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Epicrisi 47. La cultura e poi… una valanga!

di Vincenzo Di Fazio (Enzo)
la-cultura-è-apertura [1]

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Quando capita a me dover scrivere l’epicrisi mi chiedo sempre se ciò che è passato sul sito nel corso della settimana abbia suscitato o meno interesse nei lettori, se gli scritti siano stati capaci di apportare un contributo ai problemi dell’isola, se le parole siano state in grado, al di là del loro senso, di toccare le coscienze e di rimuovere, soprattutto di questi tempi, il torpore in cui inesorabilmente cade l’isola. In termini più complessivi di fornire un contributo al recupero della storia e della cultura di Ponza, “missione” per la quale è nato innanzitutto questo sito.

La settimana appena trascorsa, fin dai primi giorni, si è palesata, attraverso gli scritti che venivano man mano pubblicati, interessante e variegata e così è proseguita, al punto da indurmi oggi ad affermare che gli argomenti hanno toccato il passato, il presente ed il futuro dell’isola.

Verso mercoledì, visti gli articoli – sul marketing territoriale, sulla pesca artigianale e la conservazione del mediterraneo, sull’evoluzione della rappresentazione cartografica delle Isole Pontine nel vicereame di Napoli – mi sembrava di avere di fronte la “settimana della cultura”, una cultura a più tinte, considerato i commenti che ne sono scaturiti in alcuni casi e visto, in altri, la materia di alcuni temi chiaramente esorbitanti i confini dell’isola.
Mi riferisco peculiarmente alla presentazione a Roma del libro di Leonardo Lombardi [2] “La tecnologia idraulica nella Mesoamerica precolombiana” che con Ponza ha a che fare, oltre per la grande conoscenza e interesse che l’Autore ha per Ponza, per via di alcuni riferimenti agli ingegnosi e, per certi versi, unici sistemi idraulici ed agricoli che i romani impiantarono nella nostra isola (quanta materia per lo sviluppo di un turismo alternativo!).
Anche l’articolo in spagnolo di Arturo Gallia su L’evoluzione della rappresentazione cartografica delle Isole Pontine nel vicereame di Napoli – secoli XVI-XVIII [3]proietta Ponza in una dimensione spaziale e temporale più ampia degli stretti confini dell’isola.

Cartògrafos para toda a Terra [4]

La precedente settimana era stata dominata dalle discussioni sul dialetto e questa era iniziata, in abbrivio, con lo stesso tema. A proposito di dialetto sembrava quasi che la parola definitiva dovesse metterla Giggino [5] che rifacendosi ad un rimbrotto della buonanima del maestro Scotti afferma, nel suo appuntamento settimanale del venerdì, che il ponzese non si scrive ma si parla solo.
Per fortuna ci sono stati altri contributi grazie ai quali appare chiaro che il ponzese è un dialetto vero e, in quanto tale, è argomento serio ed importante.
Sul dialetto tornerò in seguito.
 Ma andiamo per ordine.

Noi della redazione abbiamo un piccolo strumento per verificare l’interesse che gli articoli suscitano nei lettori: quello del numero delle persone che li leggono.
Ebbene devo dire subito che il tema che ha catalizzato di più l’attenzione è il ritorno del mercato a Ponza porto, argomento che già nel 2013 per un articolo a firma di Michele Rispoli (rispolverato per l’occasione da Vincenzo Ambrosino) stimolò la bellezza di 17 commenti.
Il-mercato-settimanale [6]
Questa volta l’annuncio della notizia, ripresa dalla stampa, non è stata da meno e sono venuti fuori anche vecchi rancori. Dalle cose scritte (leggi qui [7] e qui [8]) e dall’analisi fatta da alcuni, sotto l’aspetto sociologico, si potrebbe trarre quasi un trattato; manca però una proposta condivisa che contemperi l’esigenza di dedicare al mercato uno spazio che non crei problemi di congestione, che sia raggiungibile da tutti, uno spazio in cui le bancarelle si integrano ed interagiscono con i limiti del posto in cui si collocano.
Dato per acquisito che il mercato deve essere un servizio per tutti ma soprattutto per gli isolani e che un mercato deve poter offrire di tutto, se il tutto non entra in un luogo lo si può anche distribuire.
I siti di cui ho sentito parlare sono la banchina nuova, Giancos, Calacaparra… Ma se ne potrebbero aggiungere altri che in passato sono stati utilizzati come il piazzale di Chiaia di luna o nuovi come Santa Maria. Perché allora non pensare ad un “mercato diffuso”? Con un numero contenuto/limitato di possibili bancarelle da mettere a concorso per il porto, un altro per Santa Maria, un altro per Giancos, un altro ancora per Calacaparra e così via, con costi diversi per l’occupazione del suolo o con l’obbligo della rotazione (il che consentirebbe, a mo’ di esempio, che un martedì l’abbigliamento lo troviamo al porto, un altro martedì lo troviamo alle Forna).
Nel giorno di mercato un servizio navetta messo a disposizione dal Comune, magari con un piccolo contributo sottratto alla tassa pagata dai commercianti, potrebbe fare la spola tra i diversi punti.

