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In bianco e nero

di Rita Bosso

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Giovanni Pacifico ha realizzato un archivio fotografico prezioso e vastissimo che continuamente amplia con tenacia, passione e correttezza esemplari.
In tempi di copia-incolla selvaggi, capita di ritrovare le proprie foto nelle raccolte di gente di cui neanche si sospetta l’esistenza; Giovanni invece spiega con semplicità e onestà che le foto non sono sue, che la gente gliele consegna e lui si limita a scansionare e pubblicare su Facebook.
Subito dopo parte il gioco collettivo dei riconoscimenti, della localizzazione, della datazione, dei commenti; quando i contributi scarseggiano o discordano, si chiede l’intervento di Aniello De Luca, unico deputato ad emettere sentenze definitive e inappellabili in tema di memorie.

Foto album E. Guarino [1]

Questa fotografia – cliccare per ingrandire – ha almeno mezzo secolo ed è stata scattata in una curteglia della Dragonara, solleva incertezze anche tra ‘dragonaristi doc’ quali Polina Ambrosino (“E’ un gruppo della Dragonara, ma molti non li riconosco”), Franco Schiano (“La vecchia coi capelli bianchi potrebbe essere mia zia Giuditta Andreozzi”), Clelia Coppa (“Forse quella vecchietta è Civita Guarnieri”).
La foto proviene dall’album di Elisabetta Guarino, che l’ha passata a Giovanni Pacifico.
Elisabetta è la bimba col vestito con l’ancora e i sandaletti; la bambina grassa al suo fianco, col vestito bianco e il cerchietto in testa, sono io; non si vede, ma calzo scarpe bianche in calcestruzzo e calzini bianchi; risale a quell’epoca la mia passione per le Birkenstock.

Elisabetta e io ovviamente non ricordiamo le circostanze in cui la foto fu scattata, però tentiamo una ricostruzione.

Siamo nel 1964, al massimo 1965, nella curteglia imbiancata a calce della casa di Candida e Vincenzo Bosso, sulla Dragonara. Vincenzo è a sinistra, di profilo; procedendo in senso orario riconosciamo Rosa Migliaccio (con il mento appoggiato al pugno) e, con la blusa a fasce verticali, Ave Andreozzi, zia del barone Giuseppe Tricoli.
In piedi, nell’ultima fila, Teresa Pagano con camicia bianca e faccia da scugnizza; poi una nipote genovese di Vincenzo, che tiene una bambina in braccio; infine la vecchietta a cui si riferiscono Franco e Clelia.
Nella fila centrale, dopo Elisabetta e Rita (che sarei io), c’è Antonietta Giordano, nipote di Genoveffa, che tiene una mano sulla spalla di Daniela, mia sorella, come si evince dal vestito bianco, dal cerchietto e dal binomio scarpa&calzino; una bellissima ragazza bruna regge la figlia (“una bambina dal nome strano”, ricorda Elisabetta); il bambino sull’attenti con la maglietta nera dovrebbe essere un Cap’i Fierro, il primo a destra in ginocchio forse è Silverio Di Monaco; la donna in nero, di spalle, è Candida Bosso, sorella di Vincenzo e padrona di casa.

Si festeggia qualcosa, il raduno non è casuale; si capisce che Candida e Vincenzo sono gioiosi, anche se non si vedono i loro visi. Candida, con la sua voce squillante, sta dando disposizioni per lo scatto; Vincenzo osserva il gruppo, soddisfatto, felice per la presenza di tanti amici e parenti.
Candida e Vincenzo non sono sposati, non hanno figli, ogni estate accolgono con gioia fratelli e nipoti sparsi in giro per l’Italia; una particolare predilezione nutrono per Teresa e per Enrico, figli delle due sorelle Giuseppina e Maria, che hanno sposato due confinati; Teresa è orfana di entrambi i genitori, Enrico ha perso il padre nel massacro delle Fosse Ardeatine ed è l’orgoglio di zio Vincenzo perché, giovanissimo, è diventato professore di glottologia alla Normale di Pisa.
Per colpa di Enrico, Vincenzo accoglie con degnazione le notizie di lauree e diplomi: “Ah, bravo/a, hai preso centodieci e lode … ma non sarà mai come il centodieci e lode di Enrico”.
La bambina dal nome strano, Candida, Vincenzo appaiono come i vertici di un triangolo che incornicia un mondo di affetti, di relazioni, di storie; come spesso accade, le storie individuali si intersecano con la Storia.
La bambina si chiama Domitilla in memoria del nonno Silvio Campanile, esponente di spicco della massoneria, confinato a Ponza dove contribuì a fondare la Loggia Pisacane; sposò Maria, sorella di Candida e di Vincenzo; morì nel massacro delle Fosse Ardeatine, precisamente alle Catacombe di Santa Domitilla (!).