Ambiente e Natura

Ciao, Darwin!

di Adriano Madonna

Darwin

.

La biologia evolutiva spiega come gli esseri viventi si evolvano in funzione dei mutamenti dell’ambiente. In previsione della prossima estate, cominciamo a organizzarci per andare a scoprire, con maschera e pinne, tanti segni della storia della vita sul fondo del mare.

L’uomo, un tempo, era un essere “brutto e peloso” che assomigliava in maniera impressionante ad una scimmia, tant’è che ci sono ottime ragioni per ipotizzare un progenitore comune. Camminava a quattro zampe, poi si è sollevato su quelle posteriori ed è diventato Homo erectus.

evoluzione-uomo-computer

In seguito, si è evoluto ulteriormente, sino ad arrivare all’era moderna con un gran cervello che gli ha consentito di inventare la bomba atomica, la Coca Cola e il telefonino. L’animale uomo è stato capace di tutto questo perché nel corso della sua esistenza si è evoluto ad hoc in una certa direzione.
Darwin ci insegna che le mutazioni di ogni essere vivente avvengono in funzione di quelle dell’ambiente in cui vive: l’ambiente è soggetto a continui cambiamenti e le forme di vita che lo abitano devono adattarsi a queste, altrimenti non riescono a sopravvivere e scompaiono. Quanto accade agli organismi della terraferma avviene anche in quelli acquatici del mare, dei laghi, dei fiumi. Quindi, il polpo che oggi vediamo tra gli scogli del fondo non è uguale al polpo di qualche milione di anni fa (se già il polpo esisteva). Magari non gli assomiglia neppure, perché il polpo odierno ha subito una serie di mutazioni e adattamenti all’ambiente e certamente si discosta dalle caratteristiche anatomiche e fisiologiche del suo progenitore.

polpo in una conchiglia


L’origine delle specie

La storia evolutiva di ogni organismo, sia esso terrestre sia esso acquatico, prende il nome di filogenesi. Charles Darwin, il padre della teoria della evoluzione, nella metà del 1800 avanzò un’ipotesi scientifica sulle mutazioni degli esseri viventi in funzione dei mutamenti dell’ambiente, ipotesi che, in seguito verificata, divenne teoria. Da una serie di appunti di biologia evolutiva, riporto una sintesi efficace della teoria darwiniana dell’evoluzionismo: “…In natura, è l’ambiente a determinare il successo riproduttivo di individui e gruppi di esseri viventi, attraverso il meccanismo della selezione naturale, che promuove i caratteri adattativi ed elimina quelli svantaggiosi.”

Darwin pubblicò queste sue osservazioni nel 1859, nel suo celebre trattato “L’Origine delle Specie”. In seguito, studiando la teoria di Darwin, che si basa sulla trasmissione di geni vantaggiosi attraverso generazioni di individui, Gregor Mendel, nel 1895, diede un’organizzazione scientifica alle modalità di trasmissione dei geni secondo leggi di ereditarietà, osservando la trasmissione di alcuni caratteri da una generazione all’altra di piante di pisello. Nasceva, così, quella scienza affascinante che prende il nome di genetica e che in tempi moderni ha raggiunto mete straordinarie grazie al progresso della biologia molecolare.

I sub, testimoni della scienza della vita

Ritorniamo, comunque, al nostro mondo marino. Non vi sorprendete, ma anche i subacquei possono osservare, durante le loro escursioni sul fondo del mare, residui di antichi caratteri di alcuni animali marini (i caratteri ancestrali) che stanno scomparendo, e che, magari, fra un milione di anni o più saranno del tutto scomparsi. Possiamo fare l’esempio dell’osso di seppia, il residuo di un’antica conchiglia di cui questo cefalopode era fornito, ma poi, evidentemente, i caratteri necessari alla sua sopravvivenza nell’ambiente non ebbero più bisogno della conchiglia e, per sopravvivere, la seppia dovette elaborare altre peculiarità anatomiche e fisiologiche che sostituivano l’utilità e la funzione della conchiglia. Questa, dunque, iniziò ad atrofizzarsi e a scomparire perché inutile. La seppia oggi ne conserva un piccolo residuo, il famoso osso di seppia, con cui il cardellino in gabbia si affila il becco.

