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Io, i capperi, li odio..! (1)

di Sandro Russo
Cappero. Fiori e boccioli [1]

 

Sono sobbalzato sulla sedia quando, nel corso di una cena tra amici, ho sentito questa frase: “Io i capperi li odio!” pronunciata con voce forte e chiara da una voce femminile alla mia destra.
Perché io invece, come tutti i ponzesi, i capperi li amo, non tanto e non solo come specialità gastronomica, ma come simbolo: della libertà, degli spazi aperti, di una vita affacciata sul mare…

Il fatto è che a Ponza il cappero è una specie di totem: ne abbiamo parlato sul sito, dei capperi [2], come una delle passioni botaniche dei ponzesi… [chi è curioso può accedere ai nove (!) articoli pubblicati sul tema, digitando – Passioni botaniche ponzesi – nel riquadro CERCA NEL SITO, in frontespizio].

Conosciamo bene le sue capacità di intrufolarsi nei muri e di colonizzare le zone più inaccessibili, anche a picco sul mare. Ammiriamo anche la sua resistenza a lasciarsi addomesticare: si fa pure, ma l’impresa presenta le sue difficoltà e i suoi tempi… Per esempio quella del cappero è una coltura diffusa e redditizia “in pieno campo”, a Pantelleria (leggi qui [3]).

Capperi Pantelleria.2 [4]

Pensavo – nella mia limitatezza di eredità isolana – che tutti amassero i capperi, oltre ai ponzesi e ai panteschi… anche i buongustai, i botanici, le formiche, le capre…
Per questo sentire ‘la voce’ affermare il contrario mi ha fatto sobbalzare!

La categoria cui apparteneva (appartiene) la voce è quella degli archeologi e in genere dei restauratori di monumenti antichi. Ad essi la caratteristica del cappero di insinuare le sue radici nelle mura antiche e con un lavorìo inapparente di decenni – molti decenni: il cappero è una pianta longeva! – dissociare le pietre e indebolire la struttura, è sommamente invisa.

Ne sanno qualcosa le mura romane dove il cappero alligna e prospera…

Capperi al Palatino [5]

Capperi sulle Mura Labicane a S. Lorenzo [6]

Mura romane nei pressi di Viale Castrense [7]

Capperi sulle mura romane. Sopra, al Palatino; al centro sulle mura Labicane a S. Lorenzo e, sotto, su viale Castrense 

Responsabile di questa proprietà è la pressione radicale delle piante in genere; del cappero in particolare. Le piante calcicole hanno un apparato radicale dalle eccezionali capacità di penetrazione perché oltre alla pressione radicale (su base osmotica), dalla radice vengono emessi essudati acidi che attaccano la malta (a base di carbonato di calcio, specie quelle più antiche).

Le piante con caratteristiche dissocianti – tra cui i capperi – non sono neanche il male maggiore per i monumenti; niente di comparabile al fico per esempio, anche per la rapidità della crescita, rapida e destruente.

Il fico nostrano (Ficus carica, così detto non perché ‘carico di frutti’, ma perché originario della Caria, regione dell’Asia minore) ha insieme capacità dissocianti e avviluppanti, altre specie del genere Ficus hanno preponderante la seconda caratteristica (Ficus macrofilla o magnolioides, per esempio, ficus elastica,  ficus religiosa).

Ficus_macrophylla. Subspecies culumnaris [8]

Il luogo al mondo dove questa caratteristica delle piante di avvolgere i manufatti dell’uomo è visibile più che altrove è al sito archeologico di Angkor in Cambogia: qui le piante hanno talmente avviluppato i monumenti che la loro eliminazione farebbe crollare la maggior parte delle strutture del sito (ne riparleremo…).

Angkor.1 [9]

Angkor.2 [10]

Angkor.3 [11]

L’albero le cui enormi radici carnose infiltrano – ma al contempo tengono insieme – alcuni dei monumenti di Angkor è Ceiba pentandra, Fam. Malvaceae (anche conosciuto come Kapok o Silk cotton tree). Altre piante tipicamente invasive e avvolgenti (nella terza foto della serie qui sopra le loro radici sono sovrapposte a quelle del Kapok) sono varie specie di Ficus [Ficus religiosa (pipal) e Ficus bengalensis (banyan)]

Ma per tornare a piante e a situazioni più vicine a noi, ci sono storie di capperi abbastanza famosi, come quello che aveva colonizzato la parte superiore del portale della cattedrale di San Siro, a Sanremo – in dialetto ”u tapanu de San Scì” – la cui presenza è documentata perfino in antiche stampe, che fu rimosso nel 1985.

Presenza storica del cappero in un'antica stampa [12]

Sanremo. Portale con cappero [13]

Il cappero di Sanremo in piena vegetazione [14]

Sviluppo delle radici alla rimozione [15]

Molti cittadini di Sanremo, soprattutto quelli che per molti anni l’avevano visto crescere, ancora oggi non si sono rassegnati alla sua scomparsa, benché fossero state ampiamente spiegati all’epoca i motivi che avevano indotto le autorità locali e la Sovraintendenza a prendere la radicale decisione. Fu fatta la promessa di posizionare in una sede contigua uno speciale contenitore di ardesia con un cappero della stessa specie, ma non pare sia stata mantenuta…

Basilica-collegiata-cattedrale-di-san-siro [16]

 

Il problema dei capperi, dal punto di vista archeologico e della conservazione dei monumenti, non è di poco conto.

Nel prossimo articolo su questo argomento conosceremo il punto di vista di una persona che lavora in questo campo: aveva detto che odiava i capperi, è vero! …ma parlandoci non è poi così cattiva!

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[Io, i capperi, li odio..! (1) – Continua]