Ambiente e Natura

Una diga romana a Ponza

di Leonardo Lombardi
Foto-recente-Diga-Giancos

  

Di Leonardo Lombardi, archeologo di fama ed esperienza internazionale, abbiamo già pubblicato sul sito la raccolta di scritti su Ponza: digita – Impianti idraulici romani -nel riquadro “Cerca nel sito” in 11 puntate, l’ultima delle quali dedicata appunto alla diga di Giancos (leggi qui), nel contesto globale delle vestigia romane sull’isola.
Ma per la sua importanza il manufatto è stato presentato anche in altre pubblicazioni e Convegni, come questo libro (Atti del Convegno 2005 – vedi sotto) che proponiamo come testo, allegando il file .pdf completo alla fine dell’articolo.
La speranza è sensibilizzare l’opinione pubblica e l’Amministrazione sui tesori archeologici che Ponza conserva, misconosciuti e lasciati degradare per indifferenza e incuria.
la Redazione

 

Vitruvio

Estratto da: AAVV, In binos actus lumina. Rivista di studi e ricerche sull’idraulica storica.
Anno I/2002. Atti del Convegno Internazionale di Studi su Metodologie per lo studio della scienza idraulica antica. La Spezia 2002, Agorà Edizioni. Pp. 418, In4, brossura editoriale, numerose immagini e disegni bn nt.

 

Una diga romana a Ponza

di Leonardo Lombardi e Valentina Livi

Ponza è una piccola isola a 30 miglia dalla costa laziale. Presumibilmente, in epoca augustea, fu attrezzata per ospitare periodicamente la flotta che lottava contro Sesto Pompeo, che dalla Sicilia spadroneggiava nel Mediterraneo. A tal fine furono realizzati un porto e strutture idrauliche importanti con la costruzione di un acquedotto e di numerose grandi cisterne per l’accumulo dell’acqua piovana. Tra le opere idrauliche, segnalate e non interpretate, fin dall’800, ve n’è una di grande importanza per la sua unicità e per lo stato di conservazione. Si tratta di una grande struttura muraria che sbarra trasversalmente il torrente Giancos che sfocia in mare entro la baia del porto di Ponza; come vedremo, si tratta di una diga ad arco. Solamente in Spagna si rinvengono dighe romane ancora intatte, ma nessuna ha le caratteristiche costruttive della diga di Ponza.
La diga di Giancos è un’opera minore rispetto alle grandi dighe romane della Spagna e del Medio Oriente, tuttavia, le sue caratteristiche e la sua localizzazione ne fanno un caso di grande interesse.
Essa si ancora ai rilievi rocciosi vulcanici compatti dell’area. Sebbene notevolmente erosa, e in gran parte interrata, è perfettamente visibile dal mare, dal quale dista circa 50 metri (Fig. 1).

Fig.1
Il bacino imbrifero sotteso dalla diga raggiunge i 14 ettari (140.000 m2). Ipotizzando che il regime meteo dell’area non sia cambiato dall’epoca romana ad oggi, le piogge consentivano un afflusso alla diga, in annate medie, di 45.000 m3 /anno. L’opera di presa (altezza 12-14 metri, lunghezza al coronamento 32 metri, larghezza osservabile >6 m), consentiva di invasare un volume stimabile a circa 15.000 metri cubici. L’invaso è ormai quasi interamente colmato da terra e detriti (Fig. 2).

Fig.2
Le fondazioni del corpo della diga sono state realizzate, per quanto è possibile osservare in corrispondenza delle porzioni alte delle spalle, direttamente contro il terreno vulcanico impermeabile. All’interno della struttura è presente una galleria, ancora intatta, alta m 3,30 e larga m 0,90, rivestita in
opus reticulatum e ricoperta, per quasi tutta l’altezza, con cocciopesto. La galleria mostra tratti rettilinei alle estremità e, nella parte centrale, un lungo tratto curvilineo con la convessità verso monte (Fig. 3) .

Fig.3
Poiché la struttura interna ricalca quella esterna, siamo in presenza di una diga ad arco (Fig. 4). La galleria termina alle due estremità con due pozzetti verticali, circolari, per uno dei quali si vede l’imbocco (1 m di diametro), rivestito in cocciopesto. I pozzetti partendo dall’intradosso della galleria dovevano raggiungere l’esterno con una lunghezza di qualche metro. È infatti ipotizzabile che essi si aprissero sul coronamento della diga in corrispondenza del paramento a monte.

Fig.4
Le aperture dovevano essere posizionate, sulla porzione superiore del paramento di monte, e dovevano essere almeno un metro più basse del coronamento. In tal modo se l’invaso era raggiunto da una piena, con il bacino già colmo, le acque potevano defluire attraverso i due pozzetti progettati e realizzati come scolmatori. Il piano di calpestio della galleria ha una pendenza verso una zona più o meno centrale dell’opera ove si ha un pozzetto quadrangolare delle dimensioni di m 1 x m 1,2. 

