Ambiente e Natura

Allerta Meteo: un’occasione di riflessione

di Vincenzo Ambrosino
Allerta Meteo

 

Il Sindaco di Ponza – a seguito di due “Allerta Meteo” diramate dalla Regione – ha emesso altrettante ordinanze di chiusura delle scuole.
Non è successo niente di quello previsto: niente temporali, niente grandinate, niente bufere di vento per cui tutti – il giorno dopo – si sono svegliati con il sorrisetto e hanno potuto dire: “Governo ladro la colpa è tua se qui non diluvia e i nostri figli stanno tra i piedi a rompere!”

Ma al di là delle battute, anche se l’isola è raramente investita da grossi disastri, l’allerta meteo è una cosa seria ed è soprattutto quando i fenomeni previsti non si verificano che si ha il tempo di riflettere e capire dove e come intervenire per evitare o limitare i danni quando veramente ci si dovesse trovare in balia della furia dei fenomeni naturali.

Il dottor Biagio Vitiello – commentando la seconda chiusura delle scuole a seguito di allerta meteo – ha ricordato che l’unica scuola che si trova in una zona alluvionale è quella di Santa Maria e per prevenire: “bisogna assolutamente ripulire il canale che raccoglie le acque piovane intasato da materiali di ogni tipo”.
Mi sembra che alcuni lavori di ripulitura di quel corso siano stati eseguiti l’anno scorso dalla Protezione Civile, ma mi chiedo se siano sufficiente a scongiurare il pericolo di un’alluvione. Ma poi, siamo sicuri che quella sia l’unica zona a grave rischio idrogeologico?

Mi ricordo che qualche anno fa ci sono stati, in zona Cavatella a seguito di pioggia copiosa, dei crolli di muri di contenimento per cui sono state invase di fango e detriti alcune abitazioni.
Nel 2008 furono danneggiati i cantieri navali, ci furono crolli lungo la strada panoramica, crollò parzialmente il tunnel di Santa Maria. Quell’anno dovettero intervenire “uomini e mezzi della Protezione Civile regionale per contribuire al ripristino della sicurezza nelle case e sul territorio. Con idrovore e motopompe, dieci volontari, provenienti da associazioni del sud pontino furono attivi sull’isola per gestire le attività di emergenza, liberare le strade dai detriti e le case dall’acqua”.

Il dissesto idrogeologico è un fenomeno che interessa gran parte della nostra isola. Il disboscamento totale completato dai vecchi coloni alla fine del settecento ha trovato un argine nella diffusa costruzione di quelle dighe naturali che vanno sotto il nome di “parracine”. L’abbandono della agricoltura ha avuto come conseguenza anche la non manutenzione del sistema delle “parracine” per cui la pioggia copiosa non trovando argini trasporta prima il terreno e poi cadendo direttamente sulla roccia la dissesta, la frantuma e la trascina a valle.
Dopo tutto le grandi catastrofi conseguenti alle cosiddette “bombe d’acqua” che producono valanghe di fango, che vediamo in televisione, sono a testimoniare proprio un cattivo uso del territorio da parte dell’uomo.

Le responsabilità degli individui e delle istituzioni non si possono fermare alla chiusura delle scuole ma devono andare oltre e cercare le soluzioni per prevenire, per scongiurare oppure per essere attrezzati ad intervenire tempestivamente in caso di emergenze in atto.
Abbiamo bisogno di un progetto serio per l’isola che possa far fronte a probabili fenomeni naturali più violenti.

Ci sono comunque già delle controindicazioni al dissesto idrogeologico che vanno sicuramente seguite.
Ritengo doveroso il controllo del territorio per scongiurare nuove discariche e quelle che eventualmente ci sono vanno tempestivamente rimosse. Le piccole discariche sparse per il territorio non rappresentano solo un danno dal punto di vista estetico ma molto spesso anche idrodinamico. Quei materiali abbandonati possono finire progressivamente nei corsi di acqua e intasare i canali di deflusso principali in modo tale che quando c’è l’aumento del volume di acqua, questa, trovando un’ostruzione, può fuoriuscire dagli argini.

