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Dialogando, a scuola, coi ragazzi…

di Rosanna Conte
Panorama con Cala Feola [1]

 

Lo scorso autunno “Ponza racconta” ha convenuto con alcuni docenti dell’Istituto Comprensivo di Ponza di mettere in campo una collaborazione che riguardasse i temi dell’alimentazione, della donna durante il fascismo e del confino politico ovviamente focalizzati su Ponza, ma strettamente collegati al contesto nazionale. Approvate dal Collegio dei docenti le linee progettuali, in questi giorni abbiamo iniziato ad incontrare gli alunni.

 

E’ stato emozionante entrare in quinta per parlare di storia, la storia della nostra isola !

Sono tornata indietro nel tempo, quando da alunna frequentavo la scuola di un’isola, dove le mareggiate potevano impedire ai professori di arrivare, dove noi ragazzi potevamo taroccare le interrogazioni puntando sulla loro preoccupazione che ci fosse almeno un’ultima corsa che potesse consentire di tornare a casa in terraferma.

E, ancora, sono tornata indietro nel tempo quando da docente, andavo ad insegnare nelle isole, circa tre anni ad Ischia e altri tre a Procida, facendo la pendolare a mia volta da Napoli. Nei ruoli invertiti, avevo la preoccupazione di dare ai miei alunni isolani quanto avevo dato in precedenza e avrei dato successivamente ai miei alunni di terraferma. Ho affrontato mareggiate ed ho cercato anche di precipitarmi al porto per prendere a volo l’ultimo traghetto, stando sempre presente in aula concentrata in quel rapporto didattico che pone al centro l’alunno.

La scorsa settimana, venerdì, dalla finestra della sala professori, mentre aspettavo che arrivasse l’ora per andare in classe, guardavo il mare che schiumava sotto le sferzate del vento. Fra Palmarola e le Forna si formavano onde il cui fronte, calcolavo, doveva essere di 20 o 30 metri e la cui altezza doveva raggiungere in alcuni punti i due metri e mezzo.

L’attigua stanzetta dei collaboratori scolastici era calda e accogliente e, pur parlando con loro, il mio sguardo era sul mare.

Forse è per tutto questo che, quando sono entrata in classe, mi sono ritrovata come a casa e la chiacchierata su Ponza sembrava fatta al caldo del camino.

I ragazzi presenti, erano sette quel giorno, hanno dovuto fare il passo che porta indietro nel tempo: non la Ponza di oggi, ma quella che è andata delineandosi dal ‘700 al secondo dopoguerra attraverso la presenza di condannati ai lavori forzati, di coatti, di condannati politici, senza potersi scrollare di dosso questa gravosa funzione di luogo di emarginazione per spiccare il salto verso il turismo. Non tutti erano informati sulle vicende dell’isola legate alla colonizzazione borbonica, mentre avevano già studiato a scuola il periodo fascista, per cui erano pronti per affrontare la ricostruzione socio-ambientale dell’isola negli anni in cui fu luogo di confino politico. Hanno potuto ascoltare dalla voce registrata di anziani testimoni come potevano muoversi i ponzesi per la loro isola in quel periodo, chi potevano incontrare e cosa potevano vedere. Ma hanno anche appreso, dalla lettura di alcuni brani da “Alba Spina” di Silvia Del Zoppo, quale era l’impatto che i confinati avevano al loro arrivo sull’isola, come erano organizzati e quali regole dovevano rispettare.

Le due ore a disposizione sono passate veloci.

Ci sono tornata, poi, martedì, insieme a Enzo Di Giovanni, e, in classe, c’erano nove ragazzi.

Partendo dal rapporto donna-fascismo, il discorso si è soffermato sulle ponzesi che hanno sposato i confinati e su alcuni di questi, per concludersi su due figure sulle quali, in questi ultimi mesi, stiamo raccogliendo nuovo materiale, Stoka e Greatti.

Pur parlando di Ponza, mentre scorrevano i volti delle persone citate, gli studenti hanno potuto, attraverso la visione di filmati, fare un affondo nella grande storia, come la presa di Fiume, la battaglia di Guadalajara, la strage delle Fosse ardeatine, le Quattro giornate di Napoli.

Hanno sentito parlare per la prima volta delle donne ponzesi, come Maria Migliaccio, Maria Bosso, Maria Vitiello, che hanno partecipato alla lotta partigiana o come staffette o come custodi di luoghi di smistamento e di informazioni, qualcuna andando addirittura in montagna. Donne che hanno seguito i mariti non passivamente, ma sostenendoli ed affiancandoli nelle loro azioni di resistenza e attacco al nemico che occupava l’Italia.

Del resto la loro forza e intelligenza si era già mostrata nella determinazione con cui avevano affrontato le angherie, le offese, le umiliazioni ed i ricatti a cui erano state sottoposte quando avevano fatto la scelta di amare un confinato politico.

Gli esempi di Rita Parisi, di Carolina Guarino, Civita Migliaccio, Libera Scarpati e Giuseppina Bosso, sono stati abbastanza indicativi per far comprendere di quale forza d’animo fossero dotate. Veramente, come dice Corvisieri, col loro amore hanno sfidato il regime fascista. Del resto i loro uomini non erano persone di poco conto. Tutti, dopo la caduta del fascismo, si rimisero in campo e, dopo l’armistizio, parteciparono alla lotta partigiana.

Qualcuno è morto valorosamente, come Antonio Camporese, marito di Carolina Guarino, durante la liberazione della sua Padova; o si è suicidato nel momento di essere preso prigioniero per non correre il rischio di parlare sotto tortura, come Carlo Fabbri, marito di Giuseppina; o è stato trucidato dai tedeschi alle Fosse ardeatine, come, Mario Magri e Silvio Campanile, mariti rispettivamente di Rita Parisi e di Maria Bosso.

Questi nomi, come gli altri che per questioni di tempo non sono stati trattati , rischiano di essere dimenticati, ma, abbiamo suggerito agli alunni, ci possono aiutare i libri di Silverio Corvisieri, nonché gli articoli di Gino Usai e Gennaro Di Fazio presenti su Ponza racconta.

Enzo Di Giovanni ha introdotto il personaggio di Teresa Vergalli, staffetta partigiana che ha conosciuto lo scorso anno a Formia e che speriamo di poter invitare qui a Ponza per farla incontrare con i ragazzi. La passione per la storia non è amore di un ricordo, ma è ricerca continua di perché, e la possibilità di avere un testimone stimola domande, apre discussioni, alimenta riflessioni.

Del resto la conoscenza storica è il frutto di un lavoro continuo, perché non tutto è conosciuto e non tutto è concluso.

Come riprova abbiamo anche parlato di due confinati su cui stiamo lavorando, Francesco Stoka e Umberto Greatti, provenienti da Trieste, città che vide l’italianizzazione forzata delle minoranze slave e croate imposta dal fascismo e visse la tragica vicenda delle foibe le cui vittime vengono commemorate nella giornata del ricordo, il 10 febbraio.

Gli studenti, nei prossimi giorni, per approfondire i temi trattati, in particolare le vicende che hanno vissuto le passate generazioni della nostra isola, proseguiranno il lavoro raccogliendo le testimonianze di anziane ponzesi attraverso delle interviste.

Ci auguriamo che una loro rielaborazione, oltre che essere consegnata al loro docente di Storia, venga inviata anche a Ponza racconta.
La pubblicheremmo con grande piacere!