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La filastrocca delle dita…

di Vincenzo (Enzo) Di Fazio

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Sabato scorso ero con la mia nipotina. Ci vediamo, più o meno, una volta al mese e nell’occasione lei mi aggiorna sempre sulle nuove cose che ha, nel frattempo, imparato.
Questa volta, seduta sulle mie ginocchia, mostrandomi la manina destra e aiutandosi con la sinistra mi ha detto i nomi delle cinque dita.
Si è concentrata, ha preso fiato e piano piano cominciando dal pollice è arrivata spedita fino all’indice incespicandosi un po’ solo sull’anulare che non è proprio facile da dire. Dopo due/tre tentativi di “alulare” è uscita la parola giusta.

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La bimbetta senza saperlo mi ha offerto un assist, così ne ho approfittato e le ho recitato una famosa filastrocca in dialetto che mia madre mi diceva quando ero piccolo. Le versioni sono tante ed i ricordi vaghi ma avevo in mente più o meno quella riportata da Sandro Russo proprio nei primi giorni di attività del sito (leggi qui [3]).
Le ho chiesto di aprire la manina e prendendo tra le dita il pollice ho cominciato con:
Chist’ dice…“Voglie ‘u ppane”

poi, passando all’indice
Chist’ dice…“Nun ce n’è”

quindi, toccando il medio
Chist’ dice…“Vall’ accattà”

ancora, prendendo l’anulare
Chist’ dice…“Nun tenghe sorde”

e infine, stringendo la punta del mignolo e tintinnandolo
E chist’? Chist’ dice…“Pire perille, voglie ‘u ppane che so’ piccerille”.

La nipotina, frastornata e un po’ confusa ma divertita, ha riso e subito dopo mi ha detto:
Ancora nonno” e, per la gioia comune, l’abbiamo ripetuto tante volte.
Mi dice la mamma che, tornando a casa, in macchina ogni tanto l’ha sentita ripetere, sorridendo: “Voglie ‘u ppane, voglie ‘u ppane”

Qualche tempo fa ricordando il detto “Dio ‘u ssape e ‘a Maronna ‘u vvede” ho anche riferito del modo in cui mi diverto ad insegnare qualche parola di dialetto a questa nipotina che ha poco più di due anni e mezzo.
Posso dire che le lezioni di dialetto continuano e… con un po’ d’orgoglio, anche con profitto.

***

P.S. La filastrocca  riportata  è molto simile alla versione in italiano.

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Mi sovviene, ora,  un’altra versione riferitami qualche tempo fa da Peppe Sandolo depositario, grazie ad una poderosa memoria, di tanti modi di dire e filastrocche.
E’ questa:
Voglie ‘u ppane
Nun ce n’è
Vall’accattà
Crepe e schiatte
Mine mennille, damme ‘u ppane che
so’ piccerille

Nella tradizione orale di queste filastrocche, quando non si ricordavano tutte le parole,  sicuramente c’è chi  ha fatto ricorso alla fantasia per riempire i vuoti di memoria, per cui chissà quante altre versioni ci saranno.

Quindi…  Largo ai cultori e ai conoscitori dei detti antichi e del dialetto.