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Recensione al libro di Saverio Napolitano su Giuseppe Isnardi

di Antonio De Vito
Copertina libro di Saverio Napolitano su Giuseppe Isnardi [1]

 

Cari amici della Redazione,
vi invio questa mia recensione su un libro di uno storico sanremese di origine calabrese che riporta alla ribalta un personaggio importante del Novecento.
Colgo l’occasione per inviare, a voi e ai Lettori di Ponzaracconta, sinceri auguri di Buon 2016, sperando che sia almeno sereno. Cordialissimi saluti.
Antonio De Vito

 

La Storia , si potrebbe dire e ribadire, non abita più qui. Schiavi del presente e della TV rumorosa e dispersiva, dei giornali pieni di tutto e di più, tante cose effimere fra tanta pubblicità, ma poveri di tutto quello che va sotto il nome di memoria, siamo distratti e persi nel quotidiano della politica, delle nefandezze della cronaca, del bla bla e del cicaleccio dei talk show.
Della Storia e in genere del passato, non ci importa più. Così pare. Ma sentiamo nel nostro intimo che ci manca qualcosa. Che il filo che ci lega alle nostre radici non può rimanere spezzato. Ci manca la visione d’assieme che lega il tempo d’oggi all’eredità di ieri.
Noi siamo perché ricordiamo, perché non dimentichiamo. Per completezza del vivere. Per capire meglio il mondo in cui viviamo. Per farla breve, abbiamo bisogno di nutrirci di conoscenza.

Cosa c’entra questo con il libro su Giuseppe Isnardi? C’entra. Perché leggendo queste pagine colmiamo un vuoto, entriamo in un territorio che ci era sconosciuto.
L’autore, Saverio Napolitano, ha fatto un lavoro di scavo e recupero di fatti e circostanze che non solo merita conoscere, ma che in un certo senso, è necessario conoscere. E lui ci fa da preziosa guida per l’esplorazione.

Così eccoci subito a contatto con un personaggio – Giuseppe Isnardi -, di cui molti non sanno nulla. E siamo subito in grado di scoprire chi è stato, quello che ha realizzato, e ciò che ancora ai nostri giorni può insegnarci.

Isnardi ha dedicato la sua vita all’istruzione, all’alfabetizzazione degli ultimi, collaborando alle fortune dell’ANIMI, la benemerita Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia.
Era un intellettuale nato nel 1886 a Sanremo, ma la città rivierasca non gli ha ancora dedicato una via, o una piazza, come ha fatto per altri suoi figli illustri, da Italo Calvino a Carlo Dapporto. È un altro segno dei tempi, della trascuratezza dei tempi.
Isnardi studiò nella Torino di inizio secolo, vi si laureò nel 1907, pochi anni dopo vinse un concorso per il ginnasio superiore, destinazione Catanzaro. Così cominciò il suo impegno per il riscatto di un pezzo di Sud, la terra di Calabria da cui proveniva. E per me, a che pure nel Sud ho le mie radici, è stato affascinante scoprire l’amore che lo spinse a correre in aiuto di popolazioni fra le più disgraziate del nostro Paese, per favorirne la crescita.
Fino al periodo 1921-1928, quando l’ ANIMI gli affidò la gestione di tutte le sue scuole primarie calabresi. Quindi in primis la lotta all’analfabetismo, partendo dall’abc. Un grande merito.

Isnardi era soprattutto un uomo di scuola, uno che faceva del cattolicesimo sociale il suo credo, ma anche uno studioso della sua regione, che analizzò a fondo in un famoso libro , opportunamente ristampato di recente, “Calabria geo-antropica”.

Calabria geo-antropica. Cover [2]
Nell’introduzione lo storico Napolitano, anche lui innamorato della sua regione – e non potrebbe essere altrimenti -, sottolinea la missione civile di Isnardi in Calabria, che per lui non doveva essere soltanto terra di favole antiche e del sublime-pittoresco, “ma un mondo da recuperare alla sua effettiva dimensione storica e dignità umana”. Quindi, fra gli strumenti del proprio riscatto, “primo fra tutti l’istruzione di base, intesa come indispensabile propedeutica alla cittadinanza, fortificata dai valori di unità e solidarietà propugnati dal Risorgimento”.

