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Evoluzione, la chiave della vita (2)

 evoluzione della vita [1]

di Adriano Madonna

per la prima parte (leggi qui [2])

I pesci, primi vertebrati della storia della vita
I primi vertebrati, ossia i primi esseri viventi dotati di uno scheletro più o meno complesso, sono stati i pesci. E’ affascinante considerare che le nostre origini sono nell’acqua ed è naturale chiedersi come fossero i primi pesci della storia. Erano forse simili a quelli odierni? Un po’ sì e un po’ no, perché avevano, è vero, un corpo più o meno fusiforme come quello di una spigola o di un muggine, ma non avevano mascelle, infatti sono stati chiamati agnati, che in greco significa proprio “privi di mascelle”, e non avendo mascelle non avevano neppure i denti, poiché mancava un’impalcatura sulla quale questi potessero fissarsi.
Gli agnati, primi pesci della storia del pianeta acqua, in luogo della bocca avevano poco più di un semplice “buco” e si nutrivano filtrando il fango del fondo e le sostanze in sospensione nell’acqua. Ma avevano anche un’altra caratteristica: erano dotati di una sorta di involucro dermico che avvolgeva il capo. In ragione di ciò, la classe a cui appartengono gli agnati viene definita degli ostracodermi. Facendo ancora capolino nel greco antico (com’è d’obbligo, trattando di biologia), scopriamo che “ostracon” significa conchiglia e “derma” pelle: in pratica, una sorta di conchiglia di derma robusto attorno al capo, come il casco di cuoio dei motociclisti di un tempo.

Tracce degli agnati rinvenute sottoforma di fossili collocano questi primi vertebrati nel periodo dell’ordoviciano sino a tutto il devoniano.

Mutamenti dell’ambiente e necessità di sopravvivenza fecero sì che gli agnati si evolvessero e il primo carattere evolutivo fu il completamento della bocca, con la comparsa delle mascelle e dei denti.

A tal proposito, Emanuele Padoa, uno dei più grandi scienziati in materia di biologia evolutiva e comparata, dice testualmente: “Il differenziamento di una cerniera buccale, sostenuta da arcate mascellari, rappresenta una grossa svolta evolutiva, perché da quel momento i vertebrati potranno nutrirsi di prede maggiori e acquisteranno la supremazia sugli altri organismi acquatici.”

Gli agnati mettono i denti
Gli agnati, dunque, mettono i denti e diventano gnatostomi (dal greco gnathos, mascelle, e stoma, bocca). I due gruppi sono importantissimi, tant’è che costituiscono la prima, grande divisione dei vertebrati, ma gli agnati non scompaiono del tutto dalla storia del pianeta, e, seppure in pochissimi, giungono sino ai nostri giorni: un “agnate contemporaneo”, infatti, è la lampreda, un pesce che trascorre lo stadio larvale in acqua dolce per passare, poi, al mare durante lo stadio adulto e tornare ancora alle acque dolci per la riproduzione. La lampreda non ha mascelle, ma una bocca circolare con un labbro carnoso, che la colloca nella classe dei ciclostomi (bocca circolare).

lampreda [3]

(Lampreda)

E’ ovvio che la storia evolutva degli agnati non consiste solo nella traformazione della bocca, ma un po’ di tutti gli aspetti anatomici e fisiologici. Ad esempio, quando gli agnati già erano diventati gnatostomi, la suddetta “conchiglia dermica” si trasformò, dividendosi in placche e scaglie, che, essendo separate (seppure tra loro collegate), consentivano all’animale una maggiore motilità, in particolare la cinesi (movimento) della testa.

In base a questa caratteristica, ecco costituirsi la classe dei placodermi (pelle a placche), evoluzione diretta degli ostracodermi.

