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Sembrava di stare a Ponza…

di Sandro Vitiello
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Spesso ci si domanda qual’è il modo migliore per raccontare Ponza fuori dai suoi confini.
Ci sono ovviamente tante formule e molte di queste funzionano visto che sono tanti quelli che decidono di visitare la nostra isola.
Io ci provo facendo il mio lavoro.
E’ da una decina di anni che, in occasione della Bit, quando arrivano i ragazzi di Ponza, organizziamo una serata ponzese in Brianza.

Sono dei bei momenti di convivialità dove ci si trova con i tanti lombardi che amano la nostra isola, con persone amiche dei ragazzi, degli insegnati o dei cuochi che ospitiamo.
Si mangiano buone cose, si racconta della “grande bellezza” di Ponza e si incominci a sognare l’estate che arriverà.
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L’ultima che abbiamo fatto venerdì appena passato è stata sicuramente la migliore.
C’era tanta gente che ha apprezzato i piatti serviti ma che ha apprezzato soprattutto l’originalità della proposta.
Ebbene sì; abbiamo deciso di raccontare con una cena quello che si metteva in tavola sulla nostra isola nei tempi che furono, durante il periodo invernale; alcuni lo fanno ancora.
Abbiamo raccontato qualcosa che appartiene alla nostra piccola storia, al nostro vissuto.
A fine Gennaio si ragionava sul menù da proporre e mi è venuto in mente un piatto seppellito nei miei ricordi che non ho più assaggiato da almeno quarant’anni: le lenticchie con la pettola.
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Lenticchie con la pettola

Parlarne con Maria e Rosaria, aggiungere altre idee legate alla cucina invernale della nostra isola e in pochi minuti abbiamo costruito il nostro menù.
Che si mangiava a Ponza d’inverno, quando non si andava a pescare per giorni e settimane a causa del brutto tempo?
Si mangiavano legumi, patate, pesce secco, pesce conservato sott’olio e sotto sale, m’nesta ‘i foglia.
Si provava a impastare un po’ di pettola per dare un diverso sapore alla solita zuppa di lenticchie.
Con questi ingredienti “poveri” si riempivano di profumi le nostre case e si dava civiltà al nostro vivere.
Il menù che abbiamo servito ha tratto ispirazione da questi ricordi.
Certo siamo scesi a qualche compromesso quando abbiamo sostituito le mosdelle secche con il baccalà ma non si poteva fare diversamente.
Il resto era tutto secondo regola.
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La ricetta per fare la pettola è stata rispettata senza deroga alcuna.
Acqua, farina e sale e tanto lavoro di braccia. Niente uova, niente lievito.
Stesa su un piano e tirata col mattarello fino a farne una sfoglia non troppo sottile.
La semplicità che è difficile a farsi.
Abbiamo chiuso servendo le nocche appena fatte e qui ci siamo lasciati andare ad un peccato di gola tipicamente lombardo: una crema al mascarpone in accompagnamento.
Questo abbiamo raccontato in una sera d’inverno ad un gruppo di amici, in terra di Brianza.
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P.S. – Tutto questo è stato possibile anche perchè ci sono insegnanti come Ennia e Angelida che non mollano e che ogni anno portano i ragazzi alla Bit.
Gli studenti del Filangieri hanno fatto omaggio agli ospiti della serata di alcune loro creazioni su ciottoli raccolti nella spiaggia di Palmarola.
Bisogna ringraziare anche e soprattutto Maria del “Così com’era” accompagnata da Sabrina e Rosaria del “Punta Incenso” accompagnata dal suo Girolamo che, con le loro idee e le loro braccia hanno permesso il successo di questa serata.
Senza dimenticare Carmen Argiero, sempre presente ai nostri incontri, che ha omaggiato i ragazzi e gli insegnanti con una sua creazione molto originale: uno “stracquo ponzese” in terra di Brianza.
Alla prossima.
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