Quanto alla geografia, l’interesse dello studioso Isnardi non si fermava al generico aspetto naturalistico – positivista, ma ne esaltava l’aspetto di “voce umana e viva della storia”.
Non solo montagne, la Sila, il territorio aspro, i laghi, la bellezza dei posti, ma il fattore umano. Scrive Napolitano: “In una lettera a Corrado Alvaro, del 24 agosto 1950, Isnardi manifestava il proprio sentimento di infinita gratitudine alla Calabria, percepita come una terra che “ci rivela un mondo …in tutta l’umile, religiosa magnificenza della realtà”. Per lui la Calabria fu una soglia, un limite, un confine, una frontiera, il cui oltrepassamento, facendosi quasi catecumeno come apprendista italiano, gli rese più completa e articolata l’immagine della nazione e più consapevoli i propri compiti di cittadino”.

Giustino Fortunato (leggi qui [3]), altro grande meridionalista, scriveva della natura matrigna del Mezzogiorno. Ebbene, ed è questa la chiave di lettura moderna di Isnardi, il sottosviluppo non era dovuto alla natura fisica ma a quello che in quella natura avevano combinato gli uomini. E all’epoca, parlandone oggi, non c’era ancora la potenza micidiale e “mondiale” connaturata al tessuto sociale della ‘ndrangheta, non c’erano ancora stati i giorni dei boia chi molla a Reggio Calabria, la rivolta stracciona dei primi anni 70. Altra Storia da ricordare, e sulla quale non ci piace riflettere. Chiamiamola , se vogliamo, distrazione.

Tornando a Isnardi, ci ha lasciato una mole enorme di scritti, corrispondenza con Giustino Fortunato, Giuseppe Lombardo-Radice, Umberto Zanotti Bianco, diari, disegni, un mare di fotografie, manoscritti e appunti, un immenso patrimonio da studiare , un archivio storico dell’ANIMI, dentro al quale ha indagato Saverio Napolitano.

Questo suo libro ha significativamente come sottotitolo: “Coscienza nazionale e meridionalismo”. Che è il leit motiv dell’impegno di Isnardi durante tutta la sua vita. E che a mio giudizio è anche il clou dell’interesse per il lettore di oggi.
Tra Nord e Sud, in un mondo difficile come era quello del primo Novecento, prima e dopo la grande carneficina della guerra mondiale, e per quanto riguarda la Calabria, il dopo terremoto calabro-siculo del 1908, che commosse tutta l’Italia e fece scattare la solidarietà del Paese, delle regioni più moderne e più ricche nei confronti dei più derelitti di tutti.

Dobbiamo per forza storicizzare e capire quei tempi. Per questo Isnardi e la sua “missione”, il suo interesse civile per il mondo degli ultimi, i fratelli più poveri della sua Calabria, ha un senso di attualità, di stretta attualità adesso che il Sud, quel Sud, soffre ancora per il non lavoro, e costringe i suoi giovani ad andarsene, come mezzo secolo fa tanti di noi hanno fatto. Isnardi scelse di tornare, e di lavorare lì.
Uomo di scuola e di progresso, anche se poi si scoprì vicino al regime, forse più per opportunismo che per convinzione, cioè per poter continuare il suo lavoro.
Le tappe e le motivazioni sono scandite nel libro.

L’autore, anche lui sanremese nato in Calabria, con all’attivo numerose pubblicazioni e ricerche storiche, sul Ponente ligure, sulla Resistenza, sul territorio d’origine indagato nel corso degli anni, ha fatto un lavoro da certosino per illustrare ogni lato dell’impegno di Isnardi. Riuscendo a farci apprezzare il personaggio e le sfaccettature del suo impegno in quella che una raccolta di suoi scritti ha identificato come “frontiera calabrese”.
Ecco, con questo libro varchiamo quella frontiera, vecchia frontiera, sì, ma anticipatrice di quella odierna, per cercare di comprendere meglio alcuni fondamentali della storia italiana dall’Unità in poi. E quello che è stato lo sforzo degli uomini abbandonati del Sud per riscattarsi , valorizzarsi e redimersi.
Che ci siano poi riusciti è questione aperta, anche adesso che siamo Europa.
Abbiamo ancora molto da imparare, da faticare, da scoprire. La coscienza nazionale non è ancora completa, il Meridione è ancora maltrattato da tutti, dai “foresti” ma anche da tanti suoi immemori abitatori, la cultura si nutre di parole spesso vuote. Spesso ci cascano le braccia.

Forse è proprio vero, la Storia non abita più qui.
Motivo in più per cercare di farla rivivere. Come maestra del nostro barcamenarci quotidiano.

Antonio De Vito

 

Nota di Redazione
Di Antonio De Vito sul sito abbiamo ospitato altri scritti, per lo più relativi ad un suo libro biografico sul padre: “Il sovversivo col farfallino – Destinazione Ponza” (leggi qui [4])

Il-sovversivo-col-farfallino [5]