Ambiente e Natura

Oceano Pacifico (1)

di Adriano Madonna

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La primavera già odorava d’estate quando un jet mi portò ad Hong Kong. Mi sembrò che il viaggio non avesse fine, poi l’aereo sfiorò una miriade di isolette e scese sulla pista dell’aeroporto di Kai Tak.

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Il mio viaggio non era terminato: infatti, solo il tempo di raccogliere la valigia ed eccomi su un aliscafo che in meno di un’ora mi portò a Macao. Stava per aprirsi una delle parentesi più affascinanti della mia vita di giornalista e di uomo di mare.

Macao

Tutto ebbe inizio quando al porto, in una giunca, conobbi un formidabile marinaio: si chiamava Abin e faceva il pescatore.

Pescatore

Abin usava reti di fibra vegetale come era d’uso un tempo anche qui da noi; si spingeva tutti i giorni verso Taipa e qui sistemava le reti fissandole a dei pali conficcati nel fango del basso fondo dopo il flusso di marea. Quando le acque si ritiravano (laggiù le maree sono grandiose), i pesci che seguivano il deflusso si ammucchiavano contro le reti, e Abin li afferrava con destrezza e li stipava in un cesto di vimini a forma di cappellone. Spesso lo aiutava sua moglie Jofan.

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Non avrei saputo dire quanti anni avesse Abin, poiché la sua pelle era cotta dal sole e il sorriso che perennemente aveva sulle labbra sottili sembrava una ruga più profonda di tutte quelle che gli coprivano il volto.

pescatore cinese

In un pomeriggio tutto rosso di sole, mentre mangiavo riso e pesce sulla giunca di Abin, gli dissi che mi sarebbe piaciuto conoscere il mare profondo delle isole davanti ad Hong Kong, ma aggiunsi che avevo sempre visto acque gialle di limo. Abin sorrise mettendo in mostra tutti i denti che aveva in bocca come solo i cinesi sanno fare, poi mi spiegò, con poco inglese e molti gesti, che quando la corrente gira in un certo senso a una determinata ora del giorno, le acque diventano chiare per poi richiudersi di nuovo in un torbidume impossibile qualche tempo dopo.

Avremmo preso il mare alle ultime ore della notte per essere alle isole di primo mattino, momento in cui, secondo Abin, che conosceva il Mare Cinese Meridionale come la casa da tè dove di domenica si recava con la gabbietta dell’uccellino, avrei potuto immergermi e «far splendere ancor di più il sole del mio sapere con la conoscenza del mondo delle acque del grande mare cinese». Così, più o meno, disse Abin.

nel mare di Hong Kong

E, in effetti, con mia sorpresa, quando fummo prossimi all’arcipelago, doppiata Cheung Chau, Abin virò verso il largo e di punto in bianco l’acqua sotto la chiglia della giunca divenne prima verde e poi blu, mentre fino a qualche attimo prima era stata gialla. Ma notavo che quell’acqua densa di mota si spostava, ed era appunto la corrente a trasportarla come un fronte compatto, quasi una grande massa solida che da una parte avvolgeva nel torbido e dall’altra scopriva il basso fondale e lo faceva chiaro come uno specchio.

Mi ero equipaggiato con una bombola presa in prestito da un sommozzatore del porto di Hong Kong e con una mutina leggera che avevo portato in valigia da Roma. La mia escursione subacquea mi portò a conoscere una vita misteriosa e affascinante: vidi dei pesci pietra dalla puntura letale, e poco ci mancò che non appoggiassi la mano sopra uno di questi scorpenidi muniti di capacità estremamente mimetiche.

pesce pietra
I pesci pietra, che Abin misteriosamente riusciva a maneggiare senza pungersi, in Cina costituiscono una prelibata leccornia, al pari dei rospi (ogni ristorante, all’entrata, ne mostra diversi in una gabbia di ferro) e dei serpenti con la salsa dolce.

La mia escursione terminò con il ritorno dell’acqua torbida. Nel pomeriggio raggiungemmo di nuovo Macao.

Rua_São_Roque,_Macau

[Oceano Pacifico. (1) – Continua qui]

 

Appendice sul pesce pietra (Synanceia horrida, ordine scorpeniformi):
di Sandro Russo

Pesce pietra.1

Pesce pietra.2

Pesce pietra.3

Pesce pietra.4

Pesce pietra.5

Pesce pietra.6

Pesce pietra.7

2 Comments

2 Comments

  1. Sandro Russo

    5 Ottobre 2015 at 07:01

    Ricordo quando…
    …negli anni ’80, insieme a molti dei colleghi del Centro di Rianimazione di Roma, avevamo un accordo con la Valtur per fare dei turni di assistenza medica al “diving” di Mahureva, il loro villaggio nelle Maldive (Gasfinolhu, Malè atoll): una storia ancora da raccontare…
    Ebbene, uno degli incubi di tutti noi – medici di guardia alle Maldive! – oltre ai problemi legati più strettamente all’immersione (embolia, risalita “a palla”, pneumotorace) era proprio il pesce pietra. Si prospettava l’assistenza e la ventilazione manuale del paziente (previamente intubato) per 24 ore di seguito (!), fino alla lenta attenuazione degli effetti del veleno.

    In fondo alla prima puntata dell’articolo di Adriano Madonna, una serie di diapositive di quel periodo…

  2. Adriano Madonna

    5 Ottobre 2015 at 12:40

    Caro Sandro,
    leggo che hai avuto a che fare con il pesce pietra. Chiedo a te, che sei un tossicologo, se oggi esiste un antidoto contro la ittiotossina che questa specie è in grado di inoculare (mi risulta che fino a qualche anno fa non esisteva antidoto) e, in particolare, di che tipo di ittiotossina si tratta.
    Grazie, saluti
    Adriano

    Risposta
    Caro Adriano,
    sì, l’antivenina esiste, è prodotta in Australia e ce l’eravamo anche procurata, gli ultimi tempi della collaborazione con il diving delle Maldive, quando io avevo già smesso di andarci.
    Ti mando i riferimenti fotografati dal libro-Bibbia che ho io, Ellenhorn’s Medical Toxicology del 1997, 2a e ultima Edizione… poi l’autore è morto (…avvelenato? non si sa!)
    Si dovrebbe leggere anche l’indirizzo del laboratorio australiano: Commonwealth Serum Laboratories, Melbourne Australia.
    Quel numerino che puoi leggere vicino al titolo ‘SCULPIN’ della seconda foto (20) si riferisce a un certo Wingert W. – Poisoning by marine animals (personal communication) e quindi di nessun aiuto.
    Da nessuna parte ho trovato la sostanza precisamente identificata; comunque il fatto che si degradi con il calore mi fa pensare ad un veleno simile a quello della tracina (polipetidico?)

    Considera che io ho lasciato l’Università e le sue pompe nel 2009, ma ho ancora amici al Centro Antiveleni.
    Per qlq informazione, “a esposizione”…
    Ciao
    Sandro

    Adriano Madonna
    Se il veleno è termolabile dovrebbe essere un polipeptide, quindi una proteina, come, del resto, la maggior parte delle ittiotossine; comunque andrò a piluccare informazioni dove mi hai suggerito.

    Grazie, saluti
    Adriano

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