Attualità

Perplessità sulla comunicazione moderna

di Giuseppe Mazzella
Totò. Vot'Antonio

 

E’ da tempo che mi vado domandando se tutta questa attività di comunicazione e di analisi su siti, blog e tutti gli altri social network possa produrre effetti non dico duraturi, ma utili e convincenti.
Viviamo in un’epoca in cui qualsiasi manifestazione umana è ‘sparata’ con testi, foto e video in tutto il mondo in tempo reale, in un babelico conversare che non ha precedenti, e all’apparenza dà l’idea che tutti dialoghino con tutti. Ma appare solo un’impressione che non convince.
Io che da anni mi reco al lavoro facendo il pendolare sui treni, osservo un’abitudine che si allarga sempre di più: la gente trascorre molto tempo al telefono a parlare, a mandare messaggi, ma non rivolge mai la parola ai compagni di viaggio, a meno che non sia un amico.
È una situazione sconfortante e che preoccupa.
Lo stesso modo di fare è possibile osservare quasi ovunque. È come se la gente privilegiasse parlare indirettamente e non confrontarsi di persona, guardandosi negli occhi, nascondendosi forse dietro l’illusione di comunicare senza scoprirsi. Ci si accontenta, anzi si privilegia il surrogato all’esperienza diretta.
E le diversità delle posizioni nei cosiddetti ‘dialoghi’ appare sempre più un parlare tra sordi e ciechi.

Il libro su L'algoritmo di Viterbi

A conferma di queste mie sconfortanti osservazioni, mi è capitato di leggere di recente un’interessante biografia, quella del geniale informatico italiano emigrato negli Stati Uniti d’America, Andrea Viterbi. Nel volume – “L’algoritmo di Viterbi”, scritto da Riccardo Chiaberge, Longanesi, 2000 – proprio all’ultima pagina, come “il succo di tutta la storia” di manzoniana memoria, c’è un paragrafo che trascrivo:
“Ma c’è un’altra cosa che preoccupa…Viterbi. È il rischio che la comodità delle nuove tecnologie impigrisca le menti, disabitui allo sforzo e all’impegno conoscitivo, diventi l’amaca nella quale si dondola una generazione smemorata e superficiale, priva di sensibilità etica; che in un mondo in cui tutti sono connessi con tutti, da ogni luogo e in ogni momento, si smarrisca la connessione con la propria identità e la propria storia”.

Parole allarmanti che, dettate da uno dei massimi esperti tecnologici della comunicazione moderna, meritano di essere conosciute e approfondite. E che ci fanno riflettere su un antico detto popolare che avverte: “Non è tutto oro quello che luccica”.

 

Nota
Andrew James Viterbi (nato Andrea Viterbi; Bergamo, 1935) è un ingegnere e imprenditore italiano naturalizzato statunitense. Le sue intuizioni hanno trovato applicazioni in vari campi dell’informatica . L’algoritmo di Viterbi trova applicazioni nel campo delle telecomunicazioni e della trasmissione digitale, in particolare nelle trasmissioni spaziali dove le condizioni di rumorosità del canale sono tali da rendere difficile la ricezione dei dati. È applicato anche per il riconoscimento ottico di testi (OCR) – (NdR)

1 Comment

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  1. francesco ferraiuolo

    3 Maggio 2015 at 10:36

    C’è di più.
    A volte l’offensiva mediatica, veicolata più diffusamente e minuziosamente dai social network, è volutamente fuorviante ed ingannevole, portata avanti ad arte in maniera persistente e ripetuta, con buone dosi di sciacallaggio e di disinformazione nonché di appropriazione di altrui idee, meriti od iniziative.
    Questo fa si che i nostri cervelli vadano via via saturandosi di convinzioni subdolamente inoculate e perdano la capacità critica e di discernimento; in altre parole, diventiamo persone non più in grado di pensare con la nostra testa ma che condividono aprioristicamente ciò che viene propinato dal guru di turno.
    A questo punto, mi domando se non stiamo diventando rane bollite secondo il noto principio di Noam Chomsky.

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