Si eviterebbe la congestione, i ponzesi avrebbero delle bancarelle di cui potersi servire durante tutto l’anno e il “mercato diffuso di Ponza” potrebbe diventare anche un’attrazione turistica…
Ne hanno dette tante… ho detto pure la mia.


C’è un altro argomento importante affrontato in questa settimana e destinato probabilmente ad essere ancora discusso: quello relativo al nuovo utilizzo della tensostruttura di Cala dell’Acqua da parte della Polisportiva di Ponza. Ne parla in maniera diffusa e partecipata Vincenzo Ambrosino nel suo articolo “Un sogno può essere solo gratis [9]”.
porteraperte [10]

Bella iniziativa per Ponza, ma soprattutto per Le Forna che può trovare nella presenza e nell’utilizzo di questa struttura polivalente la possibilità di riscattarsi come territorio e come vita associativa.
Peraltro lo sport non può fare che bene; allontana i cattivi pensieri, aggrega, rafforza il carattere e stimola la sana competizione. 

La gestione di una struttura del genere ha dei costi per il cui recupero – ho letto – ci sono perplessità e disappunto da parte dei potenziali fruitori. Il giusto, a mio avviso, sta nel mezzo e la proposta contenuta nel commento di Silverio Lamonica può essere una delle strade da percorrere per assicurare anche ai meno abbienti la possibilità di utilizzare i servizi della tensostruttura.
Si tratterrebbe, in definitiva, di applicare in maniera un po’ più ampia il concetto, sancito dall’art. 53 della Costituzione, secondo il quale tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva. Ricordiamoci sempre che per troppi anni ci hanno lasciato credere che c’era una Mamma-Stato che pensava a tutto ed oggi ci ritroviamo a vivere in un paese che a fronte di una pressione fiscale tra le più alte al mondo non è in grado di assicurare un’adeguata offerta di servizi sociali a causa dell’enorme debito pubblico che ha sulle spalle.


Interessanti spunti vengono da due studi che hanno per oggetto la nostra isola (dicevo prima della settimana della cultura).
Attraverso Vincenzo Ambrosino apprendiamo dell’esistenza di un “opuscolo” sul marketing territoriale [11]. Si tratta di uno studio fatto, lo scorso anno, dalla dr.ssa Camilla Rumi avente per titolo “Le potenzialità turistiche dell’isola di Ponza”. Troppo importante la materia (parliamo del futuro di Ponza!) per definirla in poche battute. Confidiamo che i risultati della ricerca diventino oggetto di una esposizione e di un dibattito pubblico a cura dell’amministrazione che ha commissionato il lavoro.
Dal canto mio ho preso contatti con il consorzio che ha editato la pubblicazione per averne intanto una copia.

