Ambiente e Natura

Nel tempio di Kun Iam

di Adriano Madonna

cinesi in preghiera

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Una cartella legata con lo spago raccoglie i disordinati appunti della mia permanenza in Cina. Ho trovato anche una fotografia che mi ritrae con Alorino Noruega, un signore di origine indiana che mi accompagnò a vedere i templi di Macao.

Sull’angolo di un foglio sgualcito leggo una data: 29 aprile 1989. Sono trascorsi tanti anni dal mio viaggio a Macao, un lembo di “Cina portoghese”.

Nel 1513, il navigatore lusitano Alvares circumnavigò l’Africa, doppiò il Capo di Buona Speranza e fece rotta verso Oriente. Dopo un viaggio che sembrava non avesse fine, giunse in un mondo straordinario e diede fondo alle ancore alla foce del fiume Cantao. Lì c’era una piccola penisola, Macao, con due isolette vicinissime, Taipa e Coloane.

Con l’arrivo dei Portoghesi, Macao divenne un’importante base commerciale, da cui partivano, per il mondo occidentale, i preziosi prodotti cinesi: spezie, oro, sete…

I portoghesi portarono a Macao la loro civiltà, i loro costumi e il Vangelo. Le due civiltà coesistono ancora oggi con reciproco rispetto, così come le rispettive religioni: è facile, ad esempio, che davanti a una chiesa cattolica vi sia un tempio buddista e che tanti cinesi seguano la processione dell’Immacolata. A Macao portoghesi e cinesi vivono in grande armonia. Dai matrimoni tra gli uni e gli altri ha avuto origine il ceppo detto maccanese.

Del mio viaggio in questo mondo metà orientale e metà occidentale ricordo, con un certo interesse, una giornata trascorsa nel tempio cinese di Kun Iam.

Il templo di Kun Iam
I cinesi, a quanto mi fu dato di osservare, nel tempio trascorrono ore intere: talvolta vi entrano al mattino e ne escono a sera tarda, quando il tempio chiude i battenti. Le preghiere agli dei sono lunghe, elaborate, suggestive, spesso addirittura difficili e sofferte. Tutt’intorno, un forte profumo di incensi e di sostanze parimenti odorose che bruciano in fumosi bastoncini e spirali votive. Di queste ultime, dal soffitto del tempio di Kun Iam ne pendevano di grandissime. Alorino Noruega mi spiegò che una volta accese durano un mese intero.

Vidi i cinesi che si presentavano ai loro dei, statue ricoperte di una patina d’oro e protette da una spessa lastra di cristallo su un coloratissimo altare. Li osservai a lungo mentre pregavano, ed ebbi da Alorino Noruega ampie spiegazioni. I fedeli afferrano con le due mani un bussolotto di bambù pieno di bastoncini e, inginocchiati sul pavimento, lo agitano in su e in giù, e questo può durare anche delle ore. Poi, cosa straordinaria, che mi incuriosì molto, fanno una specie di test per verificare se le orazioni sono state sufficienti, cioè se gli dei hanno perdonato i loro peccati: si avvicinano a un piccolo tavolo e parlano sotto voce con un sacerdote. Questi pone nelle loro mani un cilindretto di legno pieno diviso a metà nel senso dell’altezza. I due pezzi vengono lanciati in aria e, caduti sul pavimento, vengono osservati con attenzione, poiché, a seconda di come si sono disposti, si possono presentare tre situazioni diverse: le preghiere sono state sufficienti, così come il pentimento, e ciò significa che gli dei hanno perdonato; si deve pregare ancora un po’ e, infine, terza ipotesi, gli dei desiderano un maggior pentimento. In quest’ultimo caso, le preghiere devono essere diverse e il sacerdote, osservata la disposizione dei due mezzi cilindretti, pesca da uno scaffale una pergamena arrotolata e legata con un nastrino. Il penitente vi trova indicazioni su ciò che gli dei desiderano che egli faccia: il suo comportamento in famiglia, con gli amici, con i colleghi di lavoro… A questo punto, di solito il penitente scrive una preghiera su un foglio di carta che poi brucia nel sacro braciere all’ingresso del tempio: la preghiera sale, così, verso gli dei sotto forma di fumo.

orazione nel templo Kun Iam

In un angolo vidi un bonsai, uno di quegli alberi in “formato ridotto” dei quali i cinesi sono abili coltivatori. Tanta gente sfilava davanti alla pianta.
«Se la toccherai» mi disse Alorino Noruega «avrai vita lunga e felice».
Mi misi in fila anch’io e accarezzai il fusto contorto del bonsai.