Tale pozzetto ha profondità sconosciuta perché interrito, ma sicuramente superiore a m 1,5. In base al suo posizionamento, sul piano del pavimento della galleria interna, e tenendo conto dell’altezza ipotizzabile tra tale pavimento e l’appoggio della diga, il pozzetto dovrebbe avere una profondità di circa cinque metri. A cinque metri di profondità, pertanto, sul lato del paramento a valle, dovrebbe rinvenirsi il condotto di deflusso del supero. Nulla ancora si sa del condotto che permetteva di condurre l’acqua alle utenze, e nulla si sa dell’uso cui era destinata l’acqua.
Per contrastare la spinta dell’acqua, due elementi hanno contribuito alla evidente resistenza e stabilità dell’opera: da un lato l’arco, che scarica una parte della pressione dell’acqua sui lati della struttura ancorati alla roccia; dall’altro, il probabile rafforzamento della facciata verso valle con una serie di strutture murarie addossate che fungono da contrafforti.

Gli oltre sei metri di spessore di muratura della porzione mediana della struttura sono sufficienti, a prescindere dalla struttura ad arco, a sostenere gravitariamente, la spinta dell’acqua. È molto probabile che alla base il muro avesse uno spessore maggiore.

Allo stato delle conoscenze in nessun’altra diga, oltre quella di Giancos, appare applicato l’uso dell’arco. Vi è solo, riferita da Procopio, la diga Daras in Turchia, ormai completamente scomparsa. Più vasta è invece la casistica di traverse, su corsi d’acqua perenni o temporanei, per le quali l’arco è documentato, esempi sono Glanum (in Francia), Kasserine in Tunisia, Monte Nuovo in Portogallo e alcune opere minori in Africa del nord e in Medio Oriente.
Lo sbarramento di Ponza rappresenta, pertanto, l’unico esempio di diga ad arco ancora in piedi.
In Italia rappresenta l’unica diga romana nota. Infatti, gli sbarramenti segnalati, tra i quali Sperlonga e Subiaco, sono da riferirsi ad un altro tipo di sbarramento, le traverse, che servono solo a fissare la quota del livello dell’acqua per deviarla verso una conserva o un campo da irrigare. Nelle traverse l’acqua accumulata non può essere utilizzata in quanto manca la possibilità di estrarre l’acqua dalla base dell’opera. Recentemente sono state condotti rilievi topografici di dettaglio che hanno consentito di precisare meglio forma e dimensioni della diga (Figg-. 5-6). In un prossimo futuro assieme all’Università di Perugia, con la direzione del Prof. E Coarelli, si spera di effettuare scavi mirati che mettano in luce l’opera di presa e l’opera di scarico della diga.

Fig.5
Fig.6

Bibliografia

Calvet Y., Geyer B. 1992, Barrages antiques de Syrie, Collection de la Maison de l’Orient Méditteranéen, 21, Série Archéologique 12, Paris.
Lombardi L. 1996, Ponza, impianti idraulici romani, Roma.
Lombardi L., Livi V. 1994, Una diga romana a Ponza, in «Romana Gens», n.s. 3-4.
Schnitter N. J. 1994, A History of Dams, Rotterdam.
Tòlle-Kastenbein R. 1993, Archeologia dell’acqua, Milano.
Trevor Hodge A. 1992, Roman Aqueducts and Water Supply, Londra.

 

Immagine di copertina
Illustrazione dal De Architettura di Vitruvio, translato, commentato et affigurato da Cesare Cesariano (Como, 1521), dall’edizione a cura di A. Bruschi, A. Corugo e F. P. Fiore, Milano 1981.

Allegato 1 in file .pdf dell’indice del volume degli Atti: In-binos-actus-lumina-Atti-Convegno-Narni-2005.1
Allegato 2 in file .pdf dell’estratto della pubblicazione: Una diga romana a Ponza

 

 

 

 

2 Comments

2 Comments

  1. Biagio Vitiello

    6 Ottobre 2015 at 06:48

    Vorrei chiedere a Leonardo Lombardi di pubblicare (su Ponzaracconta) le piantine delle cisterne romane che non si trovano più. O di scriverne…
    Una di queste la cercava dietro la casa di Francavilla (Monte Saraceno), ma constatò che c’erano, in loco, solo due pezzi di un unico tunnel romano dalla forma a L, che a suo dire, erano la strada che portava alla villa romana di punta Madonna.
    Peccato che il Comune non vuole spendere quel finanziamento x collina Belvedere, e tutto il tunnel sta andando in rovina (compresa la parte comunale del tunnel…

  2. Leonardo Lombardi

    6 Ottobre 2015 at 18:59

    Leonardo Lombardi, attraverso la Redazione, risponde a Biagio Vitiello proponendo, per le descrizioni delle cisterne e relative planimetrie, la rilettura dei due capitoli relativi a “Le cisterne e i pozzi” (leggi qui e qui), del suo libro su “Ponza, impianti idraulici romani”, del 1996.

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