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Andar per grotte con Leo

di Domenico MuscoLeonardo Lombardi [1]

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Vorrei aggiungere alcuni ricordi a corredo dell’articolo (leggi qui [2]) del Dott. Leonardo Lombardi, per gli amici Leo: si tratta di una delle tante emozioni provate nello stare con lui e fare ricerche di idraulica romana a Ponza.

Raccontare un episodio di quello che ha trasmesso a me e a tanti ponzesi: la gioia e la passione di capire di cosa parliamo quando parliamo di archeologia, usando parole semplici e chiare. Non basterebbero cento pagine per descrivere tutto.

Un giorno Leo, durante uno dei nostri giri dell’isola che avevano lo scopo di enumerare i tanti ‘buchi’ dell’acquedotto romano, mi indica il foro che sta a metà tra la Ravia e la spiaggia di Frontone; mi chiede di procurare una scala di almeno 15 metri d’altezza per poter salire ed introdurci in quel foro dove troverà sicuramente la risposta ad un suo quesito: ovvero che il termine dell’acquedotto romano non è alla Grotta del Serpente.

Gli dò immediatamente del matto: ma come, mettere una scala su una spiaggia e arrampicarsi lassù in cima, rischiando di romperci l’osso del collo! Aveva visto troppi film di Indiana Jones!

Gli scolmatori del Lago di Nemi spiegati da Leo Lombardi [3]

Quasi non mi avesse inteso Leo di rimando mi dice che se rimediavamo la scala avremmo potuto vedere pure la grotta del Core, dove si incrociano 4 cunicoli di acquedotto a diverse quote: “a naso” – continua Leo – dovrebbe essere un pozzo di decantazione dell’acqua!”
Bisognava quindi verificare….
In preda allo sconcerto ribadii: “Ma che ci pigli le pasticche per essere così matto? Ma come si fa a mettere una scala di 15 metri su una barca che si muove?”

Fortuna volle che poco tempo dopo una frana improvvisa creasse un terrapieno fino al buco; Leo si precipitò a Ponza e insieme ad Ernesto Prudente ci avviammo con una barca fino alla base e da lì ci arrampicammo.

Ernesto appena messo piede nel cunicolo venne avvolto da un silenzio – per lui così ciarliero – quasi religioso… Dopo aver camminato per circa 30 metri arrivammo ad una biforcazione e lì ci fermammo, per chiedere a Leo quale strada prendere, a destra o a sinistra: c’era solo la poca luce che facevano le nostre lampade e avevamo un po’ di paura addosso.

Leo senza scomporsi ci disse che era indifferente: tutte e due si riunivano un po’ più avanti perché era una specie di rotatoria: serviva agli schiavi quando avevano la cesta con la roccia tagliata poggiata sulla testa e non dovevano incontrarsi con quelli che avevano scavato il materiale, perché due schiavi, insieme, nel cunicolo non ci passavano.
E quel cunicolo era alto più di due metri, proprio per poter tenere la cesta in testa!
Ci spiegò che tuttora la tecnica della rotatoria si trova in tante miniere, sia in Africa che in America latina.

 

Come al solito aveva ragione e io ed Ernesto ci tranquillizzammo e proseguimmo il percorso.
Arrivammo nelle viscere della montagna per circa 100 metri, dove una frana chiudeva il passaggio e fummo costretti a tornare indietro.

 

Leo misurò le distanze, riportandole su un foglietto e annotò l’angolazione del percorso. Appena terminato il sopralluogo, andammo a casa di Ernesto e annotammo quelle misure sulla piantina di Ponza: scoprimmo che eravamo arrivati fino sotto alla chiesa di Santa Maria… Ernesto era in preda a un’eccitazione incontenibile.

Euforico e logorroico – stava metabolizzando quanto aveva appena vissuto – Ernesto ci portò subito a Santa Maria e insieme identificammo facilmente i pozzi di raccoglimento dell’acqua dell’acquedotto di Cala inferno: trovammo il foro di approvvigionamento che era lo stesso che noi avevamo percorso dal lato mare.

 

Così ebbe fine, una volta e per sempre, la credenza che l’acqua dell’acquedotto romano arrivi alla Grotta del Serpente, anche perché questa sta in una quota di vari metri superiore e i romani non avevano energia elettrica per far funzionare le pompe e portare l’acqua in alto!

 

…E che gli fa Indiana Jones al nostro Leo?

Leo-Lombardi.-Copertina-libro.-Ponza.-Impianti-idraulici-romani.1 [4]