ossodiseppia_155752

Queste pagine vogliono essere una guida a queste nostre scoperte in fondo al mare, ma, per ovvi motivi derivanti dall’immensa ampiezza dell’argomento, dobbiamo limitarci, questa volta, a prendere in considerazione la filogenesi di un solo philum biologico. Ne abbiamo scelto uno decisamente interessante: quello dei molluschi.

L’importanza del celoma

Prima di addentrarci in una trattazione divertente dell’evoluzione dei molluschi, di cui scopriremo anche qualche “segno” durante le nostre escursioni subacquee della prossima estate, dobbiamo fare una precisazione: una delle distinzioni biologiche tra gli animali, marini e non, è la presenza o meno del cosiddetto celoma, una cavità contenente gli organi vitali. In maniera molto semplicistica diciamo che gli animai dotati di celoma sono detti celomati, mentre quelli che ne sono sprovvisti e che hanno gli organi direttamente “annegati” nella polpa corporea, sono detti acelomati, cioè senza celoma.
Non ci soffermiamo su ulteriori categorie di celomati, come gli pseudocelomati e gli eucelomati, poiché ciò sarebbe superfluo e inutile al nostro discorso. Ci limitiamo a precisare che gli organismi più evoluti, gli eucelomati, sono dotati di un celoma organizzato in membrane di divisione e di sostentamento degli organi, quindi più avanzato di un celoma “semplice”. Tra gli eucelomati, dunque, ci sono anche i molluschi. “Ma perché”, come scrivono i biologi Mitchell, Mutchmor e Dolphin nel trattato Zoology, “la linea evolutiva degli eucelomati ha avuto tanto successo?” I vantaggi adattativi all’ambiente, infatti, sono derivati anche dalla presenza del celoma, che ha consentito, nel tempo, di evolvere gli apparati nei sistemi più organizzati ed efficienti di tutto il regno animale. Quasi tutti gli eucelomati, infatti, tra i quali i molluschi, presentano un’anatomia e una fisiologia che consente la circolazione e gli scambi gassosi, elementi assenti nelle forme di vita prive di celoma. I molluschi cefalopodi, una classe in cui conosciamo bene il polpo, la polpessa, il calamaro, il totano e la seppia, sono animali che nel corso della loro storia biologica si sono evoluti non poco, quindi diremo che la loro filogenesi è abbastanza articolata e interessante.

Un misterioso progenitore

Ad esempio, i tentacoli del polpo derivano dal piede unico di un suo progenitore, che si è diviso in otto parti. Queste hanno poi assunto forma di tentacoli. Ma perché?
Evidentemente perché a un certo punto il polpo, per sopravvivere, ha avuto necessità di spostarsi sul fondo con una certa celerità e non con la lentezza di un gasteropode, quindi gli sono servite una sorta di zampe. In più, certamente aveva una conchiglia in cui infilarsi come in un rifugio, ma la nuova situazione dell’habitat in cui il polpo viveva ha determinato un processo di riduzione e scomparsa della conchiglia.
A questo punto, il polpo si è trovato non solo “senza casa”, ma anche molle e inconsistente, dato che la conchiglia, che in un certo senso gli faceva un po’ da struttura, se non di sostegno almeno di contenimento, era scomparsa.