Inoltre va evitato il taglio della macchia mediterranea. I nostri coloni avevano la necessità di mangiare e lo facevano sfruttando l’agricoltura. Oggi la macchia mediterranea va protetta e non soltanto perché lo dice la legge, perché ci sono, sulla carta le ZPS, ma perché è necessaria al consolidamento del terreno e alla ripopolazione della flora autoctona.
I quattro ‘serbatoi genetici’ della nostra isola stanno lì per questo; anche il verde nelle zone abitate ha non solo una funzione paesistica, estetica ma anche idro-geologica.
Chi vuole recuperare l’opportunità economica che l’agricoltura e il clima isolano possono ancora offrire lo può e lo deve fare affittando, comprando terreni agricoli abbandonati che rappresentano la maggior parte del territorio isolano.

Il Comune ha nelle sue prerogative quello di rilasciare permessi e autorizzazioni a costruire, a ripristinare, a consolidare ma oltre alle leggi che permettono il rilascio di autorizzazione e concessioni – nell’ottica di un eventuale catastrofe idrogeologica e di quella prevenzione di cui parlavamo prima – è altresì doveroso che queste opere civili vengano controllate in corso di esecuzione affinché tutte le indicazioni prescritte al momento del rilascio delle autorizzazione vengano rispettate per l’enorme importanza di una corretta difesa del suolo finalizzata alla tutela dell’ambiente. I nuovi interventi sul territorio, quando consentiti, dovranno tutelare le risorse essenziali del territorio stesso.

Alla luce delle nostre conoscenze dei gravi disastri ambientali, non possiamo permetterci di essere irresponsabili, perché non si scherza con la natura, non si scherza con i fenomeni naturali.

6 Comments

6 Comments

  1. Biagio Vitiello

    19 Ottobre 2015 at 19:07

    Vorrei ricordare a Vincenzo che se si grida troppo spesso “al lupo al lupo”, nessuno più ci crede… e poi si pagano le conseguenze.
    Riguardo al “torrentello” di Santa Maria e la diramazione che raccoglie le acque meteoriche della “Linguana” , si sono spesi dei bei “soldini” per rimettere a posto i muretti a secco ed altre opere.
    Siamo sicuri che quei lavori siano stati fatti a regola d’arte? Io non sono un tecnico, ma chiedo a qualche addetto ai lavori di andare a controllare la zona.
    Tu parli anche di discariche grandi che guastano il territorio, io penso che lo guastano anche le piccole; ma ambedue dovrebbero essere autorizzate.
    Tu sai meglio di me, che chi è proprietario di un terreno a Ponza, si arroga il diritto di farne quello che vuole ignorando i vincoli del piano regolatore. Se controlli le foto aeree di Ponza, vedi le molte zone disboscate anno per anno; la maggior parte di esse ha fatto posto a coltivazione di vitigni… e questo mi sta bene, ma se lo possiamo fare tutti! Sappiamo bene chi dovrebbe controllare il territorio, ma i controlli avvengono solo su denuncia anonima (!) che viene presa in considerazione se il soggetto è inviso a “qualcuno”…

