Arte

Sanremo Festival

di Silverio Lamonica
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Archiviata la parentesi dell’elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica, ecco avvicinarsi il tanto “sospirato” Festival della Canzone Italiana di Sanremo.
Perché il Festival è nei decenni immarcescibile, diversamente da altri spettacoli? Una delle ragioni potrebbe essere la seguente…
Il canto, secondo Darwin (cfr. a proposito su Google: Charles Darwin – “L’origine dell’uomo – segni e gesti”) probabilmente è l’espressione primordiale dell’homo loquens.
Infatti egli afferma: “E’ probabile che l’uomo primitivo o qualche progenitore di esso usasse per la prima volta la voce per produrre vere e proprie cadenze musicali, cioè per cantare, come fanno oggi i gibboni: possiamo quindi concludere in base a tante analogie che quest’attitudine si dev’essere particolarmente esercitata durante il corteggiamento amoroso – per esprimere emozioni come l’amore, la gelosia, il trionfo…”.

A tale scopo allego un breve video esplicativo, carpito da YouTube:

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A parte i gibboni, affascinanti forze della natura, che in un certo senso ci ricordano uno dei “mostri sacri” della musica leggera italiana (io sono un suo fan) e il trionfo che ci rimanda piuttosto ai canti patriottici, dall’ateniese Tirteo agli inni del nostro Risorgimento e della Resistenza, le emozioni appena citate non sono forse i temi trattati dalle canzoni di Sanremo e non solo?

Perciò sbaglia chi considera la manifestazione musicale di Sanremo, ma ogni spettacolo canoro in genere, come un prodotto della subcultura. Il canto è un’espressione essenziale per l’uomo, a parte gli stonati come me, ma questo è un altro discorso. Possiamo discutere sulla validità o meno dei testi, ma ciò è un argomento a parte.
Inoltre il canto, anche solo ascoltandolo, specie nella raffinata cornice mondana del festival, ti rigenera l’animo e ti allontana sia pur momentaneamente dalle preoccupazioni quotidiane, dalle difficoltà cui il nostro Capo dello Stato, appena eletto, ha fatto saggiamente cenno e, nello stesso tempo, ti consente di “riprender fiato” per affrontarle con maggior vigore e decisione.

Per i motivi suddetti:

Noi italiani amiam le canzonette
dai tempi di Nerone e ancora prima,
sian esse in versi sciolti oppure in rima
di tante volentier facciamo incette.
Rapiti siamo dalle silhouette
delle cantanti in un festoso clima:
lo sfarzo e l’eleganza sono in cima,
si sprecano sorrisi e piroette.
Il festival è nato nel cinquanta
sta ormai vicino al dì della pensione,
ma di cantar la voglia è ancora tanta
ché fuga sia l’ambascia e la tensione;
da alcuni è ritenuto mano santa
per altri invece è un “vecchio scarpone”.

Per sollevar dai guai la gran massa

Sanremo esorta: “Canta che ti passa!”

 

Nota
La “poesia” di cui sopra è un sonetto caudato ossia un sonetto normale di 14 versi endecasillabi, cui è stato aggiunto, a mo’ di coda, un distico finale ovvero una strofa di due versi a rima baciata che nel nostro caso rappresenta un po’ la “morale della favola”. Una “stanza” simile la troviamo in Boccaccio: Teseida “O sacre muse…” e in altri poeti veri come lo stesso Michelangelo, cui chiedo umilmente venia.

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Di Silverio Lamonica,  in condivisione con: www.buongiornolatina.it

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