Attualità

Ambizione e politica

di Francesco De Luca
Ambizione

 

Tra le qualità dello spirito dell’uomo c’è l’ambizione. Essa è connaturata all’essere umano perché egli è animale la cui natura necessita dello stare insieme, di esprimersi in una società. Dunque ambire, desiderare, aspirare a qualificarsi all’interno del gruppo sociale è insito nell’uomo. L’ambizione è un fattore che sorregge la motivazione. Questa presiede alle intenzioni e ai comportamenti di ogni individuo umano.

L’ambizione è una dote posseduta dall’individuo per realizzare la sua identità.

I gradi di ambizione variano da soggetto a soggetto e, ove essa fagociti l’intera sfera espressiva della personalità, da agente positivo diviene negativo. Provoca stress, frustrazione, malattia mentale.

L’individuo, ogni singolo uomo, per realizzare le sue possibilità, conoscitive o artistiche, deve mettere in campo la propria ambizione. Lo stesso vale se vuole “potere”, ossia comandare o imporre. Deve ambire per indurre gli altri al suo potere.

Ma il potere non si identifica con la politica. Non nel sistema democratico.
Qui il potere assoluto lo detiene il popolo. Il popolo lo dà in delega ai suoi rappresentanti (i politici di turno).
Il politico (l’uomo che amministra il potere) non può manifestare la sua personale ambizione, giacché è un delegato del popolo. L’ambizione che deve coltivare non è quella di affermare il suo personale volere bensì quello di esplicitare e rendere concreto il volere del popolo.

I modi attraverso cui il potere collettivo del popolo trasmigra nelle mani del singolo politico segue procedure codificate, controllate. Per cui le decisioni politiche alla fine del processo si evidenziano come volontà del popolo (così dovrebbe essere). Ragion per cui l’ambizione (in politica), come qualità dello spirito dell’uomo (politico), non deve essere espressione del singolo bensì del popolo.

Per essere chiari: il dittatore ambisce il potere per soddisfare le sue personali volontà. L’ambizione è asservita al singolo.

In democrazia l’ambizione al potere deve diventare desiderio di esprimere lo spirito della comunità elettiva. Si ambisce il potere affinché i desideri del popolo vengano soddisfatti. L’ambizione non deve servire per dare risalto al singolo bensì per esaltare la comunità. Ciò avviene se l’ambizione personale (perché essa si incarna sempre in un individuo) si veste di “spirito di servizio “.

Chiaro deve risultare il passaggio dal singolo alla comunità.

Ancor più chiaro deve essere la ragione di questa mia riflessione. La quale, per essere in sintonia con la filosofia del Sito, vuole stare “in tema”.

Qual è la ragione ? Non certo quella di insegnare qualcosa a chicchessia. Non ho la competenza né la volontà. Mentre ho l’intento di indurre riflessione nei miei compaesani.

Ambire fare politica implica sottomettersi allo “spirito di servizio” (soggetto perciò alle volontà e agli interessi della comunità ), non seguire l’ambizione personale.

E’ il mio pensiero, confutabile come e quando si vuole.

5 Comments

5 Comments

  1. silverio lamonica1

    16 Settembre 2015 at 16:33

    1957: Frequentavo il 4° ginnasio al “Genovesi” in Piazza del Gesù – Napoli. Un giorno il docente di latino e greco, Prof. Mallardo, un rigido canonico pre-conciliare, come “compito per casa” ci assegnò alcune frasi da tradurre dal greco tra cui:
    “Anthropos zoon politikòn physey estì” (Tratto dalla “Politica” di Aristotele) cioè: “L’uomo per natura è un animale politico”.
    Ebbene, metà classe, me compreso, tradusse così: “L’uomo politico è per natura animale.
    Il professore ci suggerì: “Non mandate quella frase alla Camera dei Deputati, altrimenti sarete assaliti da 500 e più animali”
    Nella nostra ingenuità probabilmente avevamo colto nel segno.

