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Non si chiude la porta in faccia a Platone

di Vincenzo (Enzo) Di Fazio
Nubi sul Partenone [1]

 

Dopo il referendum di domenica scorsa, dove inaspettatamente i “NO” hanno trionfato sui “SI”, la situazione della Grecia si è maledettamente complicata e la tragedia greca sta rischiando di diventare paradossalmente la tragedia dell’Europa.
Tsipras, forte del consenso del 61% dei votanti che hanno detto “NO” all’ulteriore austerità imposta dagli organismi europei e dal FMI, sta andando diritto per la sua strada nel tentativo di ottenere il massimo per il suo popolo e, soprattutto, di spostare la trattativa dal tavolo dei “numeri” a quello politico.
Incoscienza o coraggio di questo giovane leader? Ancora non lo sappiamo.
Senza dubbio c’è una grossa novità in questa intrigata situazione: è la prima volta che i “tecnocrati” che guidano la complessa macchina della moneta europea si trovano di fronte la volontà espressa da un popolo che dice NO ad ulteriori sacrifici, visto che quelli finora patiti non hanno portato a nulla. E questo, anche se espresso da un piccolo popolo periferico, è un monito rivolto a tutta l’Europa: è arrivato il momento di rivedere le politiche di austerità.
E Tsipras questo concetto all’ Europarlamento di Strasburgo, ieri, l’ha chiaramente ribadito.
La situazione greca non dipende dagli ultimi cinque mesi di governo, ma dagli ultimi 5 anni durante i quali gli aiuti non sono stati efficaci. Da nessuna parte l’ austerity è stata così dura e lunga. La mia patria è stata trasformata in un laboratorio di austerità. L’esperimento è fallito. I soldi degli aiuti non sono mai arrivati ai cittadini ma solo alle banche”.
Tsipras parla all'europarlamento [2]

Ha scritto ieri Ian Bremmer sul Corriere della Sera: “Nel corso degli ultimi cinque anni la Grecia ha tagliato la spesa e ha incamerato imposte equivalenti al 30% del PIL. Nessun altro governo della zona euro è mai riuscito a fare altrettanto. La riforma ha tagliato sussidi e pensioni. E per ogni euro di finanziamenti, il governo greco riceve meno del 20%: il resto va a banchieri e obbligazionisti.”
Le condizioni reali di questo paese sono diverse da quelle di tutti gli altri.

La disoccupazione giovanile è arrivata al 50% e secondo l’OCSE un greco su cinque non è in grado di pagarsi un pasto; i minori che vivono in uno stato di povertà sono arrivati al 40,5%.
I suicidi negli ultimi cinque anni sono aumentati del 35%, i casi di depressione del 270%, e quelli di situazioni di indigenza del 500%.

Ha fatto il giro del pianeta la foto, di questi giorni, di quel pensionato che piange accasciato ai piedi di un bancomat che ha esaurito le banconote da distribuire.
il pensionato greco che piange ai piedi di un bancomat vuoto [3]

pensionato greco e fila agli sportelli bancomat [4]

Non è che la Grecia non abbia responsabilità. Ha tuttora un alto tasso di corruzione ed una enorme evasione.

Come ha ricordato Tsipras nel suo intervento all’ Europarlamento il 56% della ricchezza è nella mani del 10% della popolazione.
Tra gli uomini più ricchi del mondo, come riportato da un’indagine di Enrico Marro de Il Sole 24Ore, ci sono tre armatori greci che valgono insieme 32 miliardi di euro e che su 140 miliardi di utili (praticamente la metà del debito greco) guadagnati all’estero, tra il 2000 ed il 2010, non hanno pagato un euro di tassa grazie ad una legge introdotta con il colpo di stato dei colonnelli del 1967 che consente ai proprietari di navi di non versare un centesimo di tasse sui profitti generati all’estero.
Tsipras ci ha provato a tassarli con una patrimoniale ma gli armatori rispondono con il ricatto di andarsene all’estero; il che significa perdita di lavoro per 270.000 greci.
Se esistesse una politica economica ed una politica  fiscale unica europea con regole e norme stringenti forse qualche risultato in più si otterrebbe.

