Ambiente e Natura

Il cielo di gennaio. (2)

di Francesco Piras
 

Per la puntata precedente, leggi qui

Siamo nella prima decade di gennaio e se si guarda il cielo verso sud intorno alle 18,30 ecco come appare Orione.

Aldebaran Betelgeuse Rigel

Sicuramente se osservate con attenzione vedrete subito le tre stelle della cintura.
Se tracciamo una linea dalla cintura verso nord-ovest raggiungiamo la brillante stella Aldebaran del Toro, una costellazione dello zodiaco; pertanto il Sole, la Luna e pianeti talvolta si muovono in questo sfondo di stelle. Vicino troviamo l’ammasso delle Pleiadi o le sette sorelle. In questo gruppo l’occhio nudo distingue solo sette stelle, ma i telescopi rivelano che si tratta di un ammasso con centinaia di stelle ‘calde’. Sulla punta di un corno del Toro la Z tauri con un modesto telescopio si può vedere una piccola macchia nebbiosa.

Crab nebulose

La Nebulosa del Granchio (Crab nebulose)

Ma con un grosso telescopio mostra che si tratta della Nebulosa del Granchio, i resti di una supernova esplosa nel 1054. Ciò che resta della stella esplosa all’interno della nebulosa è una stella di neutroni che ruota 30 volte al secondo emanando un fascio di luce. E’ una ‘pulsar’.

Una linea tracciata da Rigel, attraverso Betelgeuse conduce alla stella Castore con accanto la stella Polluce che rappresentano le teste dei Gemelli, un’altra costellazione dello zodiaco. Ad occhio nudo Castore appare come una stella singola mentre allo spettroscopio rivela sei stelle, quattro molto calde e bianche, e due poco luminose e rosse. Da Bellatrix passando per Betelgeuse raggiungiamo Procione, l’Alfa del Cane Minore. Infine una linea condotta dalle tre stelle della cintura verso sud-est, ci conduce a Sirio, la stella più splendente del cielo nella costellazione del Cane Maggiore.

Sirio, Betelgeuse e Procione formano il cosiddetto triangolo invernale che ci accompagnerà per tutta la stagione. Questo triangolo ha, da poco, preso il posto del triangolo estivo formato da Vega, Altair e Deneb e lascerà, tra alcuni mesi, il posto al triangolo primaverile formato da Arturo, Denebola e Spica.

Ma nello spettacolo notturno dei cieli non ci sono soltanto le stelle, i pianeti e la luna. Vi sono anche altri soggetti: vagabondi celesti la cui imprevedibilità rende lo spettacolo più eccitante. Si tratta di astri come meteore, asteroidi e, naturalmente, comete come la Lovejoy che attualmente si trova tra Orione e la costellazione della Lepre.

Lovejoy.2

Non è molto appariscente ed a causa della luna piena la sua visibilità è quasi azzerata ma per chi possiede un piccolo telescopio ecco un’immagine che permetterà di seguirla fino alla fine di gennaio.
Sarà l’ultima occasione per ammirarla perché il successivo ritorno avrà luogo intorno all’anno 10.000.

Lovejoy path in the sky

Il tragitto di Lovejoy (tratteggiato), tra Orione e la costellazione della Lepre (cliccare per ingrandire)

Ma da dove vengono, come si sono formate e perché queste viaggiatrici cosmiche catturano l’attenzione per settimane o addirittura per mesi come la cometa di Halley che ritorna a farci vista ogni 76 anni?

Per capire le comete bisogna ritornare indietro nel tempo a 4,5 miliardi di anni fa quando nacque il sistema solare. Da una nebulosa di gas e polveri si formò il Sole. Dagli elementi più pesanti si formarono i pianeti interni e dagli elementi più leggeri spinti dal vento solare si formarono i giganti gassosi. Ancora più lontano a circa 10.000 miliardi di km si formò una nube di miliardi di detriti ghiacciati chiamata Nube di Oort, dove hanno origine le comete.

Come un guscio questa nube avvolge il sistema solare.

Di tanto in tanto una cometa viene scalzata dalla sua posizione di equilibrio nella Nube di Oort a causa di interazioni gravitazionali tra il Sole e le sue stelle più vicine. Inizia così un viaggio verso i pianeti ed il Sole. Quando la cometa si trova circa a 200 milioni di chilometri dal Sole si manifesta la coda di gas e polveri perché il ghiaccio in esse contenuto vaporizza. La coda in certi casi può essere lunga centinaia di milioni di chilometri e tutto questo scaturisce da un nucleo che potrebbe essere non più grande di un campo di calcio. La coda è sempre in direzione opposta al Sole, poiché è dovuta al vento solare e alla pressione della luce del Sole. Dopo essere passata vicino al sole, la cometa ritorna nelle fredde profondità dello spazio, dove la sua coda sparirà.
Viste da terra, le comete sembrano ferme nel cielo. In realtà esse si muovono a circa 100.000 km ora.
Dal materiale disperso dalle comete si hanno le stelle cadenti, più correttamente note come meteore.
Quando la terra attraversa le orbite delle comete, il materiale disperso brucia nell’atmosfera, provocando una pioggia meteorica. Per alcuni secondi anche un piccolissimo granello può produrre una scia luminosa.
Frammenti più grandi producono bolidi che se raggiungono il suolo prendono il nome di meteoriti.

Un saluto a tutti da Piras Antonio Francesco.

 

[Il cielo di gennaio. (2) – Fine]

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