Ambiente e Natura

Setacciando la storia in cerca di..?

di Francesco De Luca
Abate Pacichelli. Copertina

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Da “Il Brigantino” di Silverio Mazzella a Ponza ho acquistato un estratto dal libro Memorie di viaggi per l’Europa christiana di Giovan Battista Pacichelli, anno 1685. Le notizie riguardano le isole ponziane.
L’ho letto e… non mi è sembrato vero di poter partecipare ai lettori di Ponzaracconta le riflessioni che mi induceva quello scritto. E già… perché il Pacichelli non riporta quanto ascoltato o letto. No, l’abate, il Pacichelli era un prelato, effettuava viaggi in Europa su commissione dei sovrani degli staterelli italiani. Quello che scrive sulle caratteristiche morfologiche dei luoghi come su quelle sociali e umane lo aveva verificato di persona.

Come ha fatto notare anche Vincenzo Bonifacio nel suo L’isola di Pilato (Vianello Libri), l’arcipelago era più oggetto di narrazione che di personale esplorazione, per cui i racconti sopravanzavano la realtà. Alla stessa maniera le carte geografiche si presentavano più come disegni che come planimetrie veritiere delle coste.

Quel poco che scrive il Pacichelli, dunque, merita seria riflessione.

Il periodo storico era la fine del 1600 (1685), Ponza non aveva una popolazione stabile e il porto era governato da un castellano con alle dipendenze una guarnigione di soldati.
Il castellano dimorava sulla torre.
“A sinistra (entrando in porto – nota mia) in sito elevato, circa settanta passi, e lontana dugento sta la torre, quasi in quadro, di trenta passi scarsi per ogni verso, di altezza ordinaria, alla quale si ascende per una scala di legno, non amovibile. Comprende questa tre stanze nel primo ingresso, ed altrettante sopra al pian del cannone; cioè tre pezzi di ferro con altro poco armamento” (pag. 6-8) .
Da chi prendeva ordine il Castellano ?

Le isole erano ambite dal Duca di Parma, allora governato da Ranuccio II, ma anche dal Papato, così come dal Duca di Napoli. E fu proprio il Duca di Napoli a concedere il 2 maggio 1667 ( una ventina d’anni prima ) in affitto per milleduecento ducati a Tommaso Gigliano di Napoli per quattro anni il diritto della quinteria sulla pesca a Ponza, Palmarola e Zannone. In parole povere aveva facoltà di esigere una tassa sul pescato. Infatti prendeva per ogni cantajo di aragoste carlini 10, di pesci grossi grana 50, di raroli 30, e per ogni granco fellone uno.
Presumibilmente in quel periodo era il Duca di Napoli ad avere autorità sull’isola.

Il prosieguo della lettura induce altre considerazioni, per cui mi fermo a queste poche righe per affrontare un altro quesito. La torre di cui parla l’Abate come la identifichiamo oggi?

Dalle indicazioni contenute nella descrizione non collima in tutto con l’attuale Torre dei Borbone.

L’ubicazione sembra la stessa, la consistenza strutturale appare simile con talune differenze. E allora? E allora il Pacichelli indica la torre, quella che fu eretta dai Farnese, in un luogo precedentemente individuato ed utilizzato dai Romani come luogo d’avvistamento (collina Madonna ).

Chiarisco: i Farnese già dal 1582 avevano affittato le isole a privati (Apollonj Ghetti – L’ Arcipelago Pontino – Palumbo Editore; pag. 230). I locatori avrebbero trasferito in Ponza una guarnigione di venticinque soldati italiani, comandati da Francesco Coppola, capitano napoletano, un sacerdote e trenta artigiani con le famiglie.
Il Mattej (L’Arcipelago Ponziano – Napoli 1859) precisa: 40 persone fra muratori e altri artigiani al servizio degli appaltatori. Il Duca creava governatori essi appaltatori, con la giurisdizione civile e criminale, mero e misto impero, con facoltà di creare altri uffiziali che loro credevano per lo godimento di esse isole, e vantaggi, ma che lo stesso Duca vi avrebbe continuato a mandare il Castellano e soldati a dominio delle Isole, senza ingerirsi sull’amministrazione, ed utilità; che fra tre anni dovevano gli appaltatori risarcire la Torre di Ponza (il neretto è mio), edificare altre forti di sicurezza… ed infine si obbligava esso Duca a concedere gratis alle genti che sarebbero andate ad abitare nelle Isole tanto suolo per ciascuna famiglia, necessario per farsi un giardino ed edificarvi la casa.