  2. vincenzo

    16 Settembre 2015 at 18:27

    Meditiamo:

    Il ponzese è più attratto dal possesso o dalla condivisione?
    L’uomo si batte per la difesa delle proprietà private o dei beni pubblici?
    Il ponzese si batte più per la propria famiglia o per la collettività?
    Il ponzese pensa a se stesso o al suo consimile?

    Molti ponzesi hanno fatto un’esperienza in amministrazioni comunali: con quali risultati?

    Molti si cimenteranno nelle future amministrazioni: quali potranno essere i risultati?

    Rispondiamo a queste domande e capiremo che cercare il nuovo è come cercare “l’ago nel pagliaio”: ma se l’ago si è veramente perso nel pagliaio forse, con la giusta volontà e fortuna, lo troveremo.

  3. Rosanna Conte

    16 Settembre 2015 at 23:03

    Quello che Franco intende dire mi è chiaro e concordo con quanto scrive, ma vorrei fare una precisazione.
    Io non parlerei di “potere assoluto”. La nostra costituzione parla di sovranità, quindi di un potere che ha la caratteristica di non derivare da nessun altro potere, e dice che appartiene al popolo; ma dice anche che la “esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
    In uno stato democratico non può esistere una gestione del potere avulsa dalle regole che sono alla base di quello stato.
    Noi, in Italia, stiamo stravolgendo proprio la Costituzione che detta le regole per gestire il potere, facendo diventare un colabrodo quello che era un solido ed efficace impianto istituzionale.

  4. Silverio Tomeo

    17 Settembre 2015 at 07:26

    L’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di Regione, la crisi dei partiti storici di massa, hanno contribuito a quel processo di personalizzazione della politica che scatena soggettivismi ed ambizioni. Più in generale processi di concentrazione del potere economico-finanziario, vincoli europei, regole di bilancio, vanno nella direzione di una post-democrazia. Quindi reagire con la cittadinanza attiva, il libero dibattito, la ripresa del legame sociale, può fare da controtendenza virtuosa a questi processi. Su scala locale è ancora maggiore la possibilità di dialettica democratica.

  5. vincenzo

    17 Settembre 2015 at 09:32

    Evidentemente come al solito non vogliamo affrontare la vendemmia della consapevolezza torchiando fino in fondo i grappoli pieni delle nostre contraddizioni ponzesi.

    Silverio Guarino ci sta provando a colpire nelle parti basse dove, secondo il concetto cavernicolo, si evidenzia l’uomo forte, l’uomo che costruisce il suo avvenire, l’uomo ambizioso che accumula denaro, proprietà e successo ai danni della collettività, dell’ambiente e delle future generazioni. Bravo Silverio!

    Franco parla di una democrazia teorica che si fonda sul potere del popolo sovrano. Io mi chiedo se lui si sente di vivere in questa democrazia e se il popolo lo ritiene ancora sovrano?

    Rosanna parla della Costituzione come dell’unico baluardo a difesa delle regole scritte che indicano diritti e doveri uguali per tutti gli uomini ai quali anche il potere si deve uniformare.

    Ma è da un bel po’ che hanno distrutto le tre conquiste della rivoluzione francese: lo Stato, la Legge e il Popolo Sovrano, per cui viviamo nella democrazia mercantile, contrattuale, commissariata da poteri sovrastatali, con il fantoccio di turno che come mago Silvan fa comparire e scomparire tasse, fa comparire e scomparire posti di lavoro, comparire e scomparire diritti sociali e politici.

    Silverio Tomeo è l’unico ottimista in questa famiglia, perché l’ottimista non è colui che teorizza il bello dove probabilmente non c’è più ma quello che riesce a trovare l’ultimo Fortino per continuare a resistere e magari ripartire per la controffensiva. La società attiva, quella che crede ancora nella forza delle idee, che crede nell’impegno politico quotidiano, che si indigna e si ribella.

    Tornando a noi, a Ponza la Società Civile non costituisce un Fortino ma semmai piccoli monasteri di preghiera laica, buoni solo alla testimonianza di una diversità; non certo capaci di proporsi per diventare apostoli della nuova convivenza.

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