Martedì 24 c’è stato il Convegno a cura della Ecosafimed dell’Università di Genova su Pesca artigianale e la conservazione del Mediterraneo, nell’ambito del quale sono stati illustrati i risultati di un’indagine condotta nell’estate 2014 attraverso il coinvolgimento di un gruppo di pescatori cui sono state fornite le linee guida per una pratica di “pesca responsabile”, una pesca educata al rispetto dell’equilibrio del nostro mare.
Ce ne parla Rosanna nel suo interessante articolo “Il convegno a Ponza. Dalla ricerca ad un piano di protezione? [12]” cui fanno seguito i commenti di Biagio e Vincenzo da cui trapela un certo scetticismo nei confronti di tali ricerche.
Le indagini, gli studi non sempre portano a delle certezze; anzi a volte seminano dei dubbi.
 Sta a noi evitare che i dubbi non restino tali e le cose dette non siano sterili; non basta, a mio avviso, esternare il proprio pensiero sostenitore di una certa posizione. A volte più che una mostra di idee è necessario un laboratorio fattivo di idee.

Non mancano gli argomenti riguardante il sociale e i problemi della quotidianità. 
Ce ne dà conto la Rassegna Stampa [13], rubrica creata apposta per portare in casa dei nostri lettori il maggior numero di notizie che riguardano la vita cittadina, il presente e il suo futuro.

Affidate alla stampa, di particolare interesse sono le iniziative del Comitato Rinascita per Ponza (uno dei pochi esempi di attivismo isolano) sul problema delle tariffe dell’acqua [14]e sul contributo sociale non assegnato al centro Veliero delle Forna. 



Tanto impegno, quindi, nelle cose finora dette che delineano i contorni di una parte dell’isola che è viva seppure problematica, che si contrappone a quella sonnolenta, abitudinaria, un po’ pigra ma altrettanto vera e problematica che esce fuori dalla descrizione di “Questo tempo e questa isola [15]” di Francesco De Luca.


Sfogliando la settimana c’è poi l’isola dei ricordi, quella dei racconti di Dante: l’isola dello storico Caffè [16]Tripoli [16] e dei tempi delle immersioni di Zecchetiell e Mimi Dies [17].

Caffè-Tripoli_1 [18]
C’è la Ponza dell’inverno isolano di Franco, musicata e cantata da Tonino Esposito [19].
 C’è l’isola con le sue bellezze che Giancarlo Giupponi [20] ci fa vedere dall’alto.

faro-di-zannone-foto-di-giancarlo-giupponi [21]
C’è, infine, l’isola di Nicolas Aversano [22] che, argentino, viene a Ponza per conoscere la terra dei suoi avi ed affida al mare e al nostro sito mentre la nave lascia il porto, le sensazioni provate in quel posto così poco conosciuto nel mondo ma stranamente così familiare.

emozioni [23]

Non manca nemmeno San Silverio la cui devozione non ha confini e non ha età grazie alla conservazione gelosa di alcune sue antiche immaginette [24] custodite in una vecchia busta gialla di cui ci parla Eduardo Filippo.
E per chiudere riprendo il tema del dialetto che irrompe nella settimana con le poesie “‘U viente ‘i stanotte [25]” (mia), “‘A dint’ u scoglie russo [26]” di Francesco De Luca, “Isola mia sovrana [27]” di Franco Schiano.

Il dialetto fa parte della nostra identità culturale, la circostanza che ci spinge a riportarlo in prosa o in poesia trae origine dalla necessità del suo recupero e dalla voglia di diffondere, per quanto possibile, la sua pratica per tramandarlo al futuro. Sandro con l’articolo “Risposta sul dialetto (2) Sintesi e ricomposizione [28]” ha delineato in linea di massima “il codice comportamentale” che la redazione ha inteso adottare in presenza dei lavori che vengono proposti, nella consapevolezza che non ci sono regole certe e che al miglioramento ed alla condivisione non c’è mai limite. È stato fatto un lavoro che non va buttato a mare.
Più che azzuffarci e, ognuno per proprio conto, imporre la propria idea di dialetto, collaboriamo.
Pensiamo, perciò, ad una ipotesi di “scuola” a Ponza in cui parlare con le nuove generazioni del dialetto e della sua importanza come valore culturale e identitario.
dialetto [29]

Lunga questa epicrisi come “densa” di articoli e di commenti questa settimana: 29 pezzi, 52 commenti e 6 articoli di stampa, forse, non si erano mai visti.
A chi ha avuto la pazienza di leggere fino alla fine dico grazie.
A tutti buona domenica.