Subito fuori del tempio c’era un grande albero le cui radici aeree, toccando il terreno, erano diventate grossi tronchi. Sotto quella folta chioma si recano marito e moglie quando il loro matrimonio è in crisi. Là, all’ombra dell’albero sacro, pregano gli dei di proteggere la loro unione e fanno buoni propositi, poi si avvicinano a una fontana e vi gettano una pataca (la moneta di Macao). Se il soldino si ferma nella parte alta della fontana il matrimonio è salvo e questo è un benevolo segno degli dei; se, invece, la moneta va a fermarsi nella parte inferiore, il risultato è dubbio, e quando, infine, questa addirittura cade in acqua, ogni tentativo di riconciliazione sarà vano. L’albero sacro con diversi fusti ha un significato preciso: i tronchi sono i membri della famiglia e la confluenza in una sola chioma è il simbolo dell’unione.

bonsai

Di solito, nel tempio cinese vengono allestiti dei singolari altarini in onore dei morti. Nella parte alta c’è la fotografia dello scomparso e sull’altare vi possono essere cibi e tabacco, le cose che il defunto ha preferito nella sua vita terrena, affinché possa ritrovarle dall’altra parte. Accanto, in sacchi e canestri, vi sono, in grandi quantità, finti lingotti d’oro e d’argento. Sono di cartone verniciato e rappresentano il pedaggio che i congiunti dello scomparso pagano per il suo viaggio nell’aldilà..

Mentre osservavo tutto ciò e Alorino Noruega mi spiegava le abitudini dei fedeli, sentivo continui e assordanti scoppi di mortaretti: i cinesi, nelle loro pratiche religiose, fanno grande uso di mortaretti. Gli scoppi hanno due fini: fare cosa gradita agli dei e allontanare gli spiriti maligni. Comperai anch’io un mortaretto per poche patacas e gli diedi fuoco. Uomini e donne sorrisero, sorrise anche Alorino Noruega, poi giunsero le mani, si inchinarono: avevo compiuto un bel gesto e me ne erano grati.

All’ingresso del tempio, in una vasca di pietra nuotava una tartaruga. Alorino Noruega mi spiegò che la tartaruga è il simbolo della fortuna, così come i due leoni che si trovano ai lati della porta del tempio.

«Se guardi bene» mi disse Alorino «uno dei due leoni è una femmina e tiene un minuscolo leoncino tra le zampe. È un augurio e un segno di prosperità».

Nel giardino del tempio c’era un boschetto di bambù, ma ciò che mi incuriosì fu vedere dei foglietti di carta stretti con nastri colorati attorno alle canne. Alorino Noruega disse che si trattava di preghiere scritte agli dei da quelle donne che hanno i loro consorti lontano da casa per motivi di lavoro. Sui fogli di carta c’è l’invocazione agli dei perché gli uomini restino fedeli alle loro spose e non si invaghiscano di altre donne. Finché i fogli di carta stretti dai nastri attorno ai bambù non vengono strappati via dalla pioggia e dal vento, è certo che questa disgrazia non avverrà.

Ad un certo punto si fece nel tempio un gran silenzio e si udì la voce di un sacerdote che iniziava una litania inginocchiato verso l’altare. Si accompagnava con il battito ritmico di un bastone sopra un tronco di legno cavo. Era un momento di grande solennità: Alorino Noruega abbassò il capo, tutti i cinesi che si trovavano nel tempio abbassarono il capo. Assunsi anch’io quell’atteggiamento in segno di rispetto verso quella religione in cui avevo fatto capolino in una piovosa giornata dei primi di maggio.

Tutto ciò accadeva nel tempio di Kun Iam, a Macao, un minuscolo lembo di “Cina portoghese”, in un momento della mia vita di tanti anni fa.

magia

 

tratto dal libro “Appunti di viaggio, momenti di vita in giro per il mondo” di Adriano Madonna

Nota (a cura della Redazione)

Macao è una delle regioni amministrative speciali della Repubblica Popolare Cinese insieme a Hong Kong.
Si trova sul lato occidentale del delta del fiume delle Perle con Hong Kong ad est.
Ex colonia portoghese, Macao è stata annessa al Portogallo alla metà del XVI secolo,  fino al 1999 quando rappresentava l’ultima colonia europea in Asia.
Il nome Macao è di origine portoghese (Macau). Si suppone derivi dal tempio dedicato a Mage costruito nel 1448 per la dea Matsu. In Cina la città è nota come Aomén (da Wikipedia)
Penisola di Macao

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