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Carnevale di Venezia

di Silverio Lamonica

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Carnevale di Venezia

Non associare il Carnevale a Venezia è davvero impossibile. Artisti di varie nazionalità lo hanno celebrato e continuano a farlo.

Propongo, a tale scopo, una poesia di Théopile Gautier (1811 – 1872) che ho rimaneggiato, più che tradotto; tra l’altro ho usato l’endecasillabo e non l’ottonario come ha fatto il grande poeta francese, sperando di aver reso al meglio le sue emozioni di fronte ad un sì grande spettacolo. E’ da tener presente, inoltre, che non ho studiato a scuola il francese, una lingua che mi affascina, perciò munito di un ottimo vocabolario e di una grammatica ho “azzardato” l’impresa.

Carnaval de Venise

Venise pour le bal s’habille.
De paillettes tout étoilé,
Scintille, fourmille et babille

Le carnaval bariolé.

Arlequin, nègre par son masque,
Serpent par ses mille couleurs,
Rosse d’une note fantasque
Cassandre son souffre-douleurs.

Battant de l’aile avec sa manche
Comme un pingouin sur un écueil,
Le blanc pierrot, par une blanche,
Passe la tête et cligne l’oeil.

Le docteur bolonais rabàche
Avec la basse aux sons traînés,
Polichinelle, qui se fàche,
Se trouve une croche pour nez.

Heurtant Trivelin, qui se mouche
Avec un trille extravagant,
A Colombine Scaramouche
Rend son éventail ou son gant.

Sur une cadence se glisse
Un domino ne laissant voir
Qu’un malin regard en coulisse
Aux paupières de satin noir.

Ah! fine barbe de dentelle,
Que fait voler un souffle pur,
Cet arpège m’a dit: C’est elle!
Malgré tes réseaux, j’en suis sûr.

Et j’ai reconnu, rose et fraiche,
Sous l’affreux profil de carton,
Sa lèvre au fin duvet de pêche,
Et la mouche de son menton.

Pierrot [2]

Carnevale di Venezia

Venezia si agghinda per il gran ballo:

è tutta scintillante di paillette,

scintille, tante ciarle, brulichii …

davvero è variopinto il carnevale.

C’è Arlecchino, nero mascherato,

quasi un serpente coi mille suoi color,

è cattivello e un po’ capricciosetto,

mentre Cassandra patisce i suoi dolor.

La manica agitando a mo’ di ala,

come un pinguino sopra una scogliera,

del candido Pierrot davvero in bianco

la testa passa e l’occhio lampeggiante.

Dottore Balanzone s’arrabatta

lo strascico a lui i passi intralcia.

E Pulcinella che s’arrabbia tanto

scopre il suo naso trasformato in gancio.

Il dispettoso Trivellino fischia

un trillo per davvero stravagante.

E Scaramuccia rende a Colombina

oltre al ventaglio pure il suo bel guanto.

Con passi ritmati una bautta

svelta sen va per non farsi vedere,

ma un furbetto di soppiatto scruta

i suoi begli occhi dietro il raso nero.

Ah! Barba lunga di merletto fine

che fai volar su un alito gentile,

qualcun m’ha detto di soppiatto: è lei!

Malgrado le tue reti io son sicuro.

E riconobbi quella rosa fresca

dietro l’effige d’orrenda cartapesta,

le labbra sue qual pesca vellutata

ed il bel neo su quel grazioso mento.

Colombina ed Arlecchino [3]

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