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Prima che il tempo cancelli le tracce

di Francesco De Luca
Lanternino.BN [1]

 

Alcuni anni fa viveva a Ponza un signore. Venuto come militare si sposò e formò famiglia. Come era costume allora, dismise la divisa e presto si ingegnò a curare i beni della moglie. Erano tanti, i beni, e consistevano in terreni, appartamenti, locali commerciali. Non aveva intelligenza spiccata, lo dico subito così già vi sollecito ad anticipare il seguito.
Ma i tempi erano quelli dell’abbondanza: Ponza diventava meta di turismo e anche di acquisti. Insomma sistemò le proprietà in modo da non dover lavorare per il restante tempo.
Si inventò allora passatempi per impegnare la giornata. Di mattina bighellonava fra i bar del porto in cerca di notizie da incasellare nei suoi pregiudizi. Insomma era stato militare, ora vestiva la giubba della DC, era benestante… cosa gli impediva di sentirsi un politico di razza?
Niente. E infatti sparava giudizi a destra e a sinistra, benediceva Andreotti, condannava la gioventù emergente, tutta palesemente di sinistra.
Questo al mattino. Nel pomeriggio invece più discretamente coltivava un altro passatempo: quello di chiedere, a chi si intratteneva con lui: la gente cosa dice di me? Capite bene che a questa domanda così diretta si rispondeva in modo impacciato e sempre benevolo. Si cercava di prenderla alla larga, di tergiversare, mai dicendogli quello che si pensava veramente. Cosa che temerariamente si fece uscire Luigi.
“Allora, cosa dicono di me?” – lo investì il Tizio.
Rispose Luigi: “Che si’ ’nu strunz’”.

Nota: Lo so che si andrà a frugare fra i pochi elementi di individuazione per cercare di dare un nome al Tizio in questione. Ma l’intenzione mia è soltanto quella di narrare.

 

Immagine di copertina. Foto di Gaia De Luca