Con gli gnatostomi si apre la via verso i vertebrati più evoluti: possiamo infatti dividere gli gnatostomi nelle cinque classi dei pesci, degli anfibi, dei rettili, degli uccelli e dei mammiferi. Consideriamo che ognuna di queste classi è una tappa dei vari passaggi evolutivi, quindi dobbiamo ritenere importatissimo il momento in cui “il pesce esce dall’acqua” per diventare un anfibio. Come dice ancora il Padoa “La sortita dall’acqua è legata allo sviluppo dei polmoni e al differenziamento di arti, cioè di appendici con uno scheletro di vari pezzi articolati, che permettono il movimento sul terreno. Per quest’ultimo carattere, si possono riunire anfibi, rettili, uccelli e mammiferi nel gruppo dei tetrapodi, opponendoli agli ittiopsidi, che comprendono gli agnati e i pesci sensu lato“.

Noi ci fermiamo a questo gradino della storia evolutiva dei vertebrati: ci fermiamo ai pesci, perché il mondo acquatico è quello che, forse, ci interessa di più, ma per amore di conoscenza posso assicurarvi che lo straordinario viaggio attraverso l’evoluzione dei vertebrati varrebbe la pena farselo tutto, poiché non c’è nulla di più affascinante. Noi, però, ci fermiamo qui, ai pesci, cogliendo l’occasione per dire che, in sede di biologia evolutiva e comparata, sarebbe più corretto chiamare i pesci in genere con il nome di ittiopsidi.

Condroitti e osteitti
Importantissima è la divisione degli ittiopsidi in condroitti e osteitti.

manta, appartenente alla classe dei condroitti [4]

(manta, appartenente alla classe dei condroitti)

cernia gigante, appartenente alla classe degli osteitti [5]

(cernia gigante, appartenente alla classe degli osteitti)

I primi sono pesci con scheletro cartilagineo, gli altri con scheletro osseo. Rispettando la scala evolutiva, come fa notare anche il Padoa, dato che condroitti e osteitti sono quasi coevi dei placodermi, non è possibile che abbiano avuto origine da essi. Piuttosto, dovrebbero derivare da un gruppo di placodermi ancora più antico di quello a noi noto.

I condroitti si suddividono in due sottoclassi: gli elasmobranchi e i bradionti. Gli elasmobranchi riuniscono gli squali (pleurotremati) e le razze (ipotremati),

squalo bianco [6]

(squalo, appartenente alla sottoclasse degli elasmobranchi, ordine  pleurotremati))

razza [7]

(razza, appartenente alla sottoclasse degli elasmobranchi, ordine ipotremati)

mentre i bradionti comprendono il solo ordine degli olocefali, con l’unico genera Chimaera, a cui appartiene la Chimaera monstrosa, un pesce batiale che può capitare nelle reti dei pescherecci che strascicano in profondità.

Chimaera monstrosa [8]

(Chimaera monstrosa, sottoclasse dei bradionti, ordine degli olocefali)

I condroitti, i cui rappresentanti più noti sono gli squali, sono pesci quasi esclusivamente marini, anche se l’apparato osmoregolatore di molte specie consente loro di risalire facilmente i fiumi e di entrare nei laghi. Il vero campione di questa specialità è il Carcharinus leucas, che, a seconda del corso d’acqua dolce nel quale si trova, assume un nome specifico: ad esempio, quando risale il Gange prende il nome di Carcharinus gangeticus, nel lago Nicaragua è noto come Carcharinus nicaraguensis e nello Zambesi è noto come squalo dello Zambesi. Tanti nomi, dunque, ma è sempre lui, Carcharinus leucas, che riesce a permanere perfettamente a suo agio in acque dolci, salate o salmastre.

Carcharinus leucas [9]

(Carcharinus leucas)


Prima il mare o le acque dolci?
Una domanda interessante potrebbe essere la seguente: i primi pesci sono stati di acqua dolce o di acqua salata? E qui, ovviamente, si fanno ipotesi, anche se supportate da considerazioni scientifiche, ma è pur vero che prove vere e proprie, prove inconfutabili, non ne esistono. Considerando, quindi, che i condroitti sono certamente più antichi degli osteitti (il complesso scheletro osseo degli osteitti è un’evoluzione dello scheletro cartilagineo minimo dei condroitti), si ritiene che ostracodermi e placodermi vivessero in acque dolci o leggermente salmastre, poi ci deve essere stato il passaggio al mare dei condroitti, di cui alcune specie hanno conservato la capacità di gestirsi con una certa elasticità sia l’ambiente di acqua dolce sia quello di acqua salata.

