglio hanno della loro esperienza e delle loro conoscenze.

    Tranne..: “nemo dat quod non habet”, che per quei pochi che ignorano l’amata lingua latina, suona così: “nessuno dà ciò che non ha”.

  3. Silverio Tomeo

    25 Luglio 2016 at 07:45

    La tematizzazione classica è quella di “cultura e civilizzazione”, tutta una linea di dibattito. Poi le differenze, tra la visione antropologica di cultura e le altre. Nella visione sociologica si intravedono e si studiano le sub-culture, ad esempio giovanili, musicali, settarie, ideologiche, identitarie, ecc. In origine il termine è quello di coltivare, aver cura, da cui anche “culto” verso gli dei. Insomma: una cultura plurale, critica, rispettosa dei contesti e delle differenze, è quanto in genere ci si auspica. Quindi il dibattito, mica semplice, tra relativismo culturale e valori universalistici, ad esempio. La cultura come fatto di egemonia di classi e blocchi sociali, ancora. Il dialogo tra culture, necessario. Ma come si potrebbe riuscire a far dialogare – mettiamo – un lettore “colto” che prende in debito conto “Padre Pio” (Einaudi, 2007), saggio storico di Sergio Luzzatto, con un viscerale seguace del Santo e, giusto per fare un esempio, con un giornalista in pensione che utilizza in maniera feticistica alcune reliquie del monaco di Pietralcina per crearsi consenso? Quindi è inevitabile che vi sia conflitto tra culture. Ad ogni buon conto mi dichiaro adepto di Padre Pio, a scanso di equivoci…

  4. Silverio Tomeo

    25 Luglio 2016 at 08:53

    Scusate il refuso, non da poco, mi dichiaro adepto di Padre Bio, naturalmente….

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