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Domenica 17 aprile, un referendum per aiutare il nostro mondo

di Sandro Vitiello
Gaeta greenpeace stop alle trivelle [1]

 

Devo ammettere che ci ho messo un po’ di tempo a formarmi un’opinione sul referendum, richiesto da nove regioni, per cui siamo chiamati al voto domenica prossima.

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Il quesito è molto semplice: si chiede di abrogare una norma dell’ultima finanziaria che permette alle piattaforme petrolifere, che operano entro le dodici miglia dalla costa, di poter estrarre petrolio o gas fino all’esaurimento dei pozzi, superando quindi il limite dei tempi regolati dalle concessioni. Si tratta in sostanza di prorogare, senza limite di tempo, queste concessioni.

Mi sembrava una perdita di tempo. Questa norma non cambia il destino delle concessioni oltre le dodici miglia. Non permette di aggiungere altre piattaforme entro questo limite. Stiamo parlando di novantadue piattaforme che estraggono il 2,1% di gas e lo 0,8% di petrolio consumato nel nostro paese ogni anno.

Perchè così tanto interesse da parte del Presidente del Consiglio Renzi a far fallire questo referendum invitando all’astensionismo? I destini dell’Italia non cambiano se vince il ; sono così insignificanti da un punto di vista percentuale questi numeri che si sarebbe potuto tranquillamente associare i quesiti referendari alle elezioni amministrative di questa primavera facendo riparmiare cifre importanti alla collettività.
Invece….

Ma chi ci guadagna dal tenere in funzione queste “trivelle”? Bisogna sapere che lo stato italiano è padrone di quanto si trova nel sottosuolo e che chi estrae petrolio o gas nei nostri confini terrestri e marini deve riconoscere allo stato italiano una percentuale (royalty). Tale percentuale, come si può vedere dal sito del Ministero dello Sviluppo Economico, è pari al 7% per l’estrazione di gas e di olio a terra e del 4% per l’estrazione di olio in mare, a cui sommare una quota del 3% da destinare al fondo per la riduzione del prezzo dei prodotti petroliferi se la risorsa è estratta sulla terraferma o per la sicurezza e l’ambiente se estratti in mare.

Se si pensa che in altri Paesi le “royalty” difficilmente scendono al di sotto del 30%, si capisce benissimo il grande regalo che noi facciamo ogni anno ai petrolieri. Ma c’è un’altra parola che è parte importante dei ragionamenti intorno a questo referendum: “franchigia”. Che cos’è? La franchigia è una quota annua di gas e petrolio estratti da ogni giacimento sulla quale non si calcolano royalty. Sempre dal sito del Ministero dello Sviluppo Economico si evince che le franchigie sono pari a: 20.000 t di petrolio estratto a terra; 50.000 t di petrolio estratto in mare; 25 milioni di mc di gas estratto a terra; 80 milioni di mc di gas estratto in mare.

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In buona sostanza, nel 2010 la Cygam Energy – una società petrolifera canadese – in un suo dossier, raccomandava di investire in Italia perché “la struttura italiana delle royalty è una delle migliori al mondo” (!).

Tradotto: “Andiamo a trivellare in Italia perché gli italiani sono degli idioti!”

Niente male. Insomma i signori delle “trivelle” cercano di sfruttare i pozzi il più a lungo possibile perchè in questo modo, regolando le estrazioni sotto al limite della franchigia, potranno evitare di dare allo stato italiano – a noi in definitiva – quei quattro soldi che ci hanno dato fino ad adesso. Comunque quei “quattro soldi” alla fine sono montagne di quattrini che le compagnie petrolifere potranno tenere per sé, alla faccia del diritto dello stato italiano ai beni del sottosuolo.
Oltre a questo aspetto specifico del quesito referendario c’è però una considerazione di fondo che va fatta e sulla quale conviene fare qualche riflessione.
Da sempre andiamo dicendo che la risorsa più preziosa del nostro paese è rappresentata dalla sua bellezza e dalla sua storia, arte compresa. Eppure davanti al rischio concreto di vedere rovinati per sempre importanti pezzi delle nostre coste, a causa di qualche possibile incidente intorno ai pozzi di estrazione, non si dice niente?

In Basilicata si è visto lo scempio che è stato fatto in prossimità dei luoghi di estrazione del petrolio.

Inoltre io credo che con questo referendum si possa affermare la volontà del nostro paese di abbandonare in maniera convinta l’energia fossile a favore delle rinnovabili. Non si tratta di un vezzo “ambientalista”. Qui ci stiamo giocando il futuro delle prossime generazioni.
James Hansen, il climatologo che per primo, trent’anni fa, imputò all’uomo la responsabilità del riscaldamento globale ci dice che se non si invertono in maniera decisa le abitudini della specie umana, nel giro di pochi decenni il livello del mare si innalzerà di sei-nove metri.
Le correnti sottomarine, dopo lo scioglimento dei ghiacci dei poli, tenderanno a rallentare o addirittura a fermarsi. Questo sarebbe il punto di non ritorno di una catastrofe globale.

Domenica, votando SI’ al referendum sulle trivelle non si cambia il destino del nostro globo ma si può mandare un messaggio forte.
Ci piace pensare che la specie umana possa avere ancora una lunga storia da vivere sul nostro pianeta.

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L’Italia dopo lo scioglimento dei ghiacciai dei poli

 

Per l’articolo che contiene la foto di copertina – la manifestazione di Greenpeace alla Montagna Spaccata di Gaeta – leggi qui [4]