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’A dint’ u scoglio russo

di Francesco De Luca
Scoglio rosso e Zannone [1]

 

La mattina si è aperta come le previsioni meteo avevano annunciato. Mare calmo, nessun vento e un solicello sbiadito che dispone l’animo alla serenità.

Pezzerì, il cane, si è alzato dal riparo. Non s’aspetta nessuna attenzione da chi abita nella casa a fianco. Lo sa che è presto perché Fummencapa (Veruccio per l’anagrafe) e sua sorella in inverno mettono la testa fuori la porta a mattino avanzato. Passa davanti un gatto ma non gli bada, è attirato dai saltelli di una ballerina. Abituato al pettirosso, ai passeri, finanche al merlo, una ballerina con la livrea bianca e nera è una novità. Anch’essa gironzola intorno a quei posti dove la sorella di Fummencapa, Filomena, deposita ogni mattino briciole di biscotto. Segno che qualcosa si muove nella natura, ma anche che il freddo rende gli uccelli bramosi di cibo.
Il commentatore delle notizie meteo aveva pronosticato che in giornata il grecale avrebbe messo a soqquadro il mare e fatto scendere le temperature.
Verso le undici infatti l’aria è agitata dal vento e il cerchio del mare intorno all’isola si increspa di onde bianche. Nel giro di mezz’ora si piomba nel mezzo del temporale.

Il cane, sparito, non appena il vento si impone negli anfratti delle case, ricompare e si accuccia nel suo rifugio.

Totonno Semiscotte è sceso dalla campagna. È tempo di pota. Sempre accoccolato sugli steli bassi a togliere i tralci inutili gli occhi si arrossano. Ha la sua età Totonno e, sebbene quel lavoro sia benedetto dai bicchieri di buon vino, questa giornata di pausa la gradisce.

Anche Michele si ritira. Si porta dietro l’asino per chiuderlo nella stalla. Dove sta lavorando il grecale non lo sente ma ugualmente avverte l’irrigidirsi della temperatura. Ha lasciato di sistemare i solchi dove sta piantando i piselli. Quelle catene guardano Palmarola. Ha risalito il sentiero e ha preso la direzione dei Conti. In casa cercherà di trascorrere in qualche modo il tempo. Decisamente inclemente tanto che la nave di sicuro non verrà. Nel porto infatti non c’è animazione. Soltanto il temporale fa sentire la sua voce. Oggi amplificata dai tralicci dell’impalcatura che abbraccia la Torre dei Borbone. Si lavora per rinnovare l’intonaco esterno. Gli operai di solito trafficano con gli arnesi, e si chiamano, ma ora il vento copre tutto.

Si chiudono le porte del paese. Dai bar aperti fuoriesce soltanto la voce colorata della televisione, nei negozi alimentari ci si muove fra i prodotti con una fretta nervosa, in chiesa soltanto qualche candela tremola, e dalle scuole non trapelano voci giovanili. Si tende a che la vita trovi nel chiuso il suo sfogo.

Forse tutto questo ha un riflesso nella mentalità isolana. Nel chiuso si amplificano il chiacchiericcio, il lamento, l’insoddisfazione. Forse la centralità del familiare rende ostile ogni influsso esterno. Nocivo, non dominabile e perciò ostile.

Nessuna sagoma si oppone alla scorribanda del grecale. Nessun panno steso rende visiva la sua forza, che le antenne televisive subiscono.

Fra i sibili una voce si insinua. Come un lamento. Seguendolo si distingue di più. Nei caseggiati del Porto da una casa proviene la richiesta insistente e aspra di un neonato. È così, lo prova quel fiocco rosa legato alla persiana. È una bambina allora che impone alla madre di occuparsi di lei.

L’inverno finirà presto. Marzo lascerà alla primavera di dispiegarsi a piacimento. Gli isolani torneranno a sorridere. Torvi nel cuore e indispettiti, torneranno a sorridere.