L’evoluzione dei pesci ossei
L’evoluzione degli osteitti dura sin dal periodo devoniano (350 milioni di anni fa), con la formazione di numerosi gruppi di pesci. Attualmente, il più importante è quello dei teleostei, tant’è che, anche se è inesatto, spesso teleostei e osteitti si considerano sinonimi. C’è da dire, comunque, che gli altri gruppi sopravvivono, non sono scomparsi, anche se i rappresentanti sono pochissimi, un po’ come il caso della lampreda, discendente attuale degli agnati ancestrali. Tra gli altri gruppi costituenti la classe degli osteitti ci sono veri fossili viventi, come la latimeria (Latimeria chalumnae), più nota come celacanto.

latimeria chalumnae [10]

(Latimeria chalumnae)

Lo stesso storione, dell’ordine degli acipenseridi, famoso per le sue uova, che risaltano sulle tavole ricche con il nome di caviale, è un po’ una sorta di fossile vivente.

Ritornando alla latimeria, dell’ordine dei crossopterigi, dobbiamo aggiungere che questo pesce per diverso tempo è stato oggetto di convinzioni errate: ad esempio, quando, nel 1938, ne fu pescato un esemplare nel fiume Chalumna, in Sud Africa, si pensò che lo strano pesce fosse l’unico e solo sopravvissuto di una specie ancestrale, poi la latimeria cominciò a fare la sua comparsa in altri angoli del mondo: Comore, Tanzania, Sulawesi, Indonesia, Kenya, Madagascar. Non è dunque così raro il famoso celacanto!

Il caso della latimeria ci induce a pensare che in biologia marina spesso la verità è nascosta sotto molti metri d’acqua e non è facile trovarla, al contrario di quella zoologia che si occupa di fauna della dimensione asciutta, certamente più facilmente esplorabile e osservabile.

L’evoluzione continua
Cosa ci riserva il futuro? Anche per i pesci l’evoluzione continua, così come per ogni entità vivente. Come saranno, dunque, i pesci dei mari, dei fiumi e dei laghi fra qualche milione di anni? Certamente “ne vedremo delle belle” e i segni ci sono già adesso: ci sono pesci che “si sono costruite” pinne toraciche che sembrano ali, e qualcuno riesce a fare anche dei discreti voletti, come il pesce rondine.
pesce rondine [11]
Altri hanno trasformato le pinne in zampe e zampettano sul fondo del mare (come il pesce civetta).
pesce civetta [12]

Li vedremo, un giorno, arrampicarsi sugli alberi? Certamente sì e qualche pesce d’acqua dolce già lo fa. Del resto, pensandoci bene, non sarebbe niente di nuovo: abbiamo detto, infatti, che dopo i pesci ci sono stati gli anfibi, poi i rettili, gli uccelli e i mammiferi. Non è altro, quindi, che la storia che si ripete. O che continua? Decidete voi.

[Evoluzione, chiave della vita (2) fine]

 

Dott. Adriano Madonna, biologo marino, ECLab Laboratorio di Endocrinologia Comparata, Dipartimento di Biologia,Università degli Studi di Napoli “Federico II”

 

Bibliografia

E. Padoa – Manuale di anatomia comparata dei vertebrati – Feltrinelli;
Prof. G. Ciarcia e Prof. G. Guerriero – Lezioni di citologia e biologia dello sviluppo – Università di Napoli Federico II;
Prof. C. Motta – Lezioni di biologia evolutiva e comparata – Università di Napoli Federico II;
Beccari – Anatomia comparata dei vertebrati – Sansoni;
Mitchell, Mutchmor, Dolphin – Zoologia – Zanichelli;
Barnes – Invertebrate Zoology, Philadelphia, Cbs 1987.