  2. Enzo Di Fazio

    19 Ottobre 2015 at 20:27

    Chi non conosce ‘u lave d’a Guardie? Quando le piogge sono copiose l’acqua che scende dal monte si gonfia a tal punto da diventare, nell’incanalarsi per la via degli Scotti, un fiume in piena invadendo cortili e giardini limitrofi se non trova un letto naturale che possa accoglierlo. Ci sono delle zone, poi, dove a causa della pronunciata pendenza della strada (come nel punto in cui l’ultima parte degli Scotti di Basso si lega al canalone che porta alla Dragonara) l’acqua unita spesso a tronchi, rami, palette di fico d’india e anche rifiuti assume una forza dirompente. A volte è successo che abbia abbattuto dei robusti muri di contenimento con notevoli danni agli spazi che delimitavano. Prima che asfaltassero, negli anni ’70, tutta la via degli Scotti, per renderla carrozzabile, il “lavo” scorreva in un canale scavato di fianco alla strada. Con la realizzazione della strada che conosciamo oggi quel canale, un tantino migliorato durante i lavori, venne coperto e reso ispezionabile attraverso delle grate poste lungo il percorso a distanza di una trentina di metri l’una dall’altra. Poiché in quel canale, nelle giornate di “diluvio”, assieme all’acqua andava di tutto si doveva procedere periodicamente alla sua pulizia. Ebbene, per quello che io ricordo, solo agli inizi si è avuta l’accortezza di pulirlo e, quasi sempre, su iniziativa degli abitanti del luogo.
    Sono anni ormai che quel canale, in mancanza di una regolare manutenzione, è intasato ed ha smesso di svolgere la sua funzione; in alcuni punti le grate risultano perfino essere state rimosse dalla pressione dell’acqua e del fango.
    Paradossalmente oggi la situazione è peggiore di quarant’anni fa, visto che ormai è la strada a fare da “letto naturale” al fiume (‘u lave) quando si ingrossa mentre la sua “foce” è nel punto in cui via Scarpellini si immette su corso Pisacane.

  3. vincenzo

    20 Ottobre 2015 at 09:24

    Siete d’accordo come me che abbiamo bisogno di un progetto serio. Abbiamo bisogno di una mappa delle possibili zone alluvionali. Monitorare, controllare, ispezionare ma anche reprimere gli abusi privati e pubblici che mettono in serio pericolo la vita della collettività.

    Adesso però c’è una nuova moda burocratica: ci si può munire dell’“autorizzazione idrogeologica”, e se ti sai muovere bene la ottieni, qualsiasi sia la zona dove tu vuoi operare. Se si costruisce nelle fiumane oppure sopra un corso d’acqua a volume variabile, se si disbosca su colline a ridosso di abitazioni, che speranza abbiamo noi che chiediamo sicurezza?

    Ma comunque, Biagio, noi continueremo ad avvisare, che il lupo anche se non si vede è sempre in agguato e pronto per sbranare la vittima di turno.

  4. La Redazione

    20 Ottobre 2015 at 10:28

    Ringraziamo Vincenzo Ambrosino per le puntuali informazioni e precisiamo i riferimenti per questo (non tanto) nuovo adempimento burocratico:

    Vincolo idrogeologico

    COME PRESENTARE L’ISTANZA DI NULLA OSTA:

    La domanda va indirizzata a:

    REGIONE LAZIO – DIREZIONE REGIONALE INFRASTRUTTURE, AMBIENTE E POLITICHE ABITATIVE – AREA DIFESA DEL SUOLO E BONIFICHE – Viale del Tintoretto, 432 – 00142 ROMA

    Alla domanda dovranno essere allegati i seguenti documenti:
    • Dichiarazione del Comune che attesti: l’avvenuta pubblicazione all’albo pretorio per 15 giorni e che nei successivi 15 non siano pervenute osservazioni; che l’area non sia stata percorsa dal fuoco; che sull’area non esistono motivi ostativi alla realizzazione delle opere in progetto (es. area sottoposte a sequestro giudiziario, contenziosi in atto, ecc.)
    • Progetto definitivo o esecutivo, nel quale siano illustrati tutti i movimenti terra da eseguire;
    • Relazione geologica che contenga almeno i seguenti elaborati: individuazione dell’area su CTR 1:10.000 e su CTRN 1:5.000; carta geologica di inquadramento, carta geologica di dettaglio, carta delle pendenze (laddove necessario), sezioni geologiche, indagini geognostiche, prove di laboratorio geotecnico; verifica della compatibilità con il PAI dell’Autorità di Bacino competente; ricostruzione delle caratteristiche stratigrafiche e geotecniche; valutazione della compatibilità delle opere in progetto con le finalità del vincolo idrogeologico; suggerimenti tecnici e prescrizioni;
    • Scheda notizie a firma del progettista e del geologo (scaricabile qui).

