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Dolce estate

di Francesco De Luca
Estate.3 [1]

 

Cos’era quel richiamo che lanciava il mare, animato dalle voci degli amici, nel pozzetto della Caletta? Bollente la rena di quella spiaggetta, e noi divenuti pazzielle, spruzzavamo tutto intorno, protetti e guardati dai macigni neri della scogliera.

Oggi, lo so.

L’età non mi fa rabbrividire la pelle al soffio caldo, ma quando l’ora tocca il mezzodì, mi pare di sentire i richiami di Francuccio, di Silverio, e del mare della nostra estate il dolce invito: “Vieni, non avrai stagione migliore nella vita. Tuffati nelle acque e nel fresco perditi”.

Lo seguo come il cane in cerca del bastoncino lanciato dal padrone.

Lei, la dolce estate, la vera padrona dei nostri desideri. Procacciatrice di piaceri, quando ci si provava con la ragazza nelle acque perlacee dei basalti a’ Scarrupata. Caldo era il sole e nel cuore l’amore era tanto forte da prefigurare il futuro e piegarlo ai nostri progetti.

Come eri dolce, estate della memoria.

Stai per declinare in questo tempo dell’età matura, e mi faccio attento ai tuoi inviti. Ancora dolci, sempre dolci per il mio cuore che tende di contrastare gli anni con la poesia.

Sento il tuo mellifluo richiamo, con le acque in attesa, il vento tiepido per accappatoio, la compiacenza di due occhi di donna. Vengo a sentire la tua frescura e mi parrà di ritrovare anche gli amici dal sorriso schietto.

Estate, amante mia, mi rinnovi gli amplessi ed io mi abbandono in te.
Al vento la mia disperazione: che il tuo invito si perpetui nella restante vita. Saprò d’essere vivo.