Nardacci Gabriella

La poesia insegnata ai bambini (2)

di Gabriella Nardacci
Le poesie dei bambini

 

Di solito comincio con delle filastrocche, possibilmente con quelle non-sense che divertono i bimbi e che a volte, senza volere, diventano lunghissime perché ogni bambino ci mette del suo.

Ne capiscono la struttura e cercano la rima per ogni verso. Non hanno bisogno di costruire, ma puntano all’ironia. Sono filastrocche bislacche che hanno il potere di farli ridere. A volte diventano ‘conte, altre volte cantilene. L’importante per loro è che producano la risata.

Questo inizia in prima e seconda elementare. Certamente è difficile trascriverle subito… Allora le registro e poi loro le vogliono riascoltare fino all’esasperazione imparandole a memoria. Un po’ come le favole, insomma…

In terza elementare comincio con il leggere un libro di narrativa per l’infanzia e intensifico la lettura sia tecnica sia tonale. Faccio leggere a più voci i dialoghi e li faccio rappresentare e poi leggo loro le poesie presenti sul libro di testo e su altri libri.
Alcuni brani portano la firma di scrittori famosi. Sono tratti da qualche romanzo e hanno bisogno di una certa atmosfera per essere letti, così come le poesie.

Non spiego mai cosa significa una poesia ma invito loro a parlarmene. Si leggono diverse cose e loro sanno capire subito il tono giusto da usare. A volte, nel leggere brani di letteratura o poesie, sono un po’ curiosi. Cercano di imitare i grandi che vedono in televisione o imitano me.

Abbassano la voce, scandiscono bene le parole, mi chiedono una musica in sottofondo, e usano toni bassi e alti secondo le parole presenti nella poesia o nel brano.

È molto importante leggere in un certo modo un libro! Occorre fare l’attore… interpretare insomma. Una lettura piatta crea distrazione mentre una lettura che dà voce ai personaggi, crea curiosità, voglia di leggere in quel modo, ascolto.

È dalla lettura che nasce la voglia di scrivere, secondo me. I bambini a me affidati, in terza elementare, avvertono la necessità di creare loro stessi, le storie. Si fanno spillare i fogli come fossero piccoli libricini e scrivono le loro storie complete di disegno.

Ho sempre gratificato questa loro attività e tra le letture del testo o del libro di narrativa o del quotidiano, abbiamo sempre letto anche le loro storielle inventate, senza che io abbia apportato le correzioni perché sono loro stessi che, leggendole, si accorgono di qualche errore di ortografia, di qualche refuso e sottolineano alcune parole che poi controllano sul dizionario. Fanno insomma un piccolo editing del loro stesso lavoro.

In quarta e quinta elementare la grammatica corre in loro soccorso. Cominciano a usare meglio i verbi e le frasi si allungano con le giuste espansioni. I racconti e i testi sono più articolati, più ricchi di concetti, più rispondenti alla realtà. Il pensiero prende forma e, tra il serio e il faceto, vengono fuori delle bellissime storie.

A questo proposito, una volta diedi da fare una recensione su un libro letto durante l’estate. Un bambino mi disse che lui non aveva letto un vero e proprio libro ma un libro di fumetti su Spiderman.

Gli dissi che andava bene lo stesso, invitandolo a scrivere una chiusa con un insegnamento. Lui scrisse: “…Io ho capito, leggendo questa specie di libro, che chi è così potente, ha pure la responsabilità di riuscire in quello che fa… e allora è meglio essere normali!”.
Un altro bimbo su un testo concernente il cittadino europeo scrisse: “…per me, essere cittadino europeo significa che ti devi sentire protetto anche in un paese straniero perché se qualcuno ti fa del male, tu vai all’ambasciata italiana, glielo dici, e loro ti rimettono in sesto”.
Troppi esempi potrei fare…Avrei voluto avere più tempo per scrivere tutti i pensieri ascoltati in tutti questi anni di lavoro.

Ovviamente ritengo importante offrire al bambino tutti i mezzi per arrivare vittoriosi agli obbiettivi prefissati dalla programmazione. Cinema, teatro (da fare e da vedere), pittura, storia, lettura… insomma ogni forma d’arte è buona affinché il processo di apprendimento avvenga in modo ottimale.

Le poesie occorre saperle scegliere. Non tutte piacciono e non sempre sono comprensibili. Ce ne sono alcune che colpiscono al cuore e lascio a loro la scelta di alcune su cui parlare e farne prosa.

Quando nessuno si propone per inventarne una, chiedo io di scriverne qualcuna collettivamente. Basta questo per scatenare in loro la voglia di costruirne una propria.

Molte sono in versi liberi e altre invece in rima. Non le correggo mai e sono loro stessi che decidono quando andare a capo. Capita che alcune siano così belle da togliere il fiato ma anche quelle che apparentemente sembrano senza senso, quando si leggono più volte, traducono il loro mondo interiore che non è fatto solo di risate o di gioco, ma anche di solitudine, inquietudine e malinconia.

