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Quelle cisterne “fatte in casa”

di Luisa Guarino

 

Leggendo i pezzi che Sandro Russo ha scritto sulle cisterne di Ponza e non solo (leggi qui [1] e qui [2]), prendendo spunto dalla rinata attenzione intorno a grandi e importanti strutture come quella della Dragonara, della Parata e del Comandante, ho ripensato a quelle cisterne meno grandiose dal punto di vista architettonico, ma assolutamente utili e funzionali, che ho conosciuto nella mia vita sull’isola.

Nonna Fortunata [3]

Luisa e Silverio con nonna Fortunata

I ricordi partono da lontano. Da quella casa in Via Roma dove nonna Fortunata e zia Concettina Mazzella, quando io e mio fratello eravamo bambini, gestivano l’osteria (all’epoca non si parlava di bar) “Il rifugio dei naviganti”.
Come accadeva per molti esercizi commerciali, la stanza esterna fungeva da locale pubblico, mentre nelle stanze interne si abitava. Ebbene, nell’angolo destro della prima stanza c’era una cisterna, che a Ponza si chiama anche piscina; in realtà era un pozzo, profondo e con il tipico ‘ingresso’ cilindrico, che a sua volta comunicava con un vano molto più ampio sottostante (1).
Quella cisterna-piscina-pozzo, ricordo, veniva usata soprattutto per tenere al fresco il cocomero (mellone d’acqua) tutta la mattinata, per poterlo gustare bello fresco all’ora di pranzo: si metteva l’anguria nell’apposito secchio con la corda sempre a disposizione e si mollava finché non era completamente immerso. Una frescura naturale assolutamente straordinaria.
La prima volta che abbiamo dato quel locale in mano a terzi il pozzo è stato riempito di calcinacci e poi ‘cancellato’ dalla vista.

Zia Concettina [4]

Luisa e Silverio con zia Concettina

Nella casa alla Parata invece la cisterna occupava un posto centrale sul pianerottolo del primo piano dove abitavamo, al quale si accedeva mediante una lunga scala.
Solo riflettendoci ora mi rendo conto che all’epoca non avevamo l’acqua corrente in casa: quand’ero bambina però non me ne sono mai accorta, anche perché l’approvvigionamento e la relativa distribuzione per le diverse incombenze di cucina e bagno venivano puntualmente assicurati da nonna e mamma. Noi eravamo solo utenti, un po’ viziati e molto contenti.
Quella cisterna casalinga, per la cronaca, è vicinissima a quella enorme della Parata utilizzata in tempo di guerra di cui hanno diffusamente parlato sia Rita Bosso (leggi qui [5]) che lo stesso Sandro.

Ma il mio rapporto ‘diretto’ con le cisterne ponzesi non finisce qui. Per alcuni anni, io e mio fratello Silverio eravamo adolescenti, abbiamo vissuto in una casa sulla Dragonara alta, ma parecchio alta, laddove attualmente vivono Michele Rispoli e sua moglie Lucia Coppa.
Ebbene anche lì all’epoca niente acqua corrente ma un bel pozzo al quale si attingeva per ogni necessità: oggi sembra perfino impossibile pensarci, ma allora era tutto talmente normale e semplice. Non ci sentivamo certo limitati anche se in terraferma eravamo da sempre abituati all’acqua corrente e riscaldata.
A questo proposito, il ricordo più ‘vibrante’ di quel periodo è quello di certe docce sul posto, ghiaccio liquido: roba che al confronto quelle fatte dopo il bagno a mare da Enricuccio Migliaccio nella sua grotta di Chiaia di Luna sembravano tiepide.

L’ultima in ordine di tempo si trova anch’essa sulla Dragonara, ma nella parte molto più bassa: esterna all’abitazione e ad essa collegata da uno stretto viottolo.
Fino a non molti anni fa, grazie a una pompa immersa sotto il livello dell’acqua, grazie a quella cisterna, in caso di bisogno legato a carenze di approvvigionamento idrico, l’acqua corrente in casa non mancava mai.
In quel pozzo veniva raccolta l’acqua piovana e per far sì che potesse essere sempre pulita i tetti delle case circostanti venivano regolarmente puliti e imbiancati.
Certamente a Ponza ne esistono ancora diverse. E magari i loro proprietari grazie ad esse non avranno avuto problemi anche con l’emergenza del mese scorso, quando per oltre dieci giorni le navi cisterna non hanno potuto approvvigionare l’isola.

 

Nota
(1) – Per i ricordi di Rita Bosso della piscina casalinga, leggi qui [6]