Ambiente e Natura

Prendi il brand… e scappa

di Giuseppe Mazzella
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È proprio vero. La realtà sorprende sempre e supera spesso la fantasia più sbrigliata.
Da alcuni anni Ponza è il set di performance sempre più avvolgenti. Un set utilizzato non solo per fiction televisive o cinematografiche, seguendo una tradizione che inizia nei primi anni cinquanta, ma per qualsiasi manifestazione promozionale, sfilate di moda, presentazione di nuovi prodotti.

Ponza rappresenta un brand vincente e molti cercano di appropriarsene e utilizzarlo. Un brand in cui i ponzesi appaiono sullo sfondo sempre più in ombra, quando non scompaiono del tutto.

Tutto questo sta minando profondamente la nostra sicurezza e la nostra identità.
Agli occhi di quanti seguono la cronaca, sembra che la bellezza di Ponza e la sua preservata unicità non siano merito degli isolani, ma di quanti vengono a Ponza a promozionarsi.

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Tutto questo, se ha anche una ricaduta positiva sull’immagine dell’isola, facendola conoscere, opera una sorta di riduzione dei meriti che i ponzesi possono far valere.

È sotto gli occhi di tutti che Ponza conserva un paesaggio fondamentalmente incontaminato, assieme a Palmarola e Zannone.
Quando a Ischia, Capri e Procida, solo per parlare delle isole a noi più vicine non solo geograficamente, si avviava una robusta cementificazione, la nostra isola procedeva a passi felpati.
A permettere questo, una certa resistenza alle “aggressioni economiche” esterne massive.
Ponza, infatti, per le sue ridotte dimensioni e per le sue peculiarità, non può permettersi attività turistiche di massa. Deve continuare nel solco delle attività a misura familiare, perché questo è il suo carattere.
Opere imponenti o strutture sovradimensionate la sfigurerebbero irrimediabilmente.

Non è solo orgoglio isolano, ma la corretta valutazione dei nostri meriti, non disgiunta dal riconoscimento dei nostri demeriti.
Tutti conosciamo quelli che poi sono stati marchiati come “ecomostri”, che appaiono disseminati un po’ dappertutto in luoghi strategici e un tempo incontaminati della nostra Italia.
Quello che appare davvero devastante è l’abbandono quasi totale dell’estetica e una resa alla funzionalità; mentre un tempo era la prima che si cercava di privilegiare nelle opere sia pubbliche che private.

Mai come in questo caso vale la saggia e triste riflessione del grande Ugo Ojetti che gli italiani sono un popolo di ‘contemporanei’: si pensa e si sa solo dell’oggi, ignorando il passato e infischiandosene del futuro.

La misura di un luogo, invece, è data proprio dall’equilibrio che ogni opera instaura con l’ambiente in cui è ospitata.

Ponza, come tanti altri luoghi deliziosi, si è sviluppata secondo quella che viene definita architettura spontanea, modellatasi sull’orografia naturale, senza mai dominarla o stravolgerla.
Abbiamo così avuto la fortuna – grazie anche al genio di due costruttori-architetti ‘illuminati’ – di avere un porto modellato su quello romano alla base di una collina protetta, vie strette e incassate tra case che sembrano risalire dolcemente le colline, baie rese ancora più caratteristiche dalle grotte-magazzino (in dialetto malazeni) in cui i pescatori di un tempo custodivano gli attrezzi da pesca e anche le piccole imbarcazioni.

Tutte queste piccole meraviglie costituiscono un’identità che arricchisce un brand che fa gola soprattutto a quanti non conoscono e non amano la storia della nostra isola, mossi solo dall’effetto lancio che ne può derivare.
Basti scorrere alcune pagine di Internet per scoprire come barche, sdraio, finestre, borse, e un’infinità di altre proposte, tentino di appropriarsi a soli fini pubblicitari del nome di Ponza.
Ma i ponzesi non staranno a guardare.

Construction site crane building a blue 3D text. Part of a series.

1 Comment

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  1. Enzo Di Giovanni

    28 Agosto 2015 at 09:09

    Proprio ieri, nel corso di una conversazione con alcuni miei ospiti, siamo giunti, di parola in parola, a parlare di una pessima canzoncina nazional-popolare opera di Simone Cristicchi e Pier Cortese.
    Ve la ricordate?
    “Ponza, l’isola della patonza”, autentico tormentone, triste colonna sonora di qualche estate trascorsa.
    I due autori, poi diventati interpreti “impegnati”, all’epoca suonavano in uno dei locali più in voga dell’isola.
    A mente fredda, ben si presta questa canzone, che non lascia in pace nemmeno S. Silverio (il cui testo potete facilmente ritrovare su un motore di ricerca, io mi rifiuto anche solo di leggerlo) a rappresentare l’invasione barbarica a cui siamo sottoposti, anzi, ne potrebbe a buon diritto essere vera e propria colonna sonora.
    Così come non dimentico, purtroppo, che questo motivetto piacque… e quel che e più triste, piaceva non solo ad aspiranti vitelloni residuati del post-boom economico che a colpi di lampada e di palestra “stracquano” a Ponza, ma anche a diversi ponzesi che con senso di condivisione (sic!), speravano forse di ricavarne influssi benefici, nonché a qualche operatore turistico convinto (erroneamente) che il ”messaggio” potesse servire da volano per chissà quale sviluppo economico.

    Che male ha fatto la nostra terra per meritare affronti di questo genere?

    Indubbiamente abbiamo le nostre colpe. Il non saper valorizzare appieno la nostra identità e la nostra storia favorisce da sempre l’ingresso, a gamba tesa, di soggetti che pretendono, a volte persino in “buona fede”, di colonizzarci, di poter imporre mode, marchi, canzoncine, produzioni televisive come se questa fosse terra di nessuno.
    Ignorando, e perciò ferendo, la comunità che su queste isole vive e fatica da secoli. E’ un modo di rapportarsi ineducato, da turista, “artista”, o imprenditore che sia, assolutamente censurabile, anzi inaccettabile.

    Giuseppe termina il suo acuto pezzo affermando che i ponzesi non staranno a guardare. Io approvo e rilancio: non solo i ponzesi. Ci sono tanti nostri ospiti che visitano Ponza con l’educazione, il rispetto ed il piacere di conoscere una delle terre più belle che abbiamo, e non solo per i paesaggi naturali. Queste persone sono le prime a sdegnarsi per i danni che un approccio speculativo “usa-e-getta” reca a Ponza, ed in ultima analisi a loro stessi.

    Tornando alla “canzone d’autore”: per curiosità, navigando su Google, ho provato a cercare voci critiche, qualcuno che esprimesse sdegno per quei versi: “quasi” nulla.

    …quasi (tratto da un forum di fotografia rintracciato su google):
    “volevo fare un bel commento… e invece ho letto il titolo, e no.
    in quest’isola ci sono cresciuta, e l’amo… ho solo 18 anni, ma ho ricordi di quando Ponza era chiamata “paradiso terrestre” per il suo mare e per la semplicità delle persone che la abitano… mi piange il cuore a sapere che le masse l’hanno resa “l’isola della patonza”.
    firmato Maria Vittoria”

    Come si suol dire in questi casi: “grazie di esistere”, Maria Vittoria.
    A te ed ai tanti – per fortuna! – ospiti “graditi e gradevoli”, offro una simbolica cittadinanza onoraria nella Ponza che verrà.

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