Tutto questo era stato deciso quasi cento anni prima della visita dell’Abate Pacichelli. Presumibilmente parte di tale disegno o tutto fu attuato (lo attesta pure il Governatore di Gaeta Luis de Barrientos in una relazione datata 1584 e ricordata dal Tricoli a pag. 212 della sua Monografia per le Isole del gruppo Ponziano) e l’Abate ne vide i segni.

Ponza alimentava una sparuta popolazione, tutta gravitante intorno al porto. Ma anche qui: quale porto?
Quello descritto dall’Abate occorre immaginarlo privo del Molo Musco e della scogliera esterna… Come ben si deduce dallo scritto: dalla parte di Greco e Levante si entra nel suo porto, assai capace e sicuro,  fuor che (il neretto è mio) dalla traversia di questi due venti (pag. 6).

In conseguenza della colonizzazione del 1734 infatti il porto fu reso più sicuro impiantandovi quello che oggi si chiama Molo Musco, col depositarvi materiale fra gli scogli dove ora si innalza il Lanternino e la discesa rocciosa che degrada dalla Parata ai Carabinieri, per intenderci.

Ritorno alla torre. Ribadisco: quella che vide il Pacichelli non era in tutto e per tutto l’attuale Torre, anche se ubicata nello stesso posto. Dice l’ Abate: A sinistra, in sito elevato, circa settanta passi, e lontana dugento sta la torre, ….come ho trascritto sopra.

Il passo era una misura di lunghezza di circa 70 cm.

Su un colle alto circa settanta passi! Il picco roccioso su cui si erge non è alto 50 metri. Può dare quell’impressione se visto dal mare, ma è più basso. L’inganno visivo però è talmente ricorrente che può essere concesso all’Abate.

La forma quadrata coincide, così come la lunghezza dei muri perimetrali. Lui li calcola una ventina di metri. L’edificio borbonico è tale ma con l’aggiunta di locali esterni addossati.

Di altezza ordinaria. In realtà ancora oggi la Torre appare imponente e sovrastante, per nulla ordinaria (foto 1).

La torre. Antica stampa (Mattei)

Di due piani. L’attuale ne ha ben quattro di piani.

Con una scala in legno. Il che fa supporre che era poco praticata, con un accesso difficoltoso. L’attuale Torre ha ospitato centinaia di persone.

Da tutto ciò sembrerebbe accertata la non coincidenza delle due torri. Anche se le differenze sono poche.

Finalmente, mi sono detto, ci sono verità storiche e non fumose ipotesi, ci sono verità accertate e non narrazioni congetturate. Perché, occorre dirlo, anche in questo sito si scrive di storia con la facilità di una lettera alla madre, e sui fatti di Ponza è facile deviare dal documento al racconto perché i riferimenti sono contraddittori e le ricostruzioni inducono alla fantasia. Ci sono mappe e ci sono disegni, ci sono date e protagonisti che mutano e si confondono, sì da intrugliare le carte e falsificarle.

Tuttavia in onestà va dichiarato la difficoltà oggettiva a collocare i resti attuali delle opere storiche con i resoconti dell’ epoca. Specie dell’epoca farnesiana (fine 1500 – inizio 1700).

Leggo nel libro di Bonifacio (pag. 63): Nel 1672-73 il Capitano Charle Wylde durante il viaggio di ritorno da Costantinopoli fa sosta col suo vascello a Ponza. Qui compila una carta con la prospettiva del lato di levante dell’isola e la correda con lettere alfabetiche cui corrispondono delle informazioni topografiche ( A B C : le attuali grotte e bagni di Pilato; D: casa di Ponzio Pilato; E: grotte dove trovano riparo i pescatori; F: cisterna con acqua; H: torre ove sono quattro pezzi di artiglieria) e vi annette la carta (foto 2 e 2 bis).

Dal Bonifacio. Mappa cap. Wilde. 1672-73

The island of Pontia. Ingrandimento

Se poteste ingrandire il disegno vi apparirebbe evidente la somiglianza delle due strutture. E poi, si è nel 1672 e dunque ad una decina d’anni prima della visita del Pacichelli. Il che confermerebbe la mia deduzione. Inoltre, a pag. 74 del suddetto libro, il Bonifacio riporta la mappa Isola di Pontio. Scrive: si tratta di un manoscritto acquarellato su carta vergata; si colloca fra la fine del Seicento e i primi del Settecento ( foto 3 ).

Immagine.3. Bonifacio. pag. 74Cliccare sulle immagini per ingrandirle

Se ad essa uniamo quanto scritto in un documento dal titolo Estima de l’isola di Ponza nel Regno di Napoli, coevo della mappa suddetta, lì dove si dice: vi è una torre per guardia del porto, che vien guardata da un capitano con dodici soldati, et il cappellano, si giunge ad una conclusione. La torre farnesiana era esistente e funzionante, probabilmente non della stessa grandezza di quella borbonica. Anche perché con la colonizzazione a quella costruzione furono attribuite funzioni di maggior peso.

