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La volta che zia Iole andò in Paradiso. (2)

di Emanuela Siciliani
Zia Iole col casco [1]

 

Per la puntata precedente, leggi qui [2]

 

Quando le proposi di venire con noi in Sri Lanka, all’inizio non voleva neppure crederci. In realtà non stava nella pelle ogni volta che ne facevo cenno…

– Allora zia, quest’anno vieni con noi.
– Ma va! – rispondeva, con una luce negli occhi.

Tant’è che alla fine si organizzò la partenza e lei, che non aveva mai preso l’aereo e non parlava una parola di niente se non abruzzese e romano- fece il viaggio da sola con mia suocera Luisa, diversa da zia… Eh sì, molto diversa.
Bastò spiegarle cosa fare, il check-in, i bagagli, se la sbrigarono benissimo, la coppia di arzille turiste.

Zia Iole e Luisa la Fondatrice [3]

Arrivate a Colombo e cercando una ritirata, si trovò a elargire due euro di mancia alla signora del bagno; due euro che tradotti a quel tempo in rupie, era un mezzo stipendio a giornata.

Zia Iole non era esattamente un’alice: amante della buona cucina, copriva la ciccia con dei larghi vestiti leggeri. Un borsellino con le sigarette e l’accendino ed era pronta a scoprire questa magica terra, di cui non finiva di stupirsi.

Zia Iole col Buddha di Dondra [4]

Una visita al candido faro di Dondra, punta estrema dello Sri Lanka, sentinella bianca nel mare spumoso, l’aveva ammaliata.

Summith con la moglie Deepa [5]

Zia Iole prende la macchina [6]

Zia Iole con Summith.2. Il tuk-tuk [7]

Zia Iole con Sumith (sopra con la moglie Deepa). Sulla destra della foto in basso, il tipico taxi locale, un tuk-tuk, simile alla nostra Apetta, prodotta dalla casa indiana Bajaj

In una macchina anni ’50, Sumith e la moglie ci avevano scorazzato per un’intera giornata, finendo la visita al tempio di Dondra. Tutto aveva voluto sapere: degli Dei colorati, dei monaci buddisti, dei riti della vita e della morte, delle loro preghiere. Di tutto era curiosa, come una bambina che prende il treno per la prima volta.

Zia Iole & Monk [8]

Non le bastavano gli occhi, assaporava con gusto, distillava gli odori, tastava frutta e verdura che mai aveva servito ai suoi ospiti e non finiva di ridere e sorridere a tutto quello che raggiungeva il suo sguardo.

Con vari stratagemmi riuscii a farla salire in motorino, tra i chili e l’età non fu cosa facile. Stretta dietro di me sulla sella partivano i racconti …Tua madre era bella, oh, se era bella! …Poi piccoli segreti, un modo continuo per dirmi chi era mio padre e così chi ero io.

Zia Iole e lo scooter [9]

I racconti continuavano, immerse nel mare di Polhena, il sole lieve del primo mattino, la spiaggia deserta che in quella luce risplende.
Era pura, autentica, indimenticabile gioia, lo stare con lei.

***

Ma non passò molto tempo dopo il rientro dallo Sri Lanka che zia Iole cominciò ad avere dei disturbi. Pian piano divennero tali da farci comprendere che forse il suo tempo si era esaurito:
– Non è che chiedo tanto, qualche anno, ho ancora tante cose da fare – mi aveva detto un giorno che ero andata a trovarla.
Non avevo saputo che cosa rispondere.

Il giorno del suo funerale, celebrato in un minuscolo cimitero della Valle Roveto, alcuni presenti avevano detto qualcosa, in memoria di zia Iole.
Prima di lasciare il cimitero – mentre zia Iole riposava in mezzo a tutto quel verde tra gli amici di sempre – mi si avvicinò una signora di città che sorridendo mi chiese:
– Sei tu la nipote che l’ha portata in Sri Lanka?
– Sì, piacere.
– Mi disse che l’avevi portata in paradiso.

Sì, in paradiso. E’ lì che sta andando.

Zia Iole vicino all'altarino del Piccolo Buddha [10]

 

[La volta che zia Iole andò in Paradiso. (2) – Fine]