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La festa di San Silverio, ieri e oggi

di Rosanna Conte

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Il vivace scambio di idee sulle novità che a più riprese, negli anni, sono state introdotte negli aspetti religiosi della festa di San Silverio, stimola la curiosità a cercare altri eventuali cambiamenti ormai diventati tradizione.

Processione antica foto 21 copia [1]

Immergiamoci nella descrizione della festa del 1934, attraverso le parole di Cesira Fiori, confinata politica romana, maestra dalla penna facile.

“(…) Ponza città adornava le finestre ed i balconi… di sgargianti coperte da letto, di tappeti variopinti, e palloncini veneziani e lampadine multicolori per la luminaria della sera”.

Palloncini veneziani in vetro colorato di Murano [2]

A parte i palloncini veneziani in vetro colorato di Murano e i tappeti variopinti, le luminarie e le coperte ci sono ancora.

Un’aria speciale, grassa, greve, carica di odori diversi che ti prendevano alla gola. Frittura di pesce, di peperoni, di frittelle, freschissimo sentore di frutta, inebriante fragranza di zucchero filato, di mostaccioli al miele”.

Il misto di fumo con odori che usciva dai camini quando si cucinava il coniglio alla cacciatora, il ragù e le fritture di pesce doveva essere effettivamente forte. Oggi gli odori son attutiti dagli aspiratori delle cappe, ma ancora si cucina parecchio, il 20 giugno.
Invece, con i divieti per le bancarelle che vendono cibi non confezionati, alcuni profumi sono andati persi; poco male per gli adulti, ma grande delusione per i bambini. (Per la verità mi risulta anche per qualche persona anziana che era andata a fare provvista di caramelle…)

“Gente e gente arrivava dalle isole vicine con barche adorne di foglie e di fiori di carta e i pescatori tornavano da lontano”.

I ponzesi che stavano a Palmarola e Zannone arrivavano con le barche addobbate. Oggi coloro che stanno lontano, sparpagliati nei cinque continenti, arrivano con le navi di linea mescolati ai tanti turisti, tuttavia possiamo rivivere l’antica emozione del ritorno in massa di amici e parenti emigrati accolti dagli spari e dal suono delle sirene grazie alla lungimiranza di Achille Onorato che, con la flotta lasciata agli eredi, ha imposto l’obbligo di portare sulla nostra isola ogni anno per la festa di San Silverio i ponzesi dell’Elba.

L'arrivo in porto della nave della Toremar [3]

“…Richiami, risate, vocìo, tramestìo, caos, grida di venditori, e scampanii festosi e spari di mortaretti.
Verso le undici, nel suono a distesa di tutte le campane, di tutte le sirene del porto, tra gli assordanti colpi dei petardi e delle castagnole, usciva dalla chiesa, la processione”.

Anche adesso è così. E’ cambiata solo l’ora di uscita della processione.

“Sotto il baldacchino di broccato cremisi, ritta su di una sedia gestatoria, sulla grande “macchina” portata a spalle da otto pescatori la ingenua statua del santo, dipinta in rosso scarlatto, turchino cielo, con un gran manto di broccato ricamato a palme d’oro, la testa sormontata dal triregno”.

“Su una mano, a conchiglia, un globo d’oro e il braccio destro teso a benedire”.

S. Silverio 1933. copia [4]

Certamente avranno brontolato i ponzesi quando San Silverio è passato dal baldacchino alla barca e si è spogliato del manto di broccato ripudiando il turchino e recuperando il giallo papalino.

“Dollari pendenti dal braccio benedicente, dollari appesi al collo ed oscillanti sul petto a guisa di medaglioni, dollari infilati alla cintura”.

Oggi si copre degli ori che i ponzesi hanno donato più che di carta moneta.