polpo
A questo punto, sono entrati in gioco altri fattori evolutivi: la necessità era quella di far sì che il polpo si dotasse di una certa consistenza, si trattava di dargli una sorta di carattere di rigidezza, che solitamente offrono uno scheletro o un guscio come il carapace dei crostacei, che perciò viene indicato come esoscheletro. Ma qui la natura ha giocato bene, infatti nella storia evolutiva del polpo troviamo l’elaborazione di una serie di muscoli che, contraendosi, tengono l’acqua interna all’animale a una certa pressione (da uno standard di 35-40 mm di mercurio fino a un massimo di 80 mm in situazioni particolari) e questa ne irrigidisce il corpo di quanto basta a seconda della situazione contingente: si forma, quindi lo scheletro idrostatico o idroscheletro. Pe fare un paragone, pensiamo a un palloncino sgonfio e, quindi, di alcuna consistenza, poi, versiamoci dentro dell’acqua fino a metterlo in tensione: il palloncino adesso sarà diventato duro, come se avesse una vera struttura di sostegno.
polpo in piedi

Da animale primitivo provvisto di conchiglia, il polpo ha quindi acquisito, nella storia della sua evoluzione, la possibilità di spostarsi sul fondo con una certa sveltezza e di rendere il suo corpo turgido. Potrete verificare, durante le vostre immersioni, che questa seconda caratteristica viene sfruttata spesso dal nostro cefalopode. Se avrete la fortuna di osservare una murena che aggredisce un polpo, vedrete quest’ultimo gonfiarsi come un pallone da calcio e ritirare tutti i tentacoli all’indietro, per coprire e per proteggere quella grossa sfera che il suo mantello gonfio è diventato. A questo punto, la murena si troverà davanti un muro di robuste e dure ventose e la sua azione aggressiva diventerà molto più difficile. Avrebbe, invece, partita facile se si trovasse di fronte un animale molle e indifeso.

SONY DSC

SONY DSC

Dopo un po’ di tira e molla, arretrando sotto i morsi della murena, a un certo punto il polpo decide di raggiungere, nel minor tempo possibile, una tana sicura in cui infilarsi, possibilmente molto stretta, in cui la murena non possa penetrare. Adesso deve poter contare in una velocità che i suoi tentacoli non possono dargli, quindi si serve di un altro apparato che il suo escursus evolutivo gli ha fornito: mette in azione il jet e pompando acqua a pressione dall’imbuto, spicca il volo a reazione. La pressione viene fornita da muscoli presenti nel mantello, che azionano una sorta di pompa e che chiudono il bordo del mantello stesso, affinché tutta l’acqua sia convogliata nell’imbuto. Si potrebbe credere che questo idrogetto sia in grado di funzionare solo in una direzione, e invece il polpo può progredire in qualunque direzione, perché gli è possibile muovere l’imbuto, da cui fuoriesce l’acqua a pressione, e quindi mutare la direzione del getto e quella opposta della propulsione.

polpo e sub

Il cervello del polpo

I muscoli che azionano il getto d’acqua sono regolati da due grossi centri nervosi detti gangli stellati. Da qui, intuiamo che avendo addirittura degli organi cerebrali specifici per singole funzioni, il cervello del polpo debba essere abbastanza organizzato. In effetti, i sistemi nervosi dei molluschi cefalopodi sono tra i più organizzati reperibili nell’ambito degli invertebrati, quello del polpo in particolare. Pensate che esso presenta una trentina di centri funzionali, tre centri cerebrali che funzionano come banche di memoria, in cui, come riferiscono Mitchell, Mutchmore e Dolphin, “le informazioni sensoriali provenienti dalle esperienze passate vengono immagazzinate e recuperate quando si rendono necessarie.” Quest’ultima caratteristica è facilmente verificabile. Cercate un polpo in tana durante le vostre escursioni subacquee, non disturbatelo e mettetegli delle cozze davanti alla tana. Il giorno dopo ritornate e fate la stessa cosa e poi ancora così per diversi giorni. A un certo punto, noterete che il polpo non si ritirerà più profondamente nella tana al vostro sopraggiungere, ma resterà solo un po’ guardingo sulla soglia. Questo comportamento viene suggerito da quella zona del suo cervello che ha memorizzato le vostre azioni e vi ha catalogato come individuo non aggressivo. Contribuiscono al successo dell’esperimento alcune regole base, come calzare sempre gli stessi guanti e la stessa attrezzatura, per non cambiare aspetto ed essere facilmente identificabili dal polpo. È certo che il nostro amico ha una memoria a breve termine e a lungo termine, per questo ricorda le esperienze passate e, ovviamente, ne trae vantaggio nel suo comportamento.