Può bastare questo a colmare il desiderio della ricerca? No, lo confesso. La sensazione dominante che rimane è che quella parte della nostra storia presenta difficoltà di accertamenti tali che nel parlarne è più conveniente utilizzare la forma del racconto e non del resoconto, della fabulazione e non della relazione. E a me, che cerco di trovare nella realtà di oggi agganci con quanto era presente ieri e di cui ci sono menzioni storiche, non rimane che fermarmi al racconto leggero.
La mia sottolineatura, tesa a differenziare la torre descritta nel 1685 dal Pacichelli dalla Torre dei Borbone, di cui oggi godiamo la vista, finisce col diventare isterica. M’accorgo da me di essere impigliato in legacci che non portano a certezze storiche (diverse dalle certezze scientifiche e da quelle religiose). Citazioni, autori, favole, fatti, poemi e detti, mappe e disegni: c’è di tutto. E tutto porta alla confusione !

Per cui, alla fine, l’articolo non risulta un chiarimento storico bensì una divagazione più o meno dotta su un periodo della storia ponziana alquanto confusa. Un intrattenimento, ecco… può ben giudicarsi un intrattenimento.

Ora, il sito Ponzaracconta può aiutare a colmare le lacune incontrate. Può, senza modestia, raggiungere verità storiche, abbattendo l’ignoranza e smussando le presunzioni. Perché? Perché la pubblicazione è un dialogo continuo, in cui si può intervenire per correggere, ampliare, specificare le notizie.

E’ per questa ragione che seguirà a breve un’altra analisi sulla visita dell’Abate Pacichelli a Ponza nel 1685.

1 Comment

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  1. arturogallia

    16 Maggio 2016 at 08:22

    L’insenatura che va da Santa Maria al molo Musco è sempre stata utilizzata come approdo, dai Romani in poi, per cui non sarebbe strano congetturare la presenza di un molo precedente a quello borbonico, certamente meno solido e più piccolo. E la torre sicuramente fu costruita sulle fondamenta o in prossimità di una preesistente (alcuni autori dicono addirittura di epoca romana anch’essa). È vero, molte narrazioni erano indirette, per cui riportavano informazioni di “seconda mano” e spesso poco attendibili. Ma attraverso lo studio di relazioni del XVI e XVII secolo possiamo effettivamente avere notizie più attendibili. Prima dell’affitto dell’isola da parte dei Farnese nel 1582, c’è un avvenimento che può chiarire diverse questioni. Dieci anni prima, nel 1572, c’è una fitta corrispondenza tra il vicerè spagnolo a Napoli (Perennot de Granvelle), il capitano Barroentos a Gaeta, la Curia romana, i Farnese. La questione è la seguente: nella seconda metà del Cinquecento la Spagna, come molti altri stati che affacciano sul Mediterraneo, sta portando avanti un processo di ristrutturazione o nuova edificazione dell torri costiere e anche a Ponza bisogna operare, ma di chi è la competenza? A chi spetta pagare per fortificare l’isola? Da Madrid viene interrogato il Vicerè a Napoli che inoltra la questione a Barrientos per compiere una indagine conoscitiva. Dalla relazione sappiamo che: c’era una torre che ospitava una guarnigione di soldati, i quali erano inviati da Gaeta stessa; i Farnese risultavano feudatari, ma si vedevano ben poco; popolazione stanziale assente. Il Papa rivendica il possesso dell’isola in quanto pertinente alla commenda di Santa Maria e i Farnese inviano una ventina di “parmensi” guidati dal piemontese Bartolomeo Ceva. Una carta coeva, presumibilmente allegata alla relazione di Barrientos, mostra le torri “da farsi”. Sembrerebbe un rilievo sul campo e non una ricostruzione. Qui compare un molo preesistente e una torre da restaurare, presumibilmente la “torre farnesiana” che sarebbe poi stata restaurata dai Borbone. Informazioni simili, come già riportato nell’articolo e parzialmente da Vincenzo Bonifacio, sono contenute nella carta “Estima de l’isola do Ponza…”, realizzata dall’agrimensore regio Agostino Grasso nel 1766, che insieme alla Pianta dell’isola di Ponza”, una mappatura catastale dei terreni censiti, faceva parte di un corpus documentale a seguito dell’indagine conoscitiva da egli compiuta sullo stato del popolamento dell’isola in quell’anno, e quindi subito prima del popolamento del 1768.

    Comunque, molto interessante il viaggio di Pacichelli.

    Infine, approfitto dello spazio per comunicare che le quattro università campane nel 2016 e nel 2017 celebreranno Carlo di Borbone con una serie di iniziative.

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