In un ciclo (dalla I alla V) ebbi modo di mettere a frutto tutto il lavoro di cui sopra e ne venne fuori un libro che intitolammo “Fiaborie e Poestrocche”. Ci sono fiabe e storie, la memoria (con foto antiche di nonni e bisnonni e la loro lettura), testi e poesie. Quest’ultime scritte in quinta.

Fiaborie e poestrocchie

C’è stato un ciclo in cui ho insegnato in una scuola a forte componente di bambini stranieri. Ho conosciuto bambini di diverse etnie e ho ascoltato storie piene di colori. Avevo portato in classe un grosso scatolone e i bambini avevano portato oggetti e vestiti che raccontavano il loro paese. A una certa ora, aprivo lo scatolone e tiravo fuori un oggetto o una stoffa o una scarpa. Nascevano delle storie fantastiche.

Ho scritto un pezzo concernente quel periodo “Suli e il… mare” che è stato pubblicato anche su Ponzaracconta (leggi qui).

Ora insegno in seconda elementare e già ho cominciato a ricevere piccoli libricini con storielle brevi. Qualcuno mi dice che da grande vuole scrivere un libro…

Fiabe
Le poesie che trascrivo qui sotto sono frutto di un lavoro svolto nel ciclo precedente e sono stampate nel piccolo libro che raccoglie anche altri lavori (la lettura delle foto antiche, le storie e le fiabe inventate nel corso degli ultimi due anni di scuola elementare) .
Alla composizione del libricino hanno partecipato 22 alunni; le poesie inventate sono state solo dieci.

 

Tramonto
Il mare è come / una distesa di smeraldo / acceso da un raggio/ di luce nascente. /
Il tramonto è / un immenso murale / di colori accesi / e i rami sono lunghe dita / che tentano di coprire / quella distesa di colori infiniti.

La natura
Il prato è un mare di smeraldo / su cui si riflette l’arcobaleno. / Un manto turchese / copre il viale della speranza.

La montagna d’inverno. La montagna dorme / accompagnata da una ninna nanna danzante / della neve. / Il freddo tutt’intorno / viene accarezzato / da una casa calda e accogliente. / Gli alberi carichi di neve / s’inchinano a questo spettacolo. / Nel silenzio / grida di gioia di bambini.

La neve
La neve scende e addormenta i colori della natura. / Porta stupore negli occhi dei bambini / e copre con meraviglia i paesaggi. / Tutto sembra magico e incantato / ma è solo l’inverno/ che un dono ci ha portato.

La luna
Ella è un magico lume d’argento / che brilla nel cielo. / Arriva silenziosa / come un fantasma nella notte. / Gioca a nascondino con una nuvoletta / poi nel lago si specchia vanitosa.

Amici
L’amico è quello che ride insieme a te / ti ascolta con il cuore / anche per ore ed ore. /
Un amico vedrai / ti toglierà dai guai / e con un amico andrai / dove tu vorrai.

Apollo 11
Questo razzo / è una matita grande. / Disegna una scia stellata / e innalzandosi / rischiara le tenebre.

La sera
Dopo un giorno in campagna / il nonno si stiracchia sulla sua poltrona / e pensa a tutto ciò che ha fatto nei campi. / Il gatto si accoccola tra le braccia del nonnino / e dopo una giornata di pascolo / si sdraia ai suoi piedi anche il cagnolino. / Cala il sole e illumina la luna. / Un altro giorno è andato via ed ora è sera.

L’inverno
Il sole sparisce sull’erba ricoperta di brina / e sull’albero spoglio si posa la neve già di mattina. / Nel parco ogni cosa tace / e non si sente una sola parola. / Il bambino cammina abbracciato dal suo cappotto e pensa: / a scuola si va, e lì almeno / il caldo ci sta.

Nel campo di dolore
Nel campo di dolore / la povera gente è priva di diritti / e mal giudicata da gente malata / di odio e di rancore. / Penso a quei poveri bambini / dentro camere di non ritorno / e piango.

La nascita del pensiero poetico

.

Quando un bambino pensa

 

Quando un bambino pensa è una gran festa

che arriva a colorare il bianco e il nero

e con tutto il suo bel pensare nella testa

riunisce pezzi sparsi in un intero.

 

Un bambino calcia i sogni che escon dai calzini

ritorna a casa con i pensieri ricamati a mazzi

di carta le barchette e d’oro i fiorellini

e gli ombrelloni a pezze sui terrazzi.

 

Un bimbo appende nubi a un fil di lana

rincorre un aeroplano sui prati di campagna

s’immerge nel sapere al suon di una campana

e solca gli orizzonti al mare ed in montagna.

 

E sì che ci sta bene in fantasia

anche il colore della nostalgia

perché un bambino è anche il sogno nel cassetto

perché un bambino è anche il cielo in una stanza

perché un bambino è angelo e folletto

e non conosce guerra né distanza.

 

Quando un bambino pensa è una carezza

che arriva lenta lieve e appassionata

e mi cancella l’ombre e la tristezza

per quell’infanzia pura e ormai passata.

[di Gabriella Nardacci, dal libricino citato, stampato in proprio]

 

[La poesia insegnata ai bambini. (2)Fine]
Per l’articolo precedente su questo tema: leggi qui 

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