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Mare d’inverno

proposto da Silverio Lamonica
Vento e mare di grecale [1]

 

Levante, ponente, maestrale, libeccio, scirocco… Eolo si diverte a sbrigliare queste sue “creature” quasi sempre in coppia: “scirocco e levante … ponente e libeccio …” tanto per complicare la vita a noi isolani che d’inverno, quasi ogni giorno, con loro dobbiamo misurarci. Tant’è.

Ma del mare aveva dimestichezza anche il poeta nuovaiorchese Clinton Scollard (1860 – 1932), tanto è vero che ci ha lasciato la seguente simpatica poesia:

        

The Winter Sea

Landward the breakers roll and run,

The gray-white ospreys near and flee,

Beneath the long slant winter sun

Beside the winter sea.

With chilly gleam the shingle shines;

The sand with icy umber glows;

Back from the beach the stunted pines

Stand somber in the snows.

The horizon shows a steely glint,–

A line of pickets white patrolled;

The empty zenith holds the hint

Of cruelty and cold.

The north-wind clarions; ’tis a dirge,

A requiem, a threnody,

Keyed to the sad sound of the surge

Beside the winter sea.

.

Nel tradurre ho usato l’endecasillabo “dannunziano” di “I Seminatori”, formato da un quadrisillabo e da un settenario:
“Van per il campo i validi garzoni / guidando i buoi da la pacata faccia/… per i primi tre versi, cercando così di “riprodurre” il suono delle onde del mare che, schiumando, si avvicinano alla riva dove si infrangono con un ritmo più celere: il settenario finale di ciascuna strofa come del resto accade nel testo originale con il senario (forse non a caso i due poeti erano contemporanei!).

E’ la sensazione che provo quando ammiro il mare di “ponente” a Chiaia di Luna, specie in inverno; nel nostro scenario isolano l’unico elemento che manca, perché rarissimo, è la neve.

Surfer. Immagine da Flickr [2]

 .

Mare d’inverno

.

Rullan veloci i barilotti a terra,

voli fugaci delle berte grigie,

domina il sole quel vibrare d’ali

al mar d’inverno accanto.

Brilla la ghiaia in un barlume freddo;

ombra glacial la sabbia pur risplende;

dietro la spiaggia ritti pini scarni

son tristi tra la neve.

Lama d’acciaio luccica lontano,

bianchi paletti veglian l’orizzonte;

il vuoto zenit un accenno reca

di crudeltà e di freddo.

Borea intona una triste nenia

un mesto requiem, una trenodia;

modula il canto al fragor dell’onda

al mar d’inverno accanto.

Nota

Il 3° verso della prima strofa = al di sotto della lunga inclinazione del sole invernale” è stato adattato con “domina il sole quel vibrare d’ali” che richiama il verso precedente. E così è accaduto per qualche altra espressione che specie gli esperti “madre-lingua” non mancheranno di notare.

Del resto la poesia è qualcosa di ben diverso da un atto notarile o da un certificato di stato civile, dove è indispensabile la traduzione fedele e giurata di ciascun vocabolo. Con la poesia esprimiamo sensazioni e sentimenti; sovente, per “trasportarli intatti” da una lingua all’altra, dobbiamo adattarvi locuzioni e vocaboli a volte diversi, occorre però cercare un punto d’incontro fra la traduzione e l’interpretazione, il che non sempre è facile.

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Di Silverio Lamonica, in condivisione con www.buongiornolatina.it [3]