Confino Politico

Angelo Giacomo Fantino (Giacu Brus). Uno dei confinati “minori”

a cura di Silverio Lamonica
Fantino A. Giacomo foto e busta

 

La scorsa estate è giunto a Ponza il Signor Mario Fantino dalla Provincia di Cuneo, desideroso di scoprire l’isola che tra il 1932 e il 1934 ospitò, quale confinato politico, il suo familiare Angelo Giacomo.

Esattamente ad ottanta anni dalla sua morte, Ponza racconta intende rievocare la sua vicenda umana, alla luce della realtà storica odierna, radicalmente mutata.

Angelo Giacomo Fantino, soprannominato “Giacu Brus”, nacque a Roccavione il 10 aprile 1885. Nei primi anni del secolo scorso, giovanissimo, emigrò in Francia, dove lavorò come minatore in una miniera di alluminio a Gardonne, nei pressi di Aix en Provence. Qui venne a contatto con gli ambienti politici socialisti e ne assimilò gli ideali che manifestò liberamente; a Roccavione, ad esempio, indossò in più occasioni una sciarpa rossa al collo, come nella ricorrenza del 1° maggio.

Il 5 ottobre 1910 sposò a Ventimiglia Margherita Landra. Richiamato alle armi, partecipò alla prima guerra mondiale. Nonostante la ferita a un braccio, nel corso di una operazione bellica, fu riconosciuto abile e spedito al fronte albanese a Valona.

Il 6 marzo 1916 disertò, riparando in Francia dove riprese il lavoro nelle miniere:

“Sant Etienne 31 marzo 1916

Caro Cugino Giacomo, ….. ti faccio sapere che appena arrivato a Pisa mi anno fatto abbile e mi volevano quasi farmi partire per il fronte ma io non ero contento ed ò pensato di alzar le sole e sono venuto via non ò nemmeno aspettato di prendere le 120 lire che dovevo prendere dei due mesi di convalescenza …”

Successivamente si rifugiò in Belgio con moglie e figli.

Nel 1932 decise di tornare in Italia, certo di essere stato dimenticato. Ma a Chiasso fu arrestato e rinchiuso nel carcere di Cuneo, con il pretesto di non aver il passaporto in regola: “ …. Mi anno arrestato perché non avevo il passaporto in regola ma però valevole per 10 giorni per venire in Italia e così mi anno messo dentro….” (Lettera dal Carcere di Cuneo al cugino Giacomo, pregandolo di ritirare la valigia alla stazione di Roccavione)

Nel giugno di quello stesso anno fu mandato al confino a Ponza, ove restò fino al maggio del 1934 quando, gravemente ammalato, fu ricoverato nell’ospedale di Cuneo, dove morì di tubercolosi l’11 dicembre 1934.

 

Il Signor Mario Fantino conserva ancora il carteggio di questo suo familiare che è stato pubblicato nel saggio di Walter Cesana, storico e sindaco di Rittana (Cn): “Muoversi per il Mondo pensando a Roccavione” Ed. Primalpi – 2014.

Da quelle lettere emerge a chiare note la nostalgia di Angelo per l’ordinaria quotidianità, anelito inconcepibile in un periodo totalmente condizionato da una “pomposa retorica patriottica”.

***

Trascrivo qui di seguito, per intero, la lettera che “Giacu Brus” indirizzò dal confino di Ponza a suo cugino Giacomo a Roccavione (Cn), in cui descrive anche la sua vita da confinato.

Fantino A. Giacomo. Due pagine autografe

“Ponza il 5 – 2- 33

Caro Cugino Giacomo
Vengo in riscontro della tua cartolina ed impiù dei 15 lire che mi hai spedito sono ad arringraziarti del tuo buon cuore che usi verso di me, vuol dire che se non muoio giù per qui si aggiusterà poi tutto un giorno basta
che possa ritornare, Ora Caro Giacomo non ai da offenderti di nulla se ti difendo di inviarmi ancora soldi ti arringrazio di quelli che mi ai mandato, e te li avrei spedito indiettro ma sarebbe stato ad offenderti, ma ora lo sai e mi raccomando di non più spedirmi soldi, vuol dire che se non mi mandano a casa per il mese di aprile mi metto il cuore in pace e per altri 50 mesi di questa vita mi toccherà poi farli, la vita non e cattiva si dorme coi materassi di lana xxxxxxxxxx (censura)xxxxxx, e quando sei stuffo di camminare si va alletto basta non mancare agli appelli 3 volte al giorno perché se si manca allappello sono 3 mesi di prigione e quelli bisogna farli dopo, non conta confine, e di Cuneo sono solo (.)   altro tu mi dici che a Roccavione ciè miseria e che non fanno più lavorare nemmeno a levare la neve, di quello io trovo che anno ragione il mese di luglio va via da solo la neve, ed inpiù caro Giacomo lavorare tanto non vale la pena guarda per esempio mè o lavorato tanto e sono ritornato in nulla, e se la fortuna mi dava solo che di lavoro avrei dovuto risparmiare 150 mila lire, ed invece nemeno 150 mila soldi, riposati anche te, come mi riposo io addesso, quei Signori di Cuneo anno avuto unpoco di pietà verso di me lo sapevano che ò lavorato troppo perciò anno pensato di inviarmi qui per guarirmi i miei reumatismi e mia bronchite e di farmi stare un poco in riposo che ne avvevo bisogno. Altro mi dici che è andato quel di Boves a trovarti ma io non lo mica mandato, basta che non ti abbia imbrogliato anche te come mi a fatto a me di 40 lire quel lazerone. Altro se vuoi disturbarti di farmi sapere se non era mai andato nessuno a domandare informazione di mè mi faresti gran favore di farmelo sapere. Altro non avendo cosa dirti di arringraziarti per la seconda volta e salutandoti di vero cuore te e tutta la tua famiglia e mi Firmo sempre tuo aff. Cugino Fantino Giacomo

Oggi stesso scrivo alla Lorella a Torino.”

***

Non sta a me giudicare l’operato di Giacomo Fantino che pensò bene “di alzar le sole” e disertare. Sta di fatto che il problema della “renitenza alla leva” risale proprio a quell’anno fatidico: 1916, quando un testimone di Geova, Remigio Cuminetti, finì sotto processo perché obiettore di coscienza. Molti altri casi di diserzione ci furono.

La nostra Costituzione Repubblicana, proprio alla luce delle guerre coloniali e mondiali del secolo scorso, tanto devastanti e sanguinose, sancisce all’art. 11: “ L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali ….”

Con tale atto l’Italia, il 1° gennaio 1948, ha riconosciuto gli errori del passato: le dichiarazioni di guerra per sottomettere altri popoli (libici, somali, etiopici…) e per risolvere le controversie, ivi inclusa la controversia con l’impero austro ungarico per “riscattare Trieste e Trento” e che vide coinvolto, suo malgrado, anche il nostro “Giacu Brus”.

Fantino A. Giacomo foto. Figura intera

1 Comment

1 Comment

  1. Fantino Mario

    14 Dicembre 2014 at 13:13

    Gentile Signor Silverio Lamonica,
    mi ha fatto molto piacere il suo interessamento per una persona umile, ma con degli ideali.
    Un grazie di vero cuore al Comune ed alla Pro-loco di Ponza.
    Cordiali saluti.
    Fantino Mario

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