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Sembrando sorridere

di Francesco De Luca

Tessitura di una nassa [1]

 

– Mio padre aveva le mani deformate perché torceva i giunchi delle nasse. Quelle per aragoste.
Carmine Pagano era un pescatore di Le Forna che, col suo saper fare, divenne padrone di barca, e andava a far fruttare la campagna di pesca nella stagione buona in Sardegna. Ad aragoste

Uomo capace e buono. Caratterialmente diverso dal figlio, intraprendente e decisionista. Chi è il figlio? È Biagino Pagano. Che oggi si gode la pensione e il tempo di cui dispone. Ma… lo ammette lui stesso, da giovane era animato dal desiderio di cimentarsi con la vita. Quale? L’unica che ha visto, goduto e lottato. La vita nel mare, a pesca.

Anni ’50, aveva sedici anni, era all’Asinara, ad aragoste. Con altre barche fornesi.

La pesca dava i suoi frutti ma esigeva i suoi sacrifici. Biagino scalpitava perché voleva forzare i metodi di pesca del padre. Non perché non erano adatti ma semplicemente perché si voleva mettere alla prova in prima persona.

Era il 15 giugno.
– Papà perché non vai a Ponza per san Silverio?
E chi ce remmane cca? – il padre.
– Ci sto io! – il figlio
– E tu saie addò stanne ’i nasse? E saie ch’hè fa’ si se rompeno? Si se perdeno?

E Biagino, serio, diede al padre tutte le assicurazioni.
– Uagliù – si rivolse il padre all’equipaggio – io vaco a Ponza. Cca remmane Biaggino.

16 anni.

Si va a tirare le nasse. ’I petagne (i segnali) sono stati portati via dal mare. Non persi ma allontanati dal posto. La ciurma è tutta giovane. Occhi buoni. Vengono individuati. La pesca è abbondante. Biagino ha un’idea. Ributta quel gruppo di nasse e le cinge in cerchio con un altro gruppo di nasse. Perché? Perché le aragoste che si tirarono su erano grosse e l’alghetta sul loro dorso indicava che erano vecchie. Quel posto era da privilegiare.

Cesto aragoste [2]

Si riempì infatti il nassone, in cui si depositavano le aragoste in attesa che passasse la nave a caricarle per venderle a Marsiglia.
La squadra che operava con Biagino aveva, a terra, sotto il lentisco, un altro nassone, caso mai la fortuna girasse buona.
Fu posto a mare e pure quello riempito.
Recupero del nassone copia [3]

Tornò Carmine Pagano da Ponza e passò ’a ’mburchiella per caricarsi le aragoste. Si svuotò il primo nassone e si scaricò anche il secondo. Carmine rimase meravigliato. Non gli avevano detto niente. Capì di aver lasciato la barca in buone mani.

– ’I mane ’i pateme erano storte pe torce ’i vunce d’i nasse – dice Biagino, e sorride. Lo guardo attentamente. Quel sorriso nasconde qualcosa.

Lo pungolo cercando di estorcergli qualche confessione.
– Ma tu volevi andartene perché non ti prendevi con tuo padre?
– No – risponde – mio padre era un uomo buono, ero io, ero io che volevo cercare una mia strada, volevo comandare.
– E come facesti? – insisto.

Doveva comprarsi una barca sua. A Ponza non c’era mercato perché chi teneva ’nu vuzzo era signore.

Andò a Formia. Lì sulla banchina c’era una barca a terra, bisognosa di manutenzione. Chiese in giro e seppe che la barca pativa i bisticci dei proprietari: due fratelli in litigio fra di loro. Li trovò nel bar vicino alla piazza del vecchio mercato. I due lo guardarono, ne valutarono l’età e: – Uagliò p’accattà ’a varca ce vonne ’i sorde.
– Quanto? – ribatté Biagino.
– Due milioni e mezzo – fu la risposta.

Ritornò a casa e riferì il tutto ai genitori.
Addò se piglieno tutte ’sti sorde?– mormorò la madre.

Il padre volle vederla e fu d’accordo col figlio: quella barca era ottima per il mestiere che voleva intraprendere Biagino. L’ostacolo erano i soldi. Non ce n’erano in giro, nemmeno fra i conoscenti, e i risparmi erano insufficienti.

Biagino fece un telegramma alla sorella in America. Le disse le ragioni e la somma che chiedeva. Non ebbe risposta. Quel telegramma fu come se non l’avesse ricevuto nessuno.

Arrivò un espresso, dopo venti giorni. C’erano quattro assegni da 500mila lire ciascuno. I genitori non volevano crederci.
– E tu hai chiesto i soldi a tua sorella? – lo rimproverò la madre.

Biagino comprò quella barca, divenne padrone e iniziò in autonomia la sua avventura da pescatore.

Su di lui si dicono tante cose. Opportune e inopportune, come per tutti coloro che nascono su questa terra.
Lascia un ricordo nel mondo dei pescatori ponzesi. Perché si è fatto da solo. Patendo le avversità ed esultando nella buona sorte.

Io voglio aggiungere questa nota che forse non gli piacerà, rude e schietto com’è. Nel ricordo della sorella si è commosso. Sembrando sorridere.

Aragoste [4]