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Foto. Quella lontana adunata per San Silverio (2)

a cura di Franco Zecca, Anna Maria Usai e Sandro Russo 

Per l’articolo precedente sulla stessa raccolta di foto, leggi qui
Per l’articolo-portfolio del marzo 2011 di Lino Catello Pagano, leggi qui [1]

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Riprendiamo ancora una volta tra le mani la raccolta di foto di una lontana processione di San Silverio (del 20 giugno 1948 o 1949) da un contributo di Lino Catello Pagano al sito ai suoi inizi.

Sfogliamo di nuovo quelle foto, rivediamo quei visi assorti nella ‘funzione religiosa’, alla luce dei contributi di alcuni lettori e del paziente lavoro di scavo di Franco ed Anna Maria, con qualche considerazione finale di Sandro.
Delle singole foto – cliccarci sopra per ingrandirle – sono evidenziati i particolari salienti, naturalmente in base alle nostre conoscenze e ai ricordi personali; va da sé che ogni lettore può inserirsi con i suoi riconoscimenti e commenti…

ss17. Better [2]Foto ss17

ss17. Mimì ('u barbiere) e 'u Parrecchiane [3]

‘U Parrecchiane sulla dx del ritaglio e Mimì ‘u barbiere, il marito di Angelina De Luca sulla sin.

ss17. Don Gennaro [4]

ss17. Ritaglio. Don Gennaro e Maria Migliaccio [5]

Don Gennaro Sandolo; alla sin del suo volto Maria Migliaccio (sorella di Luciana di Ernesto), poi moglie di Pinuccio Conte  e futura madre di Margherita e Ciro (trasferiti a Padova). Vedi anche in quest’altro articolo di approfondimento su foto [6]

ss18. Better. Parrecchiano e muri grezzi Chiesa [7]

Foto ss18 – ‘U parrecchiane in postura ieratica. Notare i muri ancora grezzi del prolungamento della Chiesa, voluto da don Luigi: nel ’48-’49 completato, ma evidentemente non ancora intonacato. Tra la folla, di profilo, nella parte dx della foto, è possibile riconoscere Cesare De Luca, padre di Franco (meglio in una foto successiva)

ss19. Better. Muri grezzi Chiesa [8]

Foto ss19. Qui il muro grezzo è evidente su una maggior estensione. Notare anche che nella barca di san Silverio i garofani sono disposti alla rinfusa, non solo le teste in un tappeto continuo, come adesso

ss20. Better. Mimì e Parroco [9]

Foto ss20. Circa al centro della foto, in giacca e cravatta e garofano all’occhiello, Silverio Conte – Veruccio Domogàs – (segnalazione di Biagio Vitiello)

ss20. Ritaglio. Mimì e Parroco [10]

ss20. Ritaglio. Cesare De Luca [11]

In alto il Parroco con Mimì alla sua destra (a sin. della foto); in basso, Cesare De Luca

[La foto ss21 manca dalla raccolta. Lino, ti è sfuggita o è perduta?]

ss22. Better. Case sullo sfondo [12]

Foto ss22 con le case sullo sfondo, rispetto al piazzale della Chiesa; sono quelle dello slargo della Parata – via Umberto ! –  dopo l’hotel Bellavista (non visibile nella foto): quella del notaio De Martino. All’estrema dx, la casa sopra quella di Ciro Iacono, dove per un periodo hanno abitato Luisa e Silverio Guarino

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Guardando queste immagini – rare e preziose di un tempo che fu -, sono restato colpito dalla loro pregnanza/intensità che non ho potuto fare a meno di confrontare con la pletora delle foto con cui abbiamo a che fare attualmente.
Cos’è che distingue quei volti – quelli della generazione precedente alla nostra, reduce dalla Guerra e ansiosa di accingersi alla ricostruzione –  dalla insignificanza attuale?

Mi è sembrato di trovare una (parziale) risposta in una recensione di Michele Serra – su “Repubblica” del 15 ottobre scorso -,  al nuovo libro di Walter Veltroni “Ciao” (Rizzoli, 2015), in cui l’Autore sessantenne immagina di incontrare il padre, morto a trentasette anni, quando lui aveva un anno appena.

Ciao. Romanzo di Walter Veltroni [13]

Chiosa Serra (qui sintetizzato nei suoi punti salienti):
“È esistito un tempo in cui «la memoria non era utile»? Nel quale il presente era così significativo, così pieno di senso, che non c’era il tempo materiale per i ricordi? E se fosse effettivamente esistito, un tempo così energico e così libero, come non invidiare i suoi protagonisti, lanciati verso il futuro? (…)
(…) l’Italia rinasceva, ognuno pensava solo al cammino da fare, e conservare traccia del percorso era l’ultimo dei pensieri.

(…) Una volta chiuse le pagine del libro, mi sono chiesto se l’ingombro dei nostri ricordi non stia diventando — non trovo altra parola — un problema. (…)

Eppure c’è, nelle parole del figlio, quasi una timidezza nel rivendicare la propria statura personale e politica, quasi una ammissione di “minorità” rispetto alla breve ma fortunata avventura paterna. (…)
(…) Un’ammissione di sconfitta — la sconfitta delle grandi speranze politiche degli anni Sessanta e Settanta — al cospetto di una vittoria, forse la sola vera vittoria dell’Italia repubblicana: essere riuscita a nascere, a darsi una Costituzione, una fisionomia sociale, culturale, politica. (…)
(…) …il sospetto che la mia generazione, quella dei sessantenni, patisca una sua specifica incompiutezza: si porti addosso un “complesso della sconfitta politica” in vistosa contraddizione con i valorosi esiti professionali e personali conquistati sul campo”. (…)