Crisi greca. Vignetta [5]

In un altro passaggio dell’ intervento di ieri Tsipras ha detto “Io chiederò un taglio del debito per poter essere in grado di restituire i soldi. Chiedo solidarietà come fu fatto per la Germania nel 1953 dopo la guerra
Tsipras è un visionario; chiede solidarietà in cambio di austerità quasi incurante del tempo delle scadenze (il 20 luglio dovrà rimborsare 1,6 miliardi al FMI e 3,5 miliardi alla BCE ) che vorrebbe spostare in avanti. Ma quelle scadenze sono improrogabili perchè fanno parte delle regole della moneta e dei parametri a cui, per debolezza politica e culturale, l’Europa ha delegato tutto.

Le trattative sono complicate in quanto l’Europa vede messo in gioco il carattere vincolante delle sue regole; il corto circuito che ha provocato il referendum ha minato la credibilità del progetto europeo ed ancora una volta stanno venendo fuori i limiti dell’Eurogruppo, della Commissione Europea, dell’Europarlamento come organi decisionali e la sudditanza degli stessi all’asse franco-tedesco come ha dimostrato l’incontro, all’indomani del referendum,  tra la Merkel ed Hollande che ha preceduto la riunione di vertice del giorno dopo.

A Bruxelles in questi giorni non si discute solo del destino della Grecia ma anche di quello dell’Europa intera.
L’economista Jean Paul Fitoussi, intervistato ieri da Eugenio Occorsio ha detto:
L’Economia non è solo matematica. Non è solo conti, percentuali, quote di PIL o di debito. E’ una visione di insieme e anche un esercizio di democrazia. Ora, è vero, come ci siamo sentiti ripeter fino alla noia in questi giorni che vanno considerate anche le democrazie degli altri, però in Grecia per la prima volta è stato interpellato direttamente il popolo. E questo ha detto che si deve cambiare rotta in Europa… l’Europa non può incartarsi in una diatriba infinita senza più pensare al suo sviluppo, alla sua crescita, alla sua integrazione. Perché se lo fa intanto crescono i movimenti xenofobi, antieuropei, fascisti, populisti, in Italia, in Francia, ovunque come sta accadendo. E questi la faranno crollare, non la Grecia”

L’uscita della Grecia non è regolamentata dai Trattati; non si conoscono le procedure né si sa cosa può accadere. Quante volte Draghi, in questi ultimi tempi ha detto che “l’uscita di un paese dall’euro significa finire in acque inesplorate”.

L’esclusione della Grecia, per la sua posizione strategica, avrebbe degli impatti anche geopolitici.  Sono noti a tutti gli interessi manifestati in queste settimane dalla Cina e dalla Russia e non dimentichiamo che la Grecia ha di fronte a sé la Turchia.
Non a caso Obama continua a fare pressing sui leaders europei affinchè la Grecia resti nell’euro.
Non può essere indebolito quel processo di unificazione che nato dall’idea dei padri fondatori ha trasformato un continente di guerra in un continente di pace promuovendo, da oltre sessant’anni, democrazia, pace e diritti umani.
Possibile, allora, che non si trovi una soluzione? Possibile che si debba accompagnare alla porta d’Europa, facendolo fallire un paese per un debito che pesa meno del 3% del debito complessivo europeo? Senza conoscere le conseguenze che ne derivano.

Quando nel 1979 la Grecia, paese simbolo da cui derivano il nostro modo di pensare e la nostra cultura, chiese di entrare a far parte del Comunità Economica Europea (CEE) – il 28 maggio di quell’anno venne firmato il trattato di adesione – l’allora presidente francese Valery Giscard d’Estaing ebbe a dire: “Non si chiude la porta in faccia a Platone”.

Speriamo che non lo faccia oggi Angela Merkel.

Plato [6]

Fulmini sul Partenone [7]