Una esperienza indimenticabile

Da parte mia, riuscii a ottenere il massimo dei risultati possibili da un’esperienza del genere: ricordo, infatti, che il mio amico, il polpo Federico, si accoccolava sulla mia macchina fotografica e si faceva scarrozzare in lungo e in largo con gran gusto, poi, magari, di tanto in tanto se ne andava a zonzo lungo le mie braccia (era particolarmente attratto dall’orologio) e qualche volta mi si accoccolava in testa. Federico polpo amico (così lo avevo chiamato) era davvero straordinario!

Sono state fatte diverse esperienze sul comportamento del polpo e anche da queste si è giunti a conclusioni che sono state poi scientificamente accertate. Ad esempio, si sa che questo mollusco, forse come i cefalopodi in genere, non percepisce i colori, quindi fruirebbe di una vista in bianco e nero. Evidentemente, le varie tonalità dei grigi, dei chiari e degli scuri gli consentono capacità identificative che sostituiscono quelle basate sulla differenza di colori.

polpo e sub 2

Conclusioni

Volendo sintetizzare e trarre delle considerazioni finali sulla storia evolutiva del polpo e dei cefalopodi in generale, dato che seppia e calamaro presentano strette affinità, possiamo affermare che si sono evoluti tutti verso una maggiore efficienza, diventando più funzionali in relazione all’ambiente, certamente mutato anch’esso nel corso delle varie ere del pianeta. Accanto a tutto ciò, c’è stata anche l’acquisizione di una spiccata capacità neurosensoriale

polpo-giocherellone-elba

È un fatto che osservare il polpo con assiduità e attenzione sul fondo del mare può dare anche uno scopo in più alle nostre escursioni in bassofondo. Lo studio del suo comportamento ci porta a scoperte suggestive: osservate, ad esempio, quando atterra dopo un tratto in acqua libera coperto con il “suo jet”, osservate come si aprono le membrane intertentacolari mentre i tentacoli stessi si dispongono a raggiera, per formare una sorta di paracadute che gli procuri un atterraggio morbido. Osservate ancora come, una volta bloccati i muscoli che tengono l’acqua a pressione nel mantello, per formare il cosiddetto scheletro idrostatico, un polpo di un chilo di peso diventi di nuovo molle e duttile, per infilarsi, all’occorrenza, in un foro grande come una moneta da 1 euro.
polpo intanato

Eppure, nonostante il philum dei molluschi, invertebrati, sia così lontano da quello dei mammiferi, in questa storia evolutiva che sembra, a volte, accorciare le distanze tra le varie forme di vita e dare credenza all’ipotesi del progenitore unico per tutti gli organismi viventi, delle assonanze con i mammiferi traspaiono: il cervello con i centri cerebrali della banca di memoria, e poi l’accoppiamento con il contatto tra maschio e femmina e gli spermatozoi che non sono lasciati liberi in acqua, come accade con specie appartenenti ad altri philum biologici, ma vengono inoculati negli organi sessuali della femmina attraverso un organo copulatore.

Di fatto, dobbiamo ammettere che il nostro passato biologico ha numerose zone d’ombra, ma, di tanto in tanto, c’è qualcuno che con la lanterna della scienza riesce a fare luce a chi intraprende il lungo viaggio sulla via della conoscenza. Grazie, Mr Darwin!

 

Dott. Adriano Madonna, biologo marino, ECLab Laboratorio di Endocrinologia Comparata, Dipartimento di Biologia,Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Clicca per commentare

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top