    Accedi con questo link al sito della Regione Lazio:
    http://www.regione.lazio.it/rl_ambiente/?vw=contenutidettaglio&id=378

  5. vincenzo

    20 Ottobre 2015 at 12:25

    Ringrazio la redazione ma preciso l’iter procedurale che sembra riguardi il comune e la provincia

    Art. 1
    Definizione di Vincolo Idrogeologico e Vincolo Forestale
    S’intende per Vincolo Idrogeologico l’assoggettamento a determinati controlli allo scopo di
    limitare l’uso di “terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di determinate forme
    d’utilizzazione, possono con danno pubblico subire denudazioni, perdere stabilità o turbare il
    regime delle acque”.
    Il Vincolo Idrogeologico è disciplinato dagli articoli 1-16 del R.D.Legge 30.12.1923 n°3267.

    Documentazione a corredo dell’istanza.
    Le istanze, redatte secondo il fac-similedi domanda allegato, indirizzate a “Provincia di
    Latina Settore Pianificazione Urbanistica e Territoriale – Via Costa n° 1 – 04100
    LATINA”, devono essere presentate al Sindaco del Comune territoriale competente in bollo
    corredata della seguente documentazione in QUATTRO copie (nel caso l’intervento avvenga
    all’interno di un ”area naturale protetta” ai sensi della Legge 6 dicembre 1991 n°394 e
    dell’art. 28 della L.R. n°29 del 6 ottobre 1997, ladocumentazione dovrà essere prodotta in 5
    copie):
    a) scheda notizie (per la parte riservata al richiedente e vistata dal progettista).
    b) planimetria su carta tecnica regionale in scala 1:10.000 con indicazione dell’area o delle aree
    interessate dalle opere;
    c) planimetrie catastali con l’indicazione dei fogli e delle particelle interessati;
    d) documentazione fotografica rappresentativa dello stato dei luoghi;
    e) relazione tecnico sintetica delle opere da realizzare;
    f) copia ricevuta pagamento per spese di istruttoria
    Il Sindaco fa pubblicare per 15 giorni all’Albo Pretorio la domanda e quindi, con le opposizioni
    che fossero state presentate e con le sue osservazioni, la trasmette all’Amministrazione
    Provinciale insieme alla documentazione allegata alla stessa.
    Due copie dei documenti di cui alle lettere a), b), c), d), e), del comma precedente debitamente
    timbrati e firmati insieme al provvedimento autorizzativo, al termine del procedimento, vengono
    restituiti al Sindaco del Comune ed una al Coordinamento Provinciale del Corpo Forestale dello
    Stato. Il Sindaco provvederà, dopo gli adempimenti di legge, a rimettere al Richiedente
    l’Autorizzazione o il N.O. corredati dalla documentazione tecnica.

  6. Biagio Vitiello

    23 Ottobre 2015 at 18:15

    Dal momento che bisogna essere autorizzati dal Comune non solo per le “parracine” ma anche per il taglio della macchia, mi chiedo dove sia la differenza tra il taglio e la normale manutenzione. O forse dobbiamo consultare il Comune per ogni erbaccia che ‘scippiamo’ nel nostro giardino?
    Oppure, per non incorrere a sanzioni, bisogna vedere l’estratto catastale del terreno in oggetto e regolarsi sulla destinazione d’uso prima di procedere col taglio della macchia.
    Ma anche così le interpretazioni possono essere opinabili. Come regolarsi?

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