San Silverio all'uscita dalla chiesa. Antica foto copia [5]
La Fiori ci descrive poi la processione per mare…

Le barche addobbate “con coperte sgargianti di seta, di velluto, e damaschi ricamati a fiori, ad uccelli in seta, in oro, in argento”, vanno al largo seguendo quella più grande su cui è salito il santo.

Oggi, alla processione per mare non partecipano barche di pescatori, ma di bagnanti. Sono ancora tante e non sono addobbate. Solo la barca su cui sale la statua del santo ha il gran pavese e gli addobbi di carta.

“…in mezzo al fragore delle sirene, degli scoppi, mentre le navi alzavano il gran pavese”.

Il percorso sul mare, ancora oggi come allora, è accompagnato dal suono delle sirene e dai fuochi.
Il 1934 è l’anno in cui la sera della festa, in chiesa scoppiò un incendio. Accorsero a spegnerlo in tanti fra coloro che festeggiavano in piazza  e tanta fu la paura, ma il disastro fu evitato.

Qualche altra testimonianza, sugli aspetti laici, ce l’ha lasciata Otello Nicolini, un confinato politico emiliano, nella lettera del 26 giugno del ’39 alla madre e ai fratelli.

“Mi sembra di avervi accennato dei preparativi in corso per la celebrazione della festa del patronato di questo paese. Oramai tutto si è svolto bene ed anche io ho passato questi giorni di festa diversamente dagli altri. Nella occasione era presente un corpo filarmonico della provincia di Lecce. Dire che suonavano bene non è sufficiente perché veramente hanno suonato benissimo. Era un complesso di circa 65 persone fra i quali diversi professori del proprio strumento. C’erano complete tutte le famiglie degli strumenti e un bel complesso di clarini fra i quali ho notato parecchi bocchini di cristallo e quasi tutti a sistema Bhern. Suonavano tutti i giorni, ma generalmente alla sera suonavano i pezzi d’opera, che si sentiva dal vicino camerone. Ho potuto però sentire tre pezzi anch’io, suonati, due prima di mezzogiorno e l’altro prima di ritirarmi. Ho assistito ad un gioco nuovo per me e precisamente all’albero della cuccagna ma sistemato orizzontalmente e andava a finire a mare. Era molto divertente vedere fare qualche passo sul palo e poi scivolare perché naturalmente spalmato di sapone e i concorrenti ce n’hanno messa per arrivare al premio a capo del palo stesso. Ha chiuso la festa un’abbondante scarica di fuochi artificiali che vidi buona parte dal camerone.

Il palo della gallina copia [6]

Allora a Ponza per San Silverio si facevano suonare due bande, quella locale e quella che veniva da fuori. Chissà da quante persone era composta la banda ponzese? La leccese da 65 e tutti bravi, dice Otello Nicolini.

Noi oggi ne abbiamo una sola e anch’essa è composta da bravi suonatori. Godiamocela!

E l’orario della ‘diana’? Fino a cinque anni fa, la banda iniziava a suonare alle sei del mattino, preceduta da almeno quindici minuti di spari che facevano rintronare i vetri alle finestre della zona Porto e la loro eco si diffondeva per tutta l’isola, fino a cala Fonte e cala Caparra.
Oggi i botti li hanno fatti alle sei, molto brevi ed attutiti, e la banda è uscita alle sette.

Quella che è stata definita una barbara usanza della nostra tradizione è stata abolita per non disturbare i turisti… eppure affonda le sue radici in un lontano episodio accaduto nel 1757.
Il Tricoli ci riferisce che, nel maggio di quell’anno, dodici galere di Napoli, Roma e Malta sconfissero, nelle acque di Palmarola, quelle saracene, attribuendo a San Silverio il merito della vittoria.
Pertanto, il giorno della sua festa, nel mese successivo… si pavesarono presso il porto facendo prolungata salva di cannoni e fucilerìa, come ancor di giuochi a rispettivo di loro costume, onde divertire l’intera giornata gli abitanti”.

Buon San Silverio a tutti!