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Ciao Pino

di Enzo Di Giovanni

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La notizia della morte di Pino Vitiello mi è caduta addosso in ritardo, persa nella confusione di un’estate rovente.

Conoscevo Pino fin dall’infanzia, come molti della nostra generazione a Ponza. Di solito si dice, dell’amico che non c’è più, che era una bella persona, attaccata alla vita, ecc.

Spesso sono parole di circostanza, che servono più ai vivi che ai morti, per nobilitare il senso stesso dell’esistenza.

Nel caso di Pino non è così.

Un ragazzo che a causa di un banale incidente si ritrova costretto a vivere una vita intera su una sedia a rotelle, e che fa di questa sua condizione motivo non di abbattimento ma, al contrario, leva per svariati interessi e per una profonda umanità: beh!, non è da tutti.

Mentre scrivo mi tornano alla mente svariati flash-back: ad esempio la sua feroce auto-ironia (cosa aspettarsi del resto da un ponzese-livornese?), con cui stigmatizzava la sua condizione fisica senza mai commiserarsi.

E poi i racconti dei suoi viaggi. Ricordo in particolare quando andò in Svizzera da amici comuni, in compagnia di Geppo e Franchino (io purtroppo in quella occasione non c’ero): nel raccontare le varie perepezie non mancava di sottolineare con un sorriso la fatica che faceva a gestire quel gruppo di matti, eh sì, perché c’era bisogno di qualcuno con i piedi per terra, e quel qualcuno non poteva che essere lui…

E poi l’impegno sociale: di recente era stato eletto consigliere comunale nella sua Livorno dove si occupava delle problematiche legate alla disabilità.

Ma soprattutto l’amore per la sua isola.

Mi hanno appena raccontato che in ospedale, tra mille problemi, il suo pensiero era focalizzato alla sua prossima venuta a Ponza.

Un’altra cosa mi hanno raccontato e che non sapevo: il suo desiderio di lanciarsi col paracadute. Non mi stupisco affatto: è assolutamente in linea con la persona, metafora perfetta di una irrefrenabile voglia di vivere e di annullare quella condizione che troppo superficialmente e stupidamente chiamiamo “disabilità”.

Disabilità che non ha vinto, in questo caso, nemmeno con la morte.

Perché, mentre scrivo questa nota, non riesco a convicermi che Pino non ci sia più: mi è più facile pensare che, magari proprio in questo momento, si stia lanciando da qualche parte, sopra di noi.

E senza paracadute… perché non ne